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04 novembre 2017

DOMENICA 5 novembre Giornata diocesana della Caritas

Non disperate dell’umanità, dei giovani di oggi, della società così come è adesso e del suo futuro: Dio continua ad attrarre con il suo amore e a seminare in ogni uomo e in ogni donna la vocazione ad amare, a partecipare della gloria di Dio.  (S.E. Mons. Delpini - 24 sett. 17)



LE NOSTRE CARITAS PARROCCHIALI INVITANO
all’incontro sul tema:
“Nella vecchiaia  daranno ancora frutti”. (Sal. 92,15)
Anziani oggi  tra “scarto” e “risorsa”: il racconto del- l’esperienza anziani volontari al Refettorio Ambrosiano. 
Interviene Franca Carminati, operatrice di Caritas Ambrosiana  per il Settore Anziani e coordinatrice dei volontari al Refettorio Ambrosiano.



I GIORNATA MONDIALE DEI POVERI
Non amiamo a parole ma con i fatti

Chiudendo il Giubileo della Misericordia, papa Francesco ha istituito la Giornata Mondiale dei Poveri, con lo scopo di aiutare le comunità cristiane ad essere sempre di più e sempre meglio segno concreto della carità di Cristo per gli ultimi e per i bisognosi. Fissando la data, il papa ha voluto legare in modo stretto la Giornata alla Solennità di Cristo Re dell'Universo, perché possa far risaltare ancora meglio la singolarità della signoria di Cristo sul mondo. Il rito Ambrosiano anticipa questa festa di due domeniche rispetto al rito Romano; inoltre ormai da anni proprio nella Solennità di Cristo Re la nostra Diocesi celebra la Giornata Diocesana della Caritas, con le stesse motivazioni che hanno spinto Papa Francesco ad istituire la Giornata Mondiale dei poveri.

Ecco alcuni passi del suo messaggio per la giornata.

Non pensiamo ai poveri solo come destinatari di una buona pratica di volontariato da fare una volta alla settimana, o tanto meno di gesti estemporanei di buona vo-lontà per mettere in pace la coscienza. Queste esperienze, pur valide e utili a sensibilizzare alle necessità di tanti fratelli e alle ingiustizie che spesso ne sono ca-usa, dovrebbero introdurre ad un vero incontro con i poveri e dare luogo ad una condivisione che diventi stile di vita. Infatti, la preghiera, il cammino del discepolato e la conversione trovano nella carità che si fa condivisione la verifica della loro autenticità evangelica. E da questo modo di vivere derivano gioia e serenità d’animo, perché si tocca con mano la carne di Cristo. Se vogliamo incontrare realmente Cristo, è necessario che ne tocchiamo il corpo in quello piagato dei poveri, come riscontro della comunione sacramentale ricevuta nell’Eucari-stia. Il Corpo di Cristo, spezzato nella sacra liturgia, si lascia ritrovare dalla carità condivisa nei volti e nelle persone dei fratelli e delle sorelle più deboli. Sempre attuali risuonano le parole del santo vescovo Crisostomo: «Se volete onorare il corpo di Cristo, non disdegnatelo quando è nudo; non onorate il Cristo eucaristico con paramenti di seta, mentre fuori del tempio trascurate quest’altro Cristo che è afflitto dal freddo e dalla nudità» (Hom. in Matthaeum, 50, 3: PG 58).

Siamo chiamati, pertanto, a tendere la mano ai poveri, a incontrarli, guardarli negli occhi, abbracciarli, per far sentire loro il calore dell’amore che spezza il cerchio della solitudine. La loro mano tesa verso di noi è anche un invito ad uscire dalle nostre certezze e comodità, e a riconoscere il valore che la povertà in sé stessa costituisce.

Non dimentichiamo che per i discepoli di Cristo la povertà è anzitutto una vocazione a seguire Gesù povero. È un cammino dietro a Lui e con Lui, un cammino che conduce alla beatitudine del Regno dei cieli (cfr Mt 5 e

Lc 6). Povertà significa un cuore umile che sa accogliere la propria condizione di creatura limitata e peccatrice per superare la tentazione di onnipotenza, che illude di essere immortali. La povertà è un atteggiamento del cuore che impedisce di pensare al denaro, alla carriera, al lusso come obiettivo di vita e condizione per la felicità. E’ la povertà, piuttosto, che crea le condizioni per assumere liberamente le responsabilità personali e sociali, nonostante i propri limiti, confidando nella vicinanza di Dio e sostenuti dalla sua grazia. La povertà, così intesa, è il metro che permette di valutare l’uso corretto dei beni materiali, e anche di vivere in modo non egoistico e possessivo i legami e gli affetti (cfr Catechismo della Chiesa Cattolica, nn. 25-45).

Facciamo nostro, pertanto, l’esempio di san Francesco, testimone della genuina povertà. Egli, proprio perché teneva fissi gli occhi su Cristo, seppe riconoscerlo e servirlo nei poveri. Se, pertanto, desideriamo offrire il nostro contributo efficace per il cambiamento della storia, generando vero sviluppo, è necessario che ascoltiamo il grido dei poveri e ci impegniamo a sollevarli dalla loro condizione di emarginazione. Nello stesso tempo, ai poveri che vivono nelle nostre città e nelle nostre co-munità ricordo di non perdere il senso della povertà evangelica che portano impresso nella loro vita.

Conosciamo la grande difficoltà che emerge nel mondo contemporaneo di poter identificare in maniera chiara la povertà. Eppure, essa ci interpella ogni giorno con i suoi mille volti segnati dal dolore, dall’emarginazione, dal sopruso, dalla violenza, dalle torture e dalla prigionia, dalla guerra, dalla privazione della libertà e della dignità, dall’ignoranza e dall’analfabetismo, dall’emergen-za sanitaria e dalla mancanza di lavoro, dalle tratte e dalle schiavitù, dall’esilio e dalla miseria, dalla migrazione forzata. La povertà ha il volto di donne, di uomini e di bambini sfruttati per vili interessi, calpestati dalle logiche perverse del potere e del denaro. Quale elenco impietoso e mai completo si è costretti a comporre dinanzi alla povertà frutto dell’ingiustizia sociale, della miseria morale, dell’avidità di pochi e dell’indifferenza generalizzata!

Ai nostri giorni, purtroppo, mentre emerge sempre più la ricchezza sfacciata che si accumula nelle mani di pochi privilegiati, e spesso si accompagna all’illegalità e al-lo sfruttamento offensivo della dignità umana, fa scandalo l’estendersi della povertà a grandi settori della so-cietà in tutto il mondo. Dinanzi a questo scenario, non si può restare inerti e tanto meno rassegnati. ...

Tutti questi poveri, come amava dire il Beato Paolo VI, appartengono alla Chiesa per «diritto evangelico»

(Discorso di apertura della II sessione del Concilio Ecumenico Vaticano II, 29 settembre 1963) e obbligano all’opzione fondamentale per loro. Benedette, pertanto, le mani che si aprono ad accogliere i poveri e a soccorrerli: sono mani che portano speranza. Benedette le mani che superano ogni barriera di cultura, di re-ligione e di nazionalità versando olio di consolazione sulle piaghe dell’umanità. Benedette le mani che si aprono senza chiedere nulla in cambio, senza “se”, senza “però” e senza “forse”: sono mani che fanno scendere sui fratelli la benedizione di Dio… Francesco

E’ sempre l’icona della Visitazione ad ac-compagnare il percorso spirituale e pastorale dell’anno, anche e soprattutto in AVVENTO.

Le parole dell’incontro tra Maria ed Elisabetta si collocano proprio all’interno di quell’AVVENTO tutto speciale che ha cambiato il senso di ogni attesa svelandone tutta la pienezza di significato.

In particolare rileggiamo l’espressione ammirata di Elisabetta che riconosce a Maria di aver dato fiducia a Dio e credito alle sue parole: “beata colei che ha creduto nell'adempimento delle parole del Signore”.

Forse per questo molti pittori hanno raffigurato Maria incinta con in mano il libro della Scrittura in atteggiamento di meditazione e preghiera o mostrandolo a colui che osserva: per ricordarci che ciò che rende veramente feconda la nostra vita non si trova in noi stessi, negli altri, nelle cose del mondo… ma solo in Dio.

Mi vengono alla mente la ricerca di fede di Abramo, il travaglio tormentato di sant’Agostino… : quando l’uomo osa credere in Dio il suo cuore “riposa”, la sua vita fiorisce. Per Maria, Abramo, Agostino e tutti gli altri che hanno “osato” si è trattato non certo di un problema filosofico da disquisire, o di una opinione da fare propria bensì di una scelta coraggiosa da compiere che portava a disturbare, stravolgere, cambiare la propria vita a partire dalla fiducia data a Dio e alla sua parola.

E Maria sta lì con la Parola in mano, nella mente, nel cuore, nel grembo quasi ad indicarci il modo col quale in questo AVVENTO possiamo anche noi aprirci alla presenza del Signore che conduce a pienezza i desideri più profondi del nostro cuore.

Mi pare di sentire la sua voce di Madre tenera e forte:

Ciao figlio/a carissimo/a! Conosco te, la tua storia, i tuoi desideri e le tue fatiche, il “momento” che stai vivendo. Sono tua mamma e nessuno meglio di me prova gioia per le tue gioie e dolore per i tuoi dolori.

Per questo voglio dirti ancora una volta: “osa” anche tu credendo, cioè poggiando il piede dei tuoi passi sulla Parola di Dio. Fai come me!

Il Vangelo di mio Figlio sia in questo tempo di AVVENTO spesso tra le tue mani per leggerlo, ogni giorno nella tua mente per raccoglierne gli insegnamenti, ogni istante nel tuo cuore per permettergli di riscaldarlo e di ricaricarlo, sempre nel tuo grembo per scoprirne la potenza di Vita che vince ogni male.

Seguendo le indicazioni della lettera pastorale dell’Arci-vescovo vorremmo prestare particolare cura alla celebrazione della Liturgia della Parola della Messa domenicale.

Alcuni suggerimenti saranno offerti dal Gruppo Liturgico e saranno proposti alcuni incontri a tutti coloro che esercitano un ministero liturgico come pure è importante e utile che altre persone si impegnino nei vari servizi (lettori, animatori di assemblea, coordinamento chierichetti, partecipanti al gruppo liturgico, collaboratori della sagrestia ed anche nelle pulizie…).

Ma tutte queste cose saranno impegno sterile se non sono accompagnate dalla disponibilità a lasciarsi mettere in discussione e rinnovare nel cuore e nella vita dall’ascolto di Dio nella sua Parola.

Buon AVVENTO a tutti!
don Alfredo