Carissimi,
l’angelo birichino che sta accompagnando il nostro Avvento, nella festa
dell’Immacolata si presenta a noi attraverso lo straordinario incontro con
Maria.
Buona
meditazione.
don
Alfredo
Non
dovete credere che sia un mestiere facile quello dell’angelo inviato da Dio
nella città di Galilea chiamata Nazaret. E in genere non dovete pensare che sia
un mestiere facile quello di un angelo inviato in qualsiasi città. Forse
neppure a Milano è tanto facile essere mandati per portare un annuncio da parte
di Dio.
Ad
ogni modo non è stato facile la mia missione di angelo inviato a Nazaret.
Provate voi ad avere una gioia che trabocca dentro, una gioia che fa ardere
il cuore, una gioia che fa danzare, esultare, una gioia che mette voglia di
invitare tutti a fare festa, ad abbracciarsi in un entusiasmo contagioso. Provate
voi a gridare in mezzo alla città: Rallegrati! Esulta! Gioisci! Provate!
La
gente indaffarata, tutta presa dagli impegni, dalle scadenze, dagli affari alza
appena la testa e la scuote e disapprova: in città arriva di tutto! Anche i
matti li lasciano in giro. Non perdere tempo ragazzo! Pensa a lavorare: gli
affari sono affari e il tempo è denaro. Non ti vergogni di invitare alla festa
nel paese indaffarato? Il veleno del serpente antico ancora avvelena la vita
con l’avidità e la frenesia.
La
gente invidiosa, la gente presuntuosa, i mercanti di allegria a prezzi scontati
ti minacciano con una evidente ostilità: vai altrove a offrire la tua gioia!
Non vedi che questo è il nostro mercato? Qui prosperano i nostri affari, perché
noi vendiamo a buon prezzo polveri che fanno sognare, filtri magici che rendono
euforici, giochi che inculcano struggenti frenesie di ricchezze improbabili.
Non hai paura di offrire la gioia nella piazza del paese dell’euforia
artificiale?
Provate
ad annunciare a questa gente: rallegratevi! Il veleno del serpente antico
ancora avvelena la vita con le passioni e l’orgoglio suscettibile. E poi ci
sono le tristezze struggenti, le ferite dolorose della vita, le speranze
deluse, gli amori sognati che non si sono mai compiuti, i figli attesi che non
sono mai arrivati o che non hanno mai visto la luce, le solitudini desolate di
chi ha dato tanto a tanti e si rende conto che al bisogno non riceve niente da
nessuno. Di fronte alle pene inconsolabili, l’annuncio ti muore sulle labbra:
come è possibile proclamare: “Rallegrati!”? Il veleno del serpente antico
ancora avvelena le tristezze struggenti insinuandovi il sospetto
sull’insensibilità di Dio e la sua assenza.
Non
è facile la missione dell’angelo della gioia!
Ma poi sono entrato nella casa di Maria
la più
santa e la più libera di tutte le creature. In quella casa, in quella donna
fidanzata a un uomo della casa di Davide di nome Giuseppe, in quel dialogo al
quale era sospesa la salvezza del mondo, ho visto le vie misteriose che
percorre l’annuncio della gioia per diventare un “magnificat”.
L’annuncio
della gioia irrompe come uno spavento: Maria rimase molto turbata. L’annuncio
alla gioia, che è poi la mia missione di angelo del Signore, non entra nella
vita di una persona come un’allegra eccitazione, come una piacevole distrazione
dai fastidi della vita. È invece una proposta di vita. È una chiamata,
non un sentimento; è un fuoco che arde dentro, non un lasciarsi andare
disimpegnato. È l’apertura di un orizzonte impensato, non l’esaudimento
di un desiderio. Perciò l’annuncio della gioia che viene da Dio irrompe nella
casa di Nazaret come uno spavento.
L’annuncio
della gioia consegna un nome nuovo:
piena di grazia. Il nome nuovo è come una rinascita, il dono di una vita nuova,
la rivelazione dell’identità più vera. “Chi sono io?” si chiedeva Maria.
Ed era abituata a rispondersi: io sono Maria, una ragazza di Nazaret, devota e
buona, e sono promessa sposa a un uomo della casa di Davide, a Giuseppe, il
falegname. E io, angelo mandato da Dio, l’ho chiamata con il nome che svela il
mistero che è in lei, la sua santità, la grazia che l’ha ricolmata della vita
di Dio. All’annuncio della gioia di Dio viene alla luce la verità profonda
della persona amata dal Signore, si aprono nuove strade, si accolgono i misteri
santi della vita divina, indicibili, incomunicabili, eppure i più veri e i più
necessari perché si possa accogliere l’annuncio della gioia.
L’annuncio
della gioia rinnova una promessa: il Signore è con te! L’impresa di riconoscere la propria
vocazione alla pienezza della gioia, l’impresa di far risplendere la verità
profonda del cuore è impresa troppo ardua: non basta la buona volontà che si
impegna, non basta l’intelligenza che comprende, non bastano le condizioni
propizie. È necessario dimorare nella comunione, poter contare sull’alleanza
con il Dio fedele.
Non è
una missione facile quella di essere l’angelo che annuncia la gioia dei tempi
messianici, ma mi riempie di fierezza e di gioia constatare che la potenza di
Dio schiaccia la testa al serpente antico e guarisce dal veleno uomini e donne
che come Maria accolgono il messaggio e così gli indaffarati, malati di avidità
e frenesia, trovano pace e si aprono alla gioia; e i presuntuosi e gli
idolatri, malati di passione e di orgoglio suscettibile, sono liberati e
imparano l’umiltà e la purezza di cuore; e così gli afflitti, malati di
sospetto sulla bontà di Dio, sono riconciliati e imparano a irradiare bontà
oltre ogni confine desiderato.
Così
mi ha confidato l’angelo Gabriele che è stato inviato in una città della
Galilea chiamata Nazaret a una vergine di nome Maria, promessa sposa a un uomo
della casa di Davide chiamato Giuseppe.
Arcabas,
l’artista che ha dipinto l’annunciazione qui sopra, inserisce tra Maria e l’angelo una
colomba dorata che si avvicina a Maria spingendo davanti a sé una piccola croce
anch’essa d’oro. Un oro che si diffonde sull’abito, sul volto e sulle mani di
Maria, quasi trasfigurandola. L’oro della divinità, della gioia, della gloria
però nella forma del dolore e della morte. L’oro della vittoria, anche su
quella forma e su quella morte. Perché come scriveva Alda Merini:
Maria
era una donna che aveva in animo la poesia: per lei un angelo poteva essere una
visita di tutti i giorni. Anche il pensiero di Maria era angelico, e non esitò
a dire il suo sì, a manifestare la sua obbedienza. L’obbedienza non teme la
morte né il patimento, chi obbedisce percorre moltissime strade e non è mai
solo.