Spegnete il gossip e riaccendete l’informazione!
La Rai intende chiudere le seguenti 5 sedi di corrispondenza nel mondo: Beirut – Il Cairo – Nairobi – New Delhi – Buenos Aires. A fronte di tale ipotesi registriamo il duro comunicato del 2 Febbraio 2010 diramato dalla Federazione della Stampa Missionaria Italiana
I missionari alla Rai: spegnete il gossip, riaccendete l’informazione.
La Federazione Stampa Missionaria Italiana (Fesmi), che raduna una quarantina di testate per un totale di 500mila copie mensili, interviene contro l’intenzione della Rai di chiudere 5 sedi estere. A meno di clamorosi ripensamenti, la Rai sta per chiudere cinque sedi di corrispondenza nel mondo: Beirut, Il Cairo, Nairobi, New Delhi e Buenos Aires. Cinque su quindici in totale. Stiamo parlando di entrambe le sedi africane, dell’unica in America Latina e di quella in un Paese così importante, non solo politicamente ed economicamente, come l’India, oltre che di quella di un Paese-simbolo come il Libano. Se andasse in porto, sarebbe una decisione grave, contraddittoria e miope. In una parola: controproducente.
Come Federazione della Stampa Missionaria Italiana, la condanniamo con forza, auspicando che la dirigenza Rai torni sui suoi passi, anche alla luce delle proteste non solo nostre, ma di molte altre realtà della società civile, che in queste ore si stanno levando.
L’ipotesi di chiudere un terzo delle sedi di corrispondenza nel mondo è grave, perché va a colpire il Sud del mondo, quella parte di pianeta già oggi marginale nel circuito informativo italiano. E’ grave perché ispirata a criteri economicistici che, come tali, dovrebbero essere estranei a un “servizio pubblico” che voglia qualificarsi davvero come tale. Se un problema di compatibilità economica esiste, non è spegnendo l’informazione sul mondo che si risolve ma, semmai, vigilando sugli esosi compensi alle “star” del piccolo schermo o sugli sprechi cui la Rai ci ha abituato da troppo tempo.
E’ una decisione contraddittoria, perché la sede di Nairobi è stata aperta – anche per effetto di un tenace “pressing” delle riviste missionarie – soltanto due anni fa’.
Ancora: qual è il senso della chiusura di una sede come l’Egitto, cruciale per monitorare l’area mediterranea e, in parte, il mondo islamico? Che senso avrebbe abbandonare oggi l’India, da tutti indicata come uno dei Paesi-chiave del presente e del futuro? Appare chiaro che siamo di fronte a una scelta – se attuata - per nulla lungimirante e, alla distanza, destinata a ricadute negative. Controproducente, appunto. Il contrario di quell’efficienza che tanto viene sbandierata.
Contro la deriva di un’informazione Tv sempre più avvitata su stessa, ci eravamo pronunciati nel febbraio 2006 con l’appello «Notizie, non gossip», pubblicato da tutte le riviste della Fesmi: chiedevamo alla Rai una risposta alla scarsità di notizie da intere aree del mondo. Nel maggio 2007, dopo l’apertura della sede di Nairobi, avevamo salutato con favore l’evento: «Se la Rai ha aperto una sede in Africa, molto lo si deve alla mobilitazione del mondo missionario», aveva detto in quell’occasione Enzo Nucci, corrispondente Rai da Nairobi. Speravamo fosse l’inizio di un impegno serio. Per dar voce a popoli, culture, paesi senza voce. Purtroppo - duole constatarlo - non è andata così.
Con tutta evidenza, il problema dei tagli delle sedi estere è solo la punta di un iceberg: la questione riguarda la sensibilità complessiva per i fatti del mondo, le vicende dei continenti solo apparentemente “lontani”. Non vorremmo che la scelta di dismettere le sedi straniere confermasse una volontà di ritirarsi nel guscio di un’informazione che per baricentro abbia l’Italia o l’Europa.
Un servizio pubblico che voglia dirsi realmente tale dovrebbe puntare a rendere i suoi telespettatori autentici “cittadini del mondo”. Non è certo questa la strada. Chiediamo ai vertici di Viale Mazzini un tempestivo e radicale ripensamento.
FESMI (Federazione Stampa Missionaria Italiana)
... ma non è finita qui!
NON È UN PESCE D’APRILE
Un provvedimento del Governo del 1° di aprile stabilisce la soppressione delle tariffe agevolate postali che colpisce soprattutto il “no-profit” con un aumento medio che va dal 100% al 500%. Anche su questa vicenda c’è una presa di posizione della FESMI dell’Aprile 2010
Se voleva essere uno "scherzo" – visto che ha avuto effetto dall’"1 Aprile" scorso – è stato a dir poco di cattivo gusto. Stiamo parlando del "Decreto Inter-Ministeriale" del 30 Marzo 2010 (pubblicato sulla "Gazzetta Ufficiale" del 31 Marzo 2010, "n. 75") col quale vengono soppresse le "tariffe agevolate postali" per tutta l'"editoria" libraria, quotidiana e periodica.
Nonostante il "decreto" specifichi che un successivo provvedimento potrebbe stabilire ulteriori "agevolazioni", ciò comporterà inevitabilmente un periodo di "vacatio" tra l’entrata in vigore del primo e l’eventuale successivo.
Contro tale "sciagurata" decisione (l’aumento medio oscilla tra il 100 e il 500% per ogni singola "spedizione"!) si sono pronunciate moltissime voci del "no-profit" e dell’"editoria".
Anche la "Fesmi" ("Federazione Stampa Missionaria Italiana") si associa alla protesta, in unione con l’"Ufficio Missionario Nazionale" della "CEI", l’Agenzia "Misna" e l’"USPI" ("Unione Stampa Periodica"). Pertanto la "Fesmi" aderisce all’iniziativa del settimanale "Vita", con la quale le organizzazioni del "no-profit" si appellano al "Governo" affinché vengano immediatamente adottate delle misure che evitino un vertiginoso aumento del "budget" delle "spedizioni".
In particolare, la "Fesmi" osserva che tale "decreto" va a colpire:
le riviste di attualità "missionaria" e "internazionale", che da decenni svolgono un ruolo di "informazione alternativa", che costituisce un patrimonio "culturale" e "sociale" per tutta la "comunità nazionale";
l’attività di "fund-raising" che, accanto alla sensibilizzazione "missionaria", molte delle pubblicazioni svolgono sul territorio "nazionale". Da questo punto di vista, viene anche pregiudicata la cosiddetta "fidelizzazione" tra le "Congregazioni Missionarie" e i loro "benefattori".
In assenza di un ripensamento radicale della misura adottata, la riviste della "Fesmi" si vedrebbero costrette a modificare la "periodicità" o addirittura a interrompere la loro attività, con grave danno non solo per gli "enti" che le editano, ma anche per il mondo della "solidarietà" nel suo complesso e per i "poveri" del mondo, a servizio dei quali le riviste "Fesmi" vogliono operare.