Caro oratorio, chi dice che hai fatto ormai il tuo tempo e hai poco da dire alle nuove generazioni forse non ti conosce bene e non sa della tua capacità di rinnovarti sempre; forse è poco informato su quanto sei ricercato dai partner sociali o, forse ancora, non ha mai messo la testa in un qualsiasi pomeriggio quando i tuoi cortili si riempiono di ragazzi e di famiglie e di quanto, quando li accogliamo con un sorriso, tu sai parlare a loro ancora e molto di Vangelo.
Caro oratorio, ti auguro di non smarrire mai la tua vocazione educativa. Educare è, nel gioco della relazione gratuita e disinteressata, saper tirare fuori da ogni ragazzo il suo meglio, ovvero la sua immagine di creatura amata dal Padre, unica e preziosa, protagonista nel mondo. Per fare questo c’è bisogno di accoglienza, progettazione, accompagnamento personale e di gruppo, tentativi sempre nuovi e creativi per stimolare l’intelligenza e l’emotività. Ma soprattutto, come ci richiama l’Arcivescovo, c’è bisogno di una comunità educante, del gioco di squadra di adulti e giovani che, assieme, cerchino di ricomporre la frammentazione in cui i ragazzi di oggi sono tentati di vivere.
Caro oratorio che da qualche anno sei formato da due cortili che raccolgono come una rete i ragazzi dell’intero quartiere, ti auguro di non perdere mai di vista la meta della comunione. Essere insieme non è una sfortuna, una fatica che ci tocca portare avanti per strane congetture pastorali concepite nei palazzi curiali, non è perderci: è una meta da raggiungere sapendo che solo l’integrazione permette a molti ragazzi di valicare l’argine della salvezza e del riscatto, è diventare più ricchi nella diversità, è mettere in gioco ancora più potenzialità se è vero, come dice un proverbio africano, che da soli si va più veloci ma è insieme che si va più lontano!
Caro oratorio, ti auguro di continuare a tenere viva la tensione al quartiere, a queste case fra cui sei sprofondato, dove abitano questi ragazzi e le loro famiglie, volti concreti di cui non puoi non tenere conto; ti auguro di non dimenticarti mai che sei al servizio qui e ora dei ragazzi di questa città con le loro domande e le loro esigenze, che sei chiamato a percorrere questa linea orizzontale che ti deve portare in uscita verso chi attende nei fatti e non solo a parole l’annuncio del Regno.
Caro oratorio, ti auguro di essere accogliente per tutti, di accompagnare molti e di condurre almeno qualcuno all’incontro personale con Gesù. Un oratorio che smarrisce la sua dimensione verticale rischia di perdere l’anima. Ecco perché lo sforzo perché i nostri ragazzi provino a varcare la soglia dell’incontro personale con Cristo deve essere sempre attuato, perché il Signore sa parlare e vuole parlare ancora alle nuove generazioni ma ha bisogno di persone che educhino all’ascolto.
Caro oratorio, con l’aiuto di tutti cercherai di fare il possibile; con la certezza della presenza del Signore, sono convinto, tenterai, e riuscirai, anche con l’impossibile.
Buon anno oratoriano a tutti!
Don Giovanni