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26 ottobre 2019

Omelia di papa Francesco per la Giornata Missionaria Mondiale (20 ottobre 2019)


Dalle Letture ascoltate vorrei cogliere tre parole: un sostantivo, un verbo e un aggettivo. Il sostantivo è il monte: ne parla Isaia, profetizzando di un monte del Signore, alto sopra i colli, a cui affluiranno tutte le genti (Is 2,2). Il monte ritorna nel Vangelo, dato che Gesù, dopo la sua risurrezione, indica ai discepoli come luogo di ritrovo un monte della Galilea, proprio quella Galilea popolata da molte genti diverse, la «Galilea delle genti» (Mt 4,15). Sembra, insomma, che il monte sia il luogo dove Dio ami dare appuntamento all’umanità intera. È il luogo dell’incontro con noi, come mostra la Bibbia dal Sinai al Carmelo fino a Gesù, che proclamò le Beatitudini sulla montagna, si trasfigurò sul monte Tabor, diede la vita sul Calvario e ascese al cielo dal Monte degli Ulivi. Il monte, luogo dei grandi incontri tra Dio e l’uomo, è anche il posto dove Gesù trascorse ore e ore in preghiera (cfr Mc 6,46), a unire terra e Cielo, noi suoi fratelli al Padre.
 

Che cosa dice a noi il monte? Che siamo chiamati ad avvicinarci a Dio e agli altri: a Dio, l’Altissimo, nel silenzio, nella preghiera, prendendo le distanze dalle chiacchiere e dai pettegolezzi che inquinano. Ma anche agli altri, che dal monte si vedono in un’altra prospettiva, quella di Dio che chiama tutte le genti: dall’alto gli altri si vedono nell’insieme e si scopre che l’armonia della bellezza è data solo dall’insieme. Il monte ci ricorda che i fratelli e le sorelle non vanno selezionati, ma abbracciati, con lo sguardo e soprattutto con la vita. Il monte lega Dio e i fratelli in un unico abbraccio, quello della preghiera. Il monte ci porta in alto, lontano da tante cose materiali che passano; ci invita a riscoprire l’essenziale, ciò che rimane: Dio e i fratelli. La missione inizia sul monte: lì si scopre ciò che conta. Al cuore di questo mese missionario chiediamoci: che cosa conta per me nella vita? Quali sono le vette a cui punto?

Un verbo accompagna il sostantivo monte: salire. Isaia ci esorta: «Venite, saliamo sul monte del Signore» (2,3). Non siamo nati per stare a terra, per accontentarci di cose piatte, siamo nati per raggiungere le altezze, per incontrare Dio e i fratelli. Ma per questo bisogna salire: bisogna lasciare una vita orizzontale, lottare contro la forza di gravità dell’egoismo, compiere un esodo dal proprio io. Salire, perciò, costa fatica, ma è l’unico modo per vedere tutto meglio, come quando si va in montagna e solo in cima si scorge il panorama più bello e si capisce che non lo si poteva conquistare se non per quel sentiero sempre in salita.   E come in montagna non si può salire bene se si è appesantiti di cose, così nella vita bisogna alleggerirsi di ciò che non serve. È anche il segreto della missione: per partire bisogna lasciare, per annunciare bisogna rinunciare. L’annuncio credibile non è fatto di belle parole, ma di vita buona: una vita di servizio, che sa rinunciare a tante cose materiali che rimpiccioliscono il cuore, rendono indifferenti e chiudono in sé stessi; una vita che si stacca dalle inutilità che ingolfano il cuore e trova tempo per Dio e per gli altri. Possiamo chiederci: come va la mia salita? So rinunciare ai bagagli pesanti e inutili delle mondanità per salire sul monte del Signore? La mia strada è in salita o in “arrampicamento”?

Se il monte ci ricorda ciò che conta – Dio e i fratelli,  e il verbo salire come arrivarci, una terza parola risuona oggi come la più forte. È l’aggettivo tutti, che prevale nelle Letture: «tutte le genti», diceva Isaia (2,2); «tutti i popoli», abbiamo ripetuto nel Salmo; Dio vuole «che tutti gli uomini siano salvati», scrive Paolo (1 Tm 2,4); «andate e fate discepoli tutti i popoli», chiede Gesù nel Vangelo (Mt 28,19). Il Signore è ostinato nel ripetere questo tutti. Sa che noi siamo testardi nel ripetere “mio” e “nostro”: le mie cose, la nostra gente, la nostra comunità…, e Lui non si stanca di ripetere: “tutti”. Tutti, perché nessuno è escluso dal suo cuore, dalla sua salvezza; tutti, perché il nostro cuore vada oltre le dogane umane, oltre i particolarismi fondati sugli egoismi che non piacciono a Dio. Tutti, perché ciascuno è un tesoro prezioso e il senso della vita è donare agli altri questo tesoro. Ecco la missione: salire sul monte a pregare per tutti e scendere dal monte per farsi dono a tutti.

Salire e scendere: il cristiano, dunque, è sempre in movimento, in uscita. Andate è infatti l’imperativo di Gesù nel Vangelo. Tutti i giorni incrociamo tante persone, ma – possiamo chiederci – andiamo incontro alle persone che troviamo? Facciamo nostro l’invito di Gesù o ce ne stiamo per i fatti nostri? Tutti si aspettano cose dagli altri, il cristiano va verso gli altri. Il testimone di Gesù non è mai in credito di riconoscimento dagli altri, ma in debito di amore verso chi non conosce il Signore. Il testimone di Gesù va incontro a tutti, non solo ai suoi, nel suo gruppetto. Gesù dice anche a te: “Va’, non perdere l’occasione di testimoniare!”. Fratello, sorella, il Signore si aspetta da te quella testimonianza che nessuno può donare al tuo posto. «Voglia il Cielo che tu possa riconoscere qual è quella parola, quel messaggio di Gesù che Dio desidera dire al mondo con la tua vita, […] così la tua preziosa missione non andrà perduta» (Es-ap. Gaudete et exsultate, 24).

Quali istruzioni ci dà il Signore per andare verso tutti? Una sola, molto semplice: fate discepoli. Ma, attenzione: discepoli suoi, non nostri. La Chiesa annuncia bene solo se vive da discepola. E il discepolo segue ogni giorno il Maestro e condivide con gli altri la gioia del discepolato. Non conquistando, obbligando, facendo proseliti, ma testimoniando, mettendosi allo stesso livello, discepoli coi discepoli, offrendo con amore quell’amore che abbiamo ricevuto. Questa è la missione: donare aria pura, di alta quota, a chi vive immerso nell’inquinamento del mondo; portare in terra quella pace che ci riempie di gioia ogni volta che incontriamo Gesù sul monte, nella preghiera; mostrare con la vita e persino a parole che Dio ama tutti e non si stanca mai di nessuno.

Cari fratelli e sorelle, ciascuno di noi ha, ciascuno di noi è una missione su questa terra” (Es. ap. Evangelii gaudium, 273). Siamo qui per testimoniare, benedire, consolare, rialzare, trasmettere la bellezza di Gesù. Coraggio, Lui si aspetta tanto da te! Il Signore ha una sorta di ansia per quelli che non sanno ancora di essere figli amati dal Padre, fratelli per i quali ha dato la vita e lo Spirito Santo. Vuoi placare l’ansia di Gesù? Vai con amore verso tutti, perché la tua vita è una missione preziosa: non è un peso da subire, ma un dono da offrire. Coraggio, senza paura: andiamo verso tutti!

FONTE: sito della Santa Sede (le sottolineature sono a cura della redazione dell’Informatore)

09 ottobre 2015

GIORNATA MISSIONARIA MONDIALE 2015


Alcuni passi del MESSAGGIO Di Papa FRANCESCO 


Cari fratelli e sorelle,
la Giornata Missionaria Mondiale 2015 avviene sullo sfondo dell’Anno della Vita Consacrata e ne riceve uno stimolo per la preghiera e la riflessione. Infatti, se ogni battezzato è chiamato a rendere testimonianza al Signore Gesù annunciando la fede ricevuta in dono, questo vale in modo particolare per la persona consacrata, perché tra la vita consacrata e la missione sussiste un forte legame. La sequela di Gesù, che ha determinato il sorgere della vita consacrata nella Chiesa, risponde alla chiamata a prendere la croce e andare dietro a Lui, ad imitare la sua dedicazione al Padre e i suoi gesti di servizio e di amore, a perdere la vita per ritrovarla. E poiché tutta l’esistenza di Cristo ha carattere missionario, gli uomini e le donne che lo seguono più da vicino assumono pienamente questo medesimo carattere.

La dimensione missionaria, appartenendo alla natura stessa della Chiesa, è intrinseca anche ad ogni forma di vita consacrata, e non può essere trascurata senza lasciare un vuoto che sfigura il carisma. La missione non è proselitismo o mera strategia; la missione fa parte della “grammatica” della fede, è qualcosa di imprescindibile per chi si pone in ascolto della voce dello Spirito che sussurra “vieni” e “vai”. Chi segue Cristo non può che diventare missionario, e sa che Gesù «cammina con lui, parla con lui, respira con lui. Sente Gesù vivo insieme con lui nel mezzo dell’impegno missionario» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 266).

La missione è passione per Gesù Cristo e nello stesso tempo è passione per la gente. Quando sostiamo in preghiera davanti a Gesù crocifisso, riconosciamo la grandezza del suo amore che ci dà dignità e ci sostiene; e nello stesso momento percepiamo che quell’amore che parte dal suo cuore trafitto si estende a tutto il popolo di Dio e all’umanità intera; e proprio così sentiamo anche che Lui vuole servirsi di noi per arrivare sempre più vicino al suo popolo amato (cfr ibid., 268) e a tutti coloro che lo cercano con cuore sincero. Nel comando di Gesù: “andate” sono presenti gli scenari e le sfide sempre nuovi della missione evangelizzatrice della Chiesa. In essa tutti sono chiamati ad annunciare il Vangelo con la testimonianza della vita; e in modo speciale ai consacrati è chiesto di ascoltare la voce dello Spirito che li chiama ad andare verso le grandi periferie della missione, tra le genti a cui non è ancora arrivato il Vangelo...

Mi rivolgo soprattutto ai giovani, che sono ancora capaci di testimonianze coraggiose e di imprese generose e a volte controcorrente: non lasciatevi rubare il sogno di una missione vera, di una sequela di Gesù che implichi il dono totale di sé... ricordando che, prima di essere un bisogno per coloro che non lo conoscono, l’annuncio del Vangelo è una necessità per chi ama il Maestro…

“Chi sono i destinatari privilegiati dell’annuncio evangelico?”. La risposta è chiara e la troviamo nel Vangelo stesso: i poveri, i piccoli e gli infermi, coloro che sono spesso disprezzati e dimenticati, coloro che non hanno da ricambiarti (cfr Lc 14).
L’evangelizzazione rivolta preferenzialmente ad essi è segno del Regno che Gesù è venuto a portare: «Esiste un vincolo inseparabile tra la nostra fede e i poveri. Non lasciamoli mai soli» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 48). Ciò dev’essere chiaro specialmente alle persone che abbracciano la vita consacrata missionaria: con il voto di povertà si sceglie di seguire Cristo in questa sua preferenza, non ideologicamente, ma come Lui identificandosi con i poveri, vivendo come loro nella precarietà dell’esistenza quotidiana e nella rinuncia all’esercizio di ogni potere per diventare fratelli e sorelle degli ultimi, portando loro la testimonianza della gioia del Vangelo e l’espressione della carità di Dio...

Cari fratelli e sorelle, la passione del missionario è il Vangelo. San Paolo poteva affermare: «Guai a me se non annuncio il Vangelo!» (1 Cor 9,16). Il Vangelo è sorgente di gioia, di liberazione e di salvezza per ogni uomo. La Chiesa è consapevole di questo dono, pertanto non si stanca di annunciare incessantemente a tutti «quello che era da principio, quello che noi abbiamo udito, quello che abbiamo veduto con i nostri occhi» (1 Gv 1,1). La missione dei servitori della Parola – vescovi, sacerdoti, religiosi e laici – è quella di mettere tutti, nessuno escluso, in rapporto personale con Cristo. Nell’immenso campo dell’azione missionaria della Chiesa, ogni battezzato è chiamato a vivere al meglio il suo impegno, secondo la sua personale situazione. Una risposta generosa a questa universale vocazione la possono offrire i consacrati e le consacrate, mediante un’intensa vita di preghiera e di unione con il Signore e col suo sacrificio redentore.

Mentre affido a Maria, Madre della Chiesa e modello di missionarietà, tutti coloro che, ad gentes o nel proprio territorio, in ogni stato di vita cooperano all’annuncio del Vangelo, di cuore invio a ciascuno la Benedizione Apostolica.  
FRANCESCO              

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Di ritorno dall’ordinazione sacerdotale di don Lorenzo Nacheli, a Torino lo scorso 3 ottobre, mentre la pioggia implacabile accompagnava il viaggio in pulmino, nel cuore scorrevo i fotogrammi di una giornata indi-menticabile. Che gioia (!) sui volti dei 5 ordinandi, dei loro cari, dei molti amici e parenti, dei vescovi e cardinali, dei sacerdoti e dei diaconi, delle suore e dei frati, dei tanti giovani, di Ernesto il fondatore del SERMIG…
Che dono (!) vocazioni missionarie così profetiche e dedite al servizio del Signore nei più piccoli e poveri del mondo, pur nella straordinaria semplicità di una vita fraterna e accogliente…
Che provocazione (!) da raccogliere per le nostre comunità che hanno splendidi legami con missionari e missionarie in più parti del mondo (a cominciare dal vescovo Giuseppe Negri e da don Lorenzo entrambi a San Paolo del Brasile).
C’è un compito che non possiamo trascurare: anzitutto quello della preghiera per i “nostri” missionari; poi il tener viva una relazione con loro: preziosa per noi ma anche per tutti loro…; infine lasciarci continuamente interrogare sulla nostra fede e sulla testimonianza che diamo del Vangelo ai fratelli con cui viviamo. Buon mese missionario!

don Alfredo

PS: don Lorenzo celebrerà la sua Prima Messa a San Barnaba il prossimo 1 novembre alle ore 10,30. Seguirà un rinfresco nel salone nell’oratorio.

21 ottobre 2011

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI PER LA GIORNATA MISSIONARIA MONDIALE 2011

«Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi» (Gv 20,21)

In occasione del Giubileo del 2000, il Venerabile Giovanni Paolo II, all’inizio di un nuovo millennio dell’era cristiana, ha ribadito con forza la necessità di rinnovare l’impegno di portare a tutti l’annuncio del Vangelo «con lo stesso slancio dei cristiani della prima ora» (Lett. ap. Novo millennio ineunte, 58). È il servizio più prezioso che la Chiesa può rendere all’umanità e ad ogni singola persona alla ricerca delle ragioni profonde per vivere in pienezza la propria esistenza. Perciò quello stesso invito risuona ogni anno nella celebrazione della Giornata Missionaria Mondiale. L’incessante annuncio del Vangelo, infatti, vivifica anche la Chiesa, il suo fervore, il suo spirito apostolico, rinnova i suoi metodi pastorali perché siano sempre più appropriati alle nuove situazioni - anche quelle che richiedono una nuova evangelizzazione - e animati dallo slancio missionario: «La missione rinnova la Chiesa, rinvigorisce la fede e l’identità cristiana, dà nuovo entusiasmo e nuove motivazioni. La fede si rafforza donandola! La nuova evangelizzazione dei popoli cristiani troverà ispirazione e sostegno nell’impegno per la missione universale» (Giovanni Paolo II, Enc. Redemptoris missio, 2).

Andate e annunciate
Questo obiettivo viene continuamente ravvivato dalla celebrazione della liturgia, specialmente dell’Eucaristia, che si conclude sempre riecheggiando il mandato di Gesù risorto agli Apostoli: “Andate…” (Mt 28,19). La liturgia è sempre una chiamata ‘dal mondo’ e un nuovo invio ‘nel mondo’ per testimoniare ciò che si è sperimentato: la potenza salvifica della Parola di Dio, la potenza salvifica del Mistero Pasquale di Cristo. Tutti coloro che hanno incontrato il Signore risorto hanno sentito il bisogno di darne l’annuncio ad altri, come fecero i due discepoli di Emmaus. Essi, dopo aver riconosciuto il Signore nello spezzare il pane, «partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme dove trovarono riuniti gli Undici» e riferirono ciò che era accaduto loro lungo la strada (Lc 24,33-34). Il Papa Giovanni Paolo II esortava ad essere “vigili e pronti a riconoscere il suo volto e correre dai nostri fratelli a portare il grande annunzio: “Abbiamo visto il Signore!”» (Lett. ap. Novo millennio ineunte, 59).

A tutti
Destinatari dell’annuncio del Vangelo sono tutti i popoli. La Chiesa, «per sua natura è missionaria, in quanto essa trae origine dalla missione del Figlio e dalla missione dello Spirito Santo, secondo il disegno di Dio Padre» (Conc. Ecum. Vat. II, Decr. Ad gentes, 2). Questa è «la grazia e la vocazione propria della Chiesa, la sua identità più profonda. Essa esiste per evangelizzare» (Paolo VI, Esort. ap. Evangelii nuntiandi14). Di conseguenza, non può mai chiudersi in se stessa. Si radica in determinati luoghi per andare oltre. La sua azione, in adesione alla parola di Cristo e sotto l’influsso della sua grazia e della sua carità, si fa pienamente e attualmente presente a tutti gli uomini e a tutti i popoli per condurli alla fede in Cristo (cfr Ad gentes, 5).
Questo compito non ha perso la sua urgenza. Anzi, «la missione di Cristo redentore, affidata alla Chiesa, è ancora ben lontana dal suo compimento … Uno sguardo d’insieme all’umanità dimostra che tale missione è ancora agli inizi e che dobbiamo impegnarci con tutte le forze al suo servizio» (Giovanni Paolo II, Enc. Redemptoris missio, 1). Non possiamo rimanere tranquilli al pensiero che, dopo duemila anni, ci sono ancora popoli che non conoscono Cristo e non hanno ancora ascoltato il suo Messaggio di salvezza.
Non solo; ma si allarga la schiera di coloro che, pur avendo ricevuto l’annuncio del Vangelo, lo hanno dimenticato e abbandonato, non si riconoscono più nella Chiesa; e molti ambienti, anche in società tradizionalmente cristiane, sono oggi refrattari ad aprirsi alla parola della fede. È in atto un cambiamento culturale, alimentato anche dalla globalizzazione, da movimenti di pensiero e dall’imperante relativismo, un cambiamento che porta ad una mentalità e ad uno stile di vita che prescindono dal Messaggio evangelico, come se Dio non esistesse, e che esaltano la ricerca del benessere, del guadagno facile, della carriera e del successo come scopo della vita, anche a scapito dei valori morali.

Corresponsabilità di tutti
La missione universale coinvolge tutti, tutto e sempre. Il Vangelo non è un bene esclusivo di chi lo ha ricevuto, ma è un dono da condividere, una bella notizia da comunicare. E questo dono-impegno è affidato non soltanto ad alcuni, bensì a tutti i battezzati, i quali sono «stirpe eletta, … gente santa, popolo che Dio si è acquistato” (1Pt 2,9), perché proclami le sue opere meravigliose.
Ne sono coinvolte pure tutte le attività. L’attenzione e la cooperazione all’opera evangelizzatrice della Chiesa nel mondo non possono essere limitate ad alcuni momenti e occasioni particolari, e non possono neppure essere considerate come una delle tante attività pastorali: la dimensione missionaria della Chiesa è essenziale, e pertanto va tenuta sempre presente. E’ importante che sia i singoli battezzati e sia le comunità ecclesiali siano interessati non in modo sporadico e saltuario alla missione, ma in modo costante, come forma della vita cristiana. La stessa Giornata Missionaria non è un momento isolato nel corso dell’anno, ma è una preziosa occasione per fermarsi a riflettere se e come rispondiamo alla vocazione missionaria; una risposta essenziale per la vita della Chiesa.

Evangelizzazione globale
L’evangelizzazione è un processo complesso e comprende vari elementi. Tra questi, un’attenzione peculiare da parte dell’animazione missionaria è stata sempre data alla solidarietà. Questo è anche uno degli obiettivi della Giornata Missionaria Mondiale, che, attraverso le Pontificie Opere Missionarie, sollecita l’aiuto per lo svolgimento dei compiti di evangelizzazione nei territori di missione. Si tratta di sostenere istituzioni necessarie per stabilire e consolidare la Chiesa mediante i catechisti, i seminari, i sacerdoti; e anche di dare il proprio contributo al miglioramento delle condizioni di vita delle persone in Paesi nei quali più gravi sono i fenomeni di povertà, malnutrizione soprattutto infantile, malattie, carenza di servizi sanitari e per l'istruzione. Anche questo rientra nella missione della Chiesa. Annunciando il Vangelo, essa si prende a cuore la vita umana in senso pieno. Non è accettabile, ribadiva il Servo di Dio Paolo VI, che nell’evangelizzazione si trascurino i temi riguardanti la promozione umana, la giustizia, la liberazione da ogni forma di oppressione, ovviamente nel rispetto dell’autonomia della sfera politica. Disinteressarsi dei problemi temporali dell’umanità significherebbe «dimenticare la lezione che viene dal Vangelo sull’amore del prossimo sofferente e bisognoso» (Esort. ap. Evangelii nuntiandi, 31.34); non sarebbe in sintonia con il comportamento di Gesù, il quale “percorreva tutte le città e i villaggi, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e guarendo ogni malattia e infermità” (Mt 9,35).
Così, attraverso la partecipazione corresponsabile alla missione della Chiesa, il cristiano diventa costruttore della comunione, della pace, della solidarietà che Cristo ci ha donato, e collabora alla realizzazione del piano salvifico di Dio per tutta l’umanità. Le sfide che questa incontra, chiamano i cristiani a camminare insieme agli altri, e la missione è parte integrante di questo cammino con tutti. In essa noi portiamo, seppure in vasi di creta, la nostra vocazione cristiana, il tesoro inestimabile del Vangelo, la testimonianza viva di Gesù morto e risorto, incontrato e creduto nella Chiesa.
La Giornata Missionaria ravvivi in ciascuno il desiderio e la gioia di “andare” incontro all’umanità portando a tutti Cristo. Nel suo nome vi imparto di cuore la Benedizione Apostolica, in particolare a quanti maggiormente faticano e soffrono per il Vangelo.


Dal Vaticano, 6 gennaio 2011, Solennità dell’Epifania del Signore

BENEDICTUS PP. XVI

15 ottobre 2010

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE - GIORNATA MISSIONARIA MONDIALE


MESSAGGIO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI PER LA GIORNATA MISSIONARIA MONDIALE 2010

La costruzione della comunione ecclesiale è la chiave della missione

Cari fratelli e sorelle,
Il mese di ottobre, con la celebrazione della Giornata Missionaria Mondiale, offre alle Comunità diocesane e parrocchiali, agli Istituti di Vita Consacrata, ai Movimenti Ecclesiali, all’intero Popolo di Dio, l’occasione per rinnovare l’impegno di annunciare il Vangelo e dare alle attività pastorali un più ampio respiro missionario. Tale annuale appuntamento ci invita a vivere intensamente i percorsi liturgici e catechetici, caritativi e culturali, mediante i quali Gesù Cristo ci convoca alla mensa della sua Parola e dell’Eucaristia, per gustare il dono della sua Presenza, formarci alla sua scuola e vivere sempre più consapevolmente uniti a Lui, Maestro e Signore. Egli stesso ci dice: “Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui” (Gv 14,21). Solo a partire da questo incontro con l’Amore di Dio, che cambia l’esistenza, possiamo vivere in comunione con Lui e tra noi, e offrire ai fratelli una testimonianza credibile, rendendo ragione della speranza che è in noi (cfr 1Pt 3,15). Una fede adulta, capace di affidarsi totalmente a Dio con atteggiamento filiale, nutrita dalla preghiera, dalla meditazione della Parola di Dio e dallo studio delle verità della fede, è condizione per poter promuovere un umanesimo nuovo, fondato sul Vangelo di Gesù.

A ottobre, inoltre, in molti Paesi riprendono le varie attività ecclesiali dopo la pausa estiva, e la Chiesa ci invita ad imparare da Maria, mediante la preghiera del Santo Rosario, a contemplare il progetto d’amore del Padre sull’umanità, per amarla come Lui la ama. Non è forse questo anche il senso della missione?
Il Padre, infatti, ci chiama ad essere figli amati nel suo Figlio, l’Amato, e a riconoscerci tutti fratelli in Lui, Dono di Salvezza per l’umanità divisa dalla discordia e dal peccato, e Rivelatore del vero volto di quel Dio che “ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in Lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna” (Gv 3,16).

“Vogliamo vedere Gesù” (Gv 12,21), è la richiesta che, nel Vangelo di Giovanni, alcuni Greci, giunti a Gerusalemme per il pellegrinaggio pasquale, presentano all’apostolo Filippo. Essa risuona anche nel nostro cuore in questo mese di ottobre, che ci ricorda come l’impegno e il compito dell’annuncio evangelico spetti all’intera Chiesa, “missionaria per sua natura” (Ad gentes, 2), e ci invita a farci promotori della novità di vita, fatta di relazioni autentiche, in comunità fondate sul Vangelo. In una società multietnica che sempre più sperimenta forme di solitudine e di indifferenza preoccupanti, i cristiani devono imparare ad offrire segni di speranza e a divenire fratelli universali, coltivando i grandi ideali che trasformano la storia e, senza false illusioni o inutili paure, impegnarsi a rendere il pianeta la casa di tutti i popoli.
Come i pellegrini greci di duemila anni fa, anche gli uomini del nostro tempo, magari non sempre consapevolmente, chiedono ai credenti non solo di “parlare” di Gesù, ma di “far vedere” Gesù, far risplendere il Volto del Redentore in ogni angolo della terra davanti alle generazioni del nuovo millennio e specialmente davanti ai giovani di ogni continente, destinatari privilegiati e soggetti dell’annuncio evangelico. Essi devono percepire che i cristiani portano la parola di Cristo perché Lui è la Verità, perché hanno trovato in Lui il senso, la verità per la loro vita.

Queste considerazioni rimandano al mandato missionario che hanno ricevuto tutti i battezzati e l’intera Chiesa, ma che non può realizzarsi in maniera credibile senza una profonda conversione personale, comunitaria e pastorale. Infatti, la consapevolezza della chiamata ad annunciare il Vangelo stimola non solo ogni singolo fedele, ma tutte le Comunità diocesane e parrocchiali ad un rinnovamento integrale e ad aprirsi sempre più alla cooperazione missionaria tra le Chiese, per promuovere l’annuncio del Vangelo nel cuore di ogni persona, di ogni popolo, cultura, razza, nazionalità, ad ogni latitudine. Questa consapevolezza si alimenta attraverso l’opera di Sacerdoti Fidei Donum, di Consacrati, di Catechisti, di Laici missionari, in una ricerca costante di promuovere la comunione ecclesiale, in modo che anche il fenomeno dell’“interculturalità” possa integrarsi in un modello di unità, nel quale il Vangelo sia fermento di libertà e di progresso, fonte di fraternità, di umiltà e di pace (cfr Ad gentes, 8). La Chiesa, infatti, “è in Cristo come sacramento, cioè segno e strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano” (Lumen gentium, 1).

La comunione ecclesiale nasce dall’incontro con il Figlio di Dio, Gesù Cristo, che, nell’annuncio della Chiesa, raggiunge gli uomini e crea comunione con Lui stesso e quindi con il Padre e lo Spirito Santo (cfr 1Gv 1,3). Il Cristo stabilisce la nuova relazione tra l’uomo e Dio. “Egli ci rivela «che Dio è carità» (1 Gv 4,8) e insieme ci insegna che la legge fondamentale della umana perfezione, e perciò anche della trasformazione del mondo, è il nuovo comandamento dell’amore. Coloro, pertanto, che credono alla carità divina, sono da Lui resi certi che la strada della carità è aperta a tutti gli uomini e che gli sforzi intesi a realizzare la fraternità universale non sono vani” (Gaudium et spes, 38).

La Chiesa diventa “comunione” a partire dall’Eucaristia, in cui Cristo, presente nel pane e nel vino, con il suo sacrificio di amore edifica la Chiesa come suo corpo, unendoci al Dio uno e trino e fra di noi (cfr 1Cor 10,16ss). Nell’Esortazione apostolica Sacramentum caritatis ho scritto: “Non possiamo tenere per noi l’amore che celebriamo nel Sacramento. Esso chiede per sua natura di essere comunicato a tutti. Ciò di cui il mondo ha bisogno è l’amore di Dio, è incontrare Cristo e credere in Lui” (n. 84). Per tale ragione l’Eucaristia non è solo fonte e culmine della vita della Chiesa, ma anche della sua missione: “Una Chiesa autenticamente eucaristica è una Chiesa missionaria” (Ibid.), capace di portare tutti alla comunione con Dio, annunciando con convinzione: “quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunciamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi” (1Gv 1,3).

Carissimi, in questa Giornata Missionaria Mondiale in cui lo sguardo del cuore si dilata sugli immensi spazi della missione, sentiamoci tutti protagonisti dell’impegno della Chiesa di annunciare il Vangelo. La spinta missionaria è sempre stata segno di vitalità per le nostre Chiese (cfr Lett. enc. Redemptoris missio, 2) e la loro cooperazione è testimonianza singolare di unità, di fraternità e di solidarietà, che rende credibili annunciatori dell’Amore che salva!

Rinnovo, pertanto, a tutti l’invito alla preghiera e, nonostante le difficoltà economiche, all’impegno dell’aiuto fraterno e concreto a sostegno delle giovani Chiese. Tale gesto di amore e di condivisione, che il servizio prezioso delle Pontificie Opere Missionarie, cui va la mia gratitudine, provvederà a distribuire, sosterrà la formazione di sacerdoti, seminaristi e catechisti nelle più lontane terre di missione e incoraggerà le giovani comunità ecclesiali.

A conclusione dell’annuale messaggio per la Giornata Missionaria Mondiale, desidero esprimere, con particolare affetto, la mia riconoscenza ai missionari e alle missionarie, che testimoniano nei luoghi più lontani e difficili, spesso anche con la vita, l’avvento del Regno di Dio. A loro, che rappresentano le avanguardie dell’annuncio del Vangelo, va l’amicizia, la vicinanza e il sostegno di ogni credente. “Dio, (che) ama chi dona con gioia” (2Cor 9,7) li ricolmi di fervore spirituale e di profonda letizia.

Come il “sì” di Maria, ogni generosa risposta della Comunità ecclesiale all’invito divino all’amore dei fratelli susciterà una nuova maternità apostolica ed ecclesiale (cfr Gal 4,4.19.26), che lasciandosi sorprendere dal mistero di Dio amore, il quale “quando venne la pienezza del tempo … mandò il suo Figlio, nato da donna” (Gal 4,4), donerà fiducia e audacia a nuovi apostoli. Tale risposta renderà tutti i credenti capaci di essere “lieti nella speranza” (Rm 12,12) nel realizzare il progetto di Dio, che vuole “la costituzione di tutto il genere umano nell’unico popolo di Dio, la sua riunione nell’unico corpo di Cristo, la sua edificazione nell’unico tempio dello Spirito Santo” (Ad gentes, 7).

Dal Vaticano, 6 Febbraio 2010

BENEDICTUS PP. XVI

09 ottobre 2009

MESSAGGIO DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI PER LA GIORNATA MISSIONARIA MONDIALE 2009

“Le nazioni cammineranno alla sua luce” (Ap 21, 24)

In questa domenica, dedicata alle missioni, mi rivolgo innanzitutto a voi, Fratelli nel ministero episcopale e sacerdotale, e poi anche a voi, fratelli e sorelle dell'intero Popolo di Dio, per esortare ciascuno a ravvivare in sé la consapevolezza del mandato missionario di Cristo di fare “discepoli tutti i popoli” (Mt 28,19), sulle orme di san Paolo, l'Apostolo delle Genti.
“Le nazioni cammineranno alla sua luce” (Ap 21,24). Scopo della missione della Chiesa infatti è di illuminare con la luce del Vangelo tutti i popoli nel loro cammino storico verso Dio, perché in Lui abbiano la loro piena realizzazione ed il loro compimento. Dobbiamo sentire 1’ansia e la passione di illuminare tutti i popoli, con la luce di Cristo, che risplende sul volto della Chiesa, perché tutti si raccolgano nell’unica famiglia umana, sotto la paternità amorevole di Dio.
È in questa prospettiva che i discepoli di Cristo sparsi in tutto il mondo operano, si affaticano, gemono sotto il peso delle sofferenze e donano la vita. Riaffermo con forza quanto più volte è stato detto dai miei venerati Predecessori: la Chiesa non agisce per estendere il suo potere o affermare il suo dominio, ma per portare a tutti Cristo, salvezza del mondo. Noi non chiediamo altro che di metterci al servizio dell’umanità, specialmente di quella più sofferente ed emarginata, perché crediamo che “l’impegno di annunziare il Vangelo agli uomini del nostro tempo... è senza alcun dubbio un servizio reso non solo alla comunità cristiana, ma anche a tutta l’umanità” (Evangelii nuntiandi, 1), che “conosce stupende conquiste, ma sembra avere smarrito il senso delle realtà ultime e della stessa esistenza” (Redemptoris missio, 2).

1. Tutti i Popoli chiamati alla salvezza
L’umanità intera, in verità, ha la vocazione radicale di ritornare alla sua sorgente, che è Dio, nel Quale solo troverà il suo compimento finale mediante la restaurazione di tutte le cose in Cristo. La dispersione, la molteplicità, il conflitto, l’inimicizia saranno rappacificate e riconciliate mediante il sangue della Croce, e ricondotte all’unità.
L’inizio nuovo è già cominciato con la risurrezione e l’esaltazione di Cristo, che attrae tutte le cose a sé, le rinnova, le rende partecipi dell’eterna gioia di Dio. Il futuro della nuova creazione brilla già nel nostro mondo ed accende, anche se tra contraddizioni e sofferenze, la speranza di vita nuova. La missione della Chiesa è quella di “contagiare” di speranza tutti i popoli. Per questo Cristo chiama, giustifica, santifica e invia i suoi discepoli ad annunciare il Regno di Dio, perché tutte le nazioni diventino Popolo di Dio. È solo in tale missione che si comprende ed autentica il vero cammino storico dell’umanità. La missione universale deve divenire una costante fondamentale della vita della Chiesa. Annunciare il Vangelo deve essere per noi, come già per l’apostolo Paolo, impegno impreteribile (n.d.r.: non rinviabile, improrogabile) e primario.

2. Chiesa pellegrina
La Chiesa universale, senza confini e senza frontiere, si sente responsabile dell'annuncio del Vangelo di fronte a popoli interi (cfr Evangelii nuntiandi, 53). Essa, germe di speranza per vocazione, deve continuare il servizio di Cristo al mondo. La sua missione e il suo servizio non sono a misura dei bisogni materiali o anche spirituali che si esauriscono nel quadro dell’esistenza temporale, ma di una salvezza trascendente, che si attua nel Regno di Dio (cfr Evangelii nuntiandi, 27). Questo Regno, pur essendo nella sua completezza escatologico e non di questo mondo (cfr Gv 18,36), è anche in questo mondo e nella sua storia forza di giustizia, di pace, di vera libertà e di rispetto della dignità di ogni uomo. La Chiesa mira a trasformare il mondo con la proclamazione del Vangelo dell'amore, “che rischiara sempre di nuovo un mondo buio e ci dà il coraggio di vivere e di agire e... in questo modo di far entrare la luce di Dio nel mondo” (Deus caritas est, 39). È a questa missione e servizio che, anche con questo Messaggio, chiamo a partecipare tutti i membri e le istituzioni della Chiesa.

3. Missio ad gentes
La missione della Chiesa, perciò, è quella di chiamare tutti i popoli alla salvezza operata da Dio tramite il Figlio suo incarnato. È necessario pertanto rinnovare l’impegno di annunciare il Vangelo, che è fermento di libertà e di progresso, di fraternità, di unità e di pace (cfr Ad gentes, 8). Voglio “nuovamente confermare che il mandato d’evangelizzare tutti gli uomini costituisce la missione essenziale della Chiesa” (Evangelii nuntiandi, 14), compito e missione che i vasti e profondi mutamenti della società attuale rendono ancor più urgenti. È in questione la salvezza eterna delle persone, il fine e compimento stesso della storia umana e dell’universo. Animati e ispirati dall’Apostolo delle genti, dobbiamo essere coscienti che Dio ha un popolo numeroso in tutte le città percorse anche dagli apostoli di oggi (cfr At 18,10). Infatti “la promessa è per tutti quelli che sono lontani, quanti ne chiamerà il Signore Dio nostro” (At 2,39).
La Chiesa intera deve impegnarsi nella missio ad gentes, fino a che la sovranità salvifica di Cristo non sia pienamente realizzata: “Al presente non vediamo ancora che ogni cosa sia a Lui sottomessa" (Eb 2,8).

4. Chiamati ad evangelizzare anche mediante il martirio
In questa Giornata dedicata alle missioni, ricordo nella preghiera coloro che della loro vita hanno fatto un’esclusiva consacrazione al lavoro di evangelizzazione. Una menzione particolare è per quelle Chiese locali, e per quei missionari e missionarie che si trovano a testimoniare e diffondere il Regno di Dio in situazioni di persecuzione, con forme di oppressione che vanno dalla discriminazione sociale fino al carcere, alla tortura e alla morte. Non sono pochi quelli che attualmente sono messi a morte a causa del suo “Nome”. È ancora di tremenda attualità quanto scriveva il mio venerato Predecessore, Papa Giovanni Paolo II: “La memoria giubilare ci ha aperto uno scenario sorprendente, mostrandoci il nostro tempo particolarmente ricco di testimoni che, in un modo o nell’altro, hanno saputo vivere il Vangelo in situazioni di ostilità e persecuzione, spesso fino a dare la prova suprema del sangue” (Novo millennio ineunte, 41).
La partecipazione alla missione di Cristo, infatti, contrassegna anche il vivere degli annunciatori del Vangelo, cui è riservato lo stesso destino del loro Maestro. “Ricordatevi della parola che vi ho detto: Un servo non è più grande del suo padrone. Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi” (Gv 15,20). La Chiesa si pone sulla stessa via e subisce la stessa sorte di Cristo, perché non agisce in base ad una logica umana o contando sulle ragioni della forza, ma seguendo la via della Croce e facendosi, in obbedienza filiale al Padre, testimone e compagna di viaggio di questa umanità.
Alle Chiese antiche come a quelle di recente fondazione ricordo che sono poste dal Signore come sale della terra e luce del mondo, chiamate a diffondere Cristo, Luce delle genti, fino agli estremi confini della terra. La missio ad gentes deve costituire la priorità dei loro piani pastorali.
Alle Pontificie Opere Missionarie va il mio ringraziamento e incoraggiamento per l’indispensabile lavoro che assicurano di animazione, formazione missionaria e aiuto economico alle giovani Chiese. Attraverso queste Istituzioni pontificie si realizza in maniera mirabile la comunione tra le Chiese, con lo scambio di doni, nella sollecitudine vicendevole e nella comune progettualità missionaria.

5. Conclusione
La spinta missionaria è sempre stata segno di vitalità delle nostre Chiese (cfr Redemptoris missio, 2). È necessario, tuttavia, riaffermare che l’evangelizzazione è opera dello Spirito e che prima ancora di essere azione è testimonianza e irradiazione della luce di Cristo (cfr Redemptoris missio, 26) da parte della Chiesa locale, la quale invia i suoi missionari e missionarie per spingersi oltre le sue frontiere. Chiedo perciò a tutti i cattolici di pregare lo Spirito Santo perché accresca nella Chiesa la passione per la missione di diffondere il Regno di Dio e di sostenere i missionari, le missionarie e le comunità cristiane impegnate in prima linea in questa missione, talvolta in ambienti ostili di persecuzione.
Invito, allo stesso tempo, tutti a dare un segno credibile di comunione tra le Chiese, con un aiuto economico, specialmente nella fase di crisi che sta attraversando l’umanità, per mettere le giovani Chiese locali in condizione di illuminare le genti con il Vangelo della carità.
Ci guidi nella nostra azione missionaria la Vergine Maria, stella della Nuova Evangelizzazione, che ha dato al mondo il Cristo, posto come luce delle genti, perché porti la salvezza “sino all'estremità della terra” (At 13,47).
A tutti la mia Benedizione.
Dal Vaticano, 29 giugno 2009

BENEDICTUS PP. XVI

10 ottobre 2008

MESSAGGIO DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI PER LA GIORNATA MISSIONARIA MONDIALE 2008 "Servi e apostoli di Cristo Gesù"

Cari fratelli e sorelle,
in occasione della Giornata Missionaria Mondiale, vorrei invitarvi a riflettere sull’urgenza che permane di annunciare il Vangelo anche in questo nostro tempo. Il mandato missionario continua ad essere una priorità assoluta per tutti i battezzati, chiamati ad essere "servi e apostoli di Cristo Gesù" in questo inizio di millennio. Il mio venerato Predecessore, il Servo di Dio Paolo VI, affermava già nell’Esortazione apostolica Evangelii nuntiandi che "evangelizzare è la grazia, la vocazione propria della Chiesa, la sua identità più profonda" (n. 14). Come modello di questo impegno apostolico, mi piace indicare particolarmente san Paolo, l’Apostolo delle genti, poiché quest’anno celebriamo uno speciale giubileo a lui dedicato. È l’Anno Paolino, che ci offre l’opportunità di familiarizzare con questo insigne Apostolo, che ebbe la vocazione di proclamare il Vangelo ai Gentili, secondo quanto il Signore gli aveva preannunciato: "Va’, perché io ti manderò lontano, tra i pagani" (At 22,21). Come non cogliere l’opportunità offerta da questo speciale giubileo alle Chiese locali, alle comunità cristiane e ai singoli fedeli, per propagare fino agli estremi confini del mondo l’annuncio del Vangelo, potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede (Rm 1,16)?

1. L’umanità ha bisogno di liberazione
L’umanità ha bisogno di essere liberata e redenta. La creazione stessa - dice san Paolo – soffre e nutre la speranza di entrare nella libertà dei figli di Dio (cfr Rm 8,19-22). Queste parole sono vere anche nel mondo di oggi. La creazione soffre. L’umanità soffre ed attende la vera libertà, attende un mondo diverso, migliore; attende la "redenzione". E in fondo sa che questo mondo nuovo aspettato suppone un uomo nuovo, suppone dei "figli di Dio". Vediamo più da vicino la situazione del mondo di oggi. Il panorama internazionale, se da una parte presenta prospettive di promettente sviluppo economico e sociale, dall’altra offre alla nostra attenzione alcune forti preoccupazioni per quanto concerne il futuro stesso dell’uomo. La violenza, in non pochi casi, segna le relazioni tra gli individui e i popoli; la povertà opprime milioni di abitanti; le discriminazioni e talora persino le persecuzioni per motivi razziali, culturali e religiosi, spingono tante persone a fuggire dai loro Paesi per cercare altrove rifugio e protezione; il progresso tecnologico, quando non è finalizzato alla dignità e al bene dell’uomo né ordinato ad uno sviluppo solidale, perde la sua potenzialità di fattore di speranza e rischia anzi di acuire squilibri e ingiustizie già esistenti. Esiste inoltre una costante minaccia per quanto riguarda il rapporto uomo-ambiente dovuto all’uso indiscriminato delle risorse, con ripercussioni sulla stessa salute fisica e mentale dell’essere umano. Il futuro dell’uomo è poi posto a rischio dagli attentati alla sua vita, attentati che assumono varie forme e modalità.
Dinanzi a questo scenario "sentiamo il peso dell’inquietudine, tormentati tra la speranza e l'angoscia" (Cost. Gaudium et spes, 4) e preoccupati ci chiediamo : che ne sarà dell’umanità e del creato? C’è speranza per il futuro, o meglio, c’è un futuro per l’umanità? E come sarà questo futuro? La risposta a questi interrogativi viene a noi credenti dal Vangelo. È Cristo il nostro futuro e, come ho scritto nella Lettera enciclica Spe salvi, il suo Vangelo è comunicazione che "cambia la vita", dona la speranza, spalanca la porta oscura del tempo e illumina il futuro dell’umanità e dell’universo (cfr n. 2).
San Paolo aveva ben compreso che solo in Cristo l’umanità può trovare redenzione e speranza. Perciò avvertiva impellente e urgente la missione di "annunciare la promessa della vita in Cristo Gesù" (2 Tm 1,1), "nostra speranza" (1 Tm 1,1), perché tutte le genti potessero partecipare alla stessa eredità ed essere partecipi della promessa per mezzo del Vangelo (cfr Ef 3,6). Era cosciente che priva di Cristo, l’umanità è "senza speranza e senza Dio nel mondo (Ef 2,12) – senza speranza perché senza Dio" (Spe salvi, 3). In effetti, "chi non conosce Dio, pur potendo avere molteplici speranze, in fondo è senza speranza, senza la grande speranza che sorregge tutta la vita (Ef 2,12)" (ivi, 27).

2. La Missione è questione di amore
È dunque un dovere impellente per tutti annunciare Cristo e il suo messaggio salvifico. "Guai a me – affermava san Paolo – se non predicassi il Vangelo!" (1 Cor 9,16). Sulla via di Damasco egli aveva sperimentato e compreso che la redenzione e la missione sono opera di Dio e del suo amore. L’amore di Cristo lo portò a percorrere le strade dell’Impero Romano come araldo, apostolo, banditore, maestro del Vangelo, del quale si proclamava "ambasciatore in catene" (Ef 6,20). La carità divina lo rese "tutto a tutti, per salvare ad ogni costo qualcuno" (1 Cor 9,22). Guardando all’esperienza di san Paolo, comprendiamo che l’attività missionaria è risposta all’amore con cui Dio ci ama. Il suo amore ci redime e ci sprona verso la missio ad gentes; è l’energia spirituale capace di far crescere nella famiglia umana l’armonia, la giustizia, la comunione tra le persone, le razze e i popoli, a cui tutti aspirano (cfr Enc. Deus caritas est, 12). È pertanto Dio, che è Amore, a condurre la Chiesa verso le frontiere dell’umanità e a chiamare gli evangelizzatori ad abbeverarsi "a quella prima originaria sorgente che è Gesù Cristo, dal cui cuore trafitto scaturisce l'amore di Dio" (Deus caritas est, 7). Solo da questa fonte si possono attingere l’attenzione, la tenerezza, la compassione, l’accoglienza, la disponibilità, l’interessamento ai problemi della gente, e quelle altre virtù necessarie ai messaggeri del Vangelo per lasciare tutto e dedicarsi completamente e incondizionatamente a spargere nel mondo il profumo della carità di Cristo.

3. Evangelizzare sempre
Mentre resta necessaria e urgente la prima evangelizzazione in non poche regioni del mondo, scarsità di clero e mancanza di vocazioni affliggono oggi varie Diocesi ed Istituti di vita consacrata. È importante ribadire che, pur in presenza di crescenti difficoltà, il mandato di Cristo di evangelizzare tutte le genti resta una priorità. Nessuna ragione può giustificarne un rallentamento o una stasi, poiché "il mandato di evangelizzare tutti gli uomini costituisce la vita e la missione essenziale della Chiesa" (Paolo VI, Esort. ap. Evangelii nuntiandi, 14). Missione che "è ancora agli inizi e noi dobbiamo impegnarci con tutte le forze al suo servizio" (Giovanni Paolo II, Enc. Redemptoris missio, 1). Come non pensare qui al Macedone che, apparso in sogno a Paolo, gridava: "Passa in Macedonia e aiutaci"? Oggi sono innumerevoli coloro che attendono l’annuncio del Vangelo, coloro che sono assetati di speranza e di amore. Quanti si lasciano interpellare a fondo da questa richiesta di aiuto che si leva dall’umanità, lasciano tutto per Cristo e trasmettono agli uomini la fede e l’amore per Lui! (cfr Spe salvi, 8).

4. Guai a me se non evangelizzo (1 Cor 9,16)
Cari fratelli e sorelle, "duc in altum"! Prendiamo il largo nel vasto mare del mondo e, seguendo l’invito di Gesù, gettiamo senza paura le reti, fiduciosi nel suo costante aiuto. Ci ricorda san Paolo che non è un vanto predicare il Vangelo (cfr 1 Cor 9,16), ma un compito e una gioia. Cari fratelli Vescovi, seguendo l’esempio di Paolo ognuno si senta "prigioniero di Cristo per i gentili" (Ef 3,1), sapendo di poter contare nelle difficoltà e nelle prove sulla forza che ci viene da Lui. Il Vescovo è consacrato non soltanto per la sua diocesi, ma per la salvezza di tutto il mondo (cfr Enc. Redemptoris missio, 63). Come l’apostolo Paolo, è chiamato a protendersi verso i lontani che non conoscono ancora Cristo, o non ne hanno ancora sperimentato l’amore liberante; suo impegno è rendere missionaria tutta la comunità diocesana, contribuendo volentieri, secondo le possibilità, ad inviare presbiteri e laici ad altre Chiese per il servizio di evangelizzazione. La missio ad gentes diventa così il principio unificante e convergente dell’intera sua attività pastorale e caritativa.

Voi, cari presbiteri, primi collaboratori dei Vescovi, siate generosi pastori ed entusiasti evangelizzatori! Non pochi di voi, in questi decenni, si sono recati nei territori di missione a seguito dell’Enciclica Fidei donum, di cui abbiamo da poco commemorato il 50° anniversario, e con la quale il mio venerato Predecessore, il Servo di Dio Pio XII, dette impulso alla cooperazione tra le Chiese. Confido che non venga meno questa tensione missionaria nelle Chiese locali, nonostante la scarsità di clero che affligge non poche di esse.

E voi, cari religiosi e religiose, segnati per vocazione da una forte connotazione missionaria, portate l’annuncio del Vangelo a tutti, specialmente ai lontani, mediante una testimonianza coerente di Cristo e una radicale sequela del suo Vangelo.
Alla diffusione del Vangelo siete chiamati a prendere parte, in maniera sempre più rilevante tutti voi, cari fedeli laici, che operate nei diversi ambiti della società. Si apre così davanti a voi un areopago complesso e multiforme da evangelizzare: il mondo. Testimoniate con la vostra vita che i cristiani "appartengono ad una società nuova, verso la quale si trovano in cammino e che, nel loro pellegrinaggio, viene anticipata" (Spe salvi, 4).

5. Conclusione
Cari fratelli e sorelle, la celebrazione della Giornata Missionaria Mondiale vi incoraggi tutti a prendere rinnovata consapevolezza dell’urgente necessità di annunciare il Vangelo. Non posso non rilevare con vivo apprezzamento il contributo delle Pontificie Opere Missionarie all’azione evangelizzatrice della Chiesa. Le ringrazio per il sostegno che offrono a tutte le Comunità, specialmente a quelle giovani. Esse sono strumento valido per animare e formare missionariamente il Popolo di Dio e alimentano la comunione di persone e di beni tra le varie parti del Corpo mistico di Cristo. La colletta, che nella Giornata Missionaria Mondiale viene fatta in tutte le parrocchie, sia segno di comunione e di sollecitudine vicendevole tra le Chiese. Si intensifichi, infine, sempre più nel popolo cristiano la preghiera, indispensabile mezzo spirituale per diffondere fra tutti popoli la luce di Cristo, "luce per antonomasia" che illumina "le tenebre della storia" (Spe salvi, 49). Mentre affido al Signore il lavoro apostolico dei missionari, delle Chiese sparse nel mondo e dei fedeli impegnati in varie attività missionarie, invocando l’intercessione dell’apostolo Paolo e di Maria Santissima, "la vivente Arca dell’Alleanza", Stella dell’evangelizzazione e della speranza, imparto a tutti l’Apostolica Benedizione.

Dal Vaticano, 11 maggio 2008

BENEDICTUS PP. XVI