Il Natale che dovremmo festeggiare non è la vuota rievocazione di qualcosa ormai lontano nel tempo: il vero Natale è quello che accade dentro di noi, nel grembo della nostra vita, nel cuore della nostra storia e della storia dell’umanità.
E come ogni nascita ha bisogno di tempo e di spazio per fare posto, nel pensiero e nel concreto della nostra vita, a Dio. Ma soprattutto ha bisogno di stupore verso un Dio che si affida alle nostre mani, quello stupore che si esprime in modo privilegiato nel silenzio che si fa preghiera e ascolto, per imparare ad immergersi poi nel silenzio, pieno di frastuoni, del cuore umano per saperne condividere gioie e dolori e poter così dire ancora una parola di speranza: “Oggi è nato per voi un Salvatore”.
In questa prospettiva vorrei quindi proporvi un semplice spunto di riflessione, che accompagni questi nostri ultimi giorni di Avvento.
Il primo spunto lo prendo da Maria, dalla sua disponibilità, dal suo “Eccomi”: questo fa nascere il Salvatore. E’ come se il racconto evangelico invitasse ciascuno di noi a “far nascere” la salvezza e la speranza in un mondo nuovo, insegnandoci che si comincia da “poco”: Narareth, una casa, una ragazza…
Le cose belle, buone, giuste, pure avverranno se faremo posto al Signore in noi, nei nostri pensieri, nei nostri sogni, nella nostra vita… Avverranno se inizieremo da noi, come Maria, senza aspettare che inizino altri. “Ci sono, eccomi”: il coraggio di prendersi una responsabilità fa nascere vita, speranza, legami d’amore.
Il secondo spunto lo prendo da quelle persone che il Vangelo presenta come coloro che per primi hanno riconosciuto e custodito il Mistero di quel segno di Dio che è “un bambino avvolto in fasce”: i pastori e i magi.
Ai pastori, che non potevano entrare nel tempio, Dio manda a dire che il suo tempio sono stalle, i loro campi, le loro strade.
Ancora una volta la Parola ci rivela che Dio è venuto a fare dei poveri e della loro vita il luogo della sua rivelazione e lo spazio da cui parte la sua redenzione, ci invita a chiederci dove sono oggi le mangiatoie, i panni dei neonati esclusi, per i quali non c’è posto, a fare “processioni” verso questi luoghi umani (le periferie di cui parla papa Francesco), a prendersi cura di ogni essere semplicemente per il fatto che è un essere umano, perché è lì che ancora il Verbo si fa carne.
Roma: particolare del mosaico abside Basilica di S.Maria in Trastevere
Con il racconto dei magi l’Evangelo sembra dirci che da Gesù arrivano anche quelli che nemmeno appartengono al popolo di Dio e si muovono tra notti e stelle, in un contesto di fatica a trovare la propria strada e di potenti per i quali, pur di salvaguardare il proprio potere, il proprio interesse, tutto è lecito.
E ancora una volta questa parola ci parla e ci invita a coltivare e a lasciarci guidare dal sogno di Dio che, con la stella della sua parola, guida i nostri passi, ci conduce a visitare semplici cose di autentica umanità e ma disertare palazzi di potere, di affari, di falsità. E’ una buona notizia andare a dire dove si è fermata la stella, una buona notizia per tutti i popoli… Solo che occorre “portarla” per un’altra strada, quasi a dire a tutti noi che, se si è contemplato il figlio di Dio in una casa, si ritorna nel quotidiano per un’altra strada, con un altro modo di interpretare la vita, con un altro stile nel nostro cammino tra case, piazze, deserti della vita. Dal basso.
E se ti prendi cura di uno che sta in basso, della sete di giustizia, vita, pace di chi ti sta vicino giungi alla soglia di Dio: ti riappare la sua stella, il cuore ti si riapre sul suo sogno, un’unica famiglia umana.
Esito un po’ e mi mancano le parole per il terzo punto: lo prendo da Gesù, da Gesù bambino.
Quando arriva Natale ci attiviamo tutti a “fare qualcosa per” e Gesù, invece, se ne sta calmo e pacifico a ricevere, a gustare l’affetto di Maria e Giuseppe, la visita e i doni di pastori e magi: si lascia amare, Lui che è l’amore.
Che non ci sia una indicazione preziosa per noi e per le nostre comunità così “indaffarate”? Che non ci sia l’invito a riscoprire il senso profondo e costruttivo del nostro limite, della nostra bisognosità? In fondo il messaggio del Natale è che siamo salvati da un Dio che si prende cura di noi perché si è lasciato prendere cura, perché ci ha detto, con il suo condividere il nostro limite e la nostra piccolezza, che ci si salva insieme.
Proviamo allora a saper vedere e valorizzare, ringraziando, tutti i gesti e le persone che ci amano e che amiamo e a riscoprire in questa dimensione di reciprocità il segno che abbiamo accolto l’Amore di Dio manifestatoci in Gesù.
“Da questo riconosceranno che siete miei discepoli: dall’amore che avrete gli uni per gli altri”.
Roma: particolare del mosaico abside Basilica di S.Maria in Trastevere
Con il racconto dei magi l’Evangelo sembra dirci che da Gesù arrivano anche quelli che nemmeno appartengono al popolo di Dio e si muovono tra notti e stelle, in un contesto di fatica a trovare la propria strada e di potenti per i quali, pur di salvaguardare il proprio potere, il proprio interesse, tutto è lecito.
E ancora una volta questa parola ci parla e ci invita a coltivare e a lasciarci guidare dal sogno di Dio che, con la stella della sua parola, guida i nostri passi, ci conduce a visitare semplici cose di autentica umanità e ma disertare palazzi di potere, di affari, di falsità. E’ una buona notizia andare a dire dove si è fermata la stella, una buona notizia per tutti i popoli… Solo che occorre “portarla” per un’altra strada, quasi a dire a tutti noi che, se si è contemplato il figlio di Dio in una casa, si ritorna nel quotidiano per un’altra strada, con un altro modo di interpretare la vita, con un altro stile nel nostro cammino tra case, piazze, deserti della vita. Dal basso.
E se ti prendi cura di uno che sta in basso, della sete di giustizia, vita, pace di chi ti sta vicino giungi alla soglia di Dio: ti riappare la sua stella, il cuore ti si riapre sul suo sogno, un’unica famiglia umana.
Esito un po’ e mi mancano le parole per il terzo punto: lo prendo da Gesù, da Gesù bambino.
Quando arriva Natale ci attiviamo tutti a “fare qualcosa per” e Gesù, invece, se ne sta calmo e pacifico a ricevere, a gustare l’affetto di Maria e Giuseppe, la visita e i doni di pastori e magi: si lascia amare, Lui che è l’amore.
Che non ci sia una indicazione preziosa per noi e per le nostre comunità così “indaffarate”? Che non ci sia l’invito a riscoprire il senso profondo e costruttivo del nostro limite, della nostra bisognosità? In fondo il messaggio del Natale è che siamo salvati da un Dio che si prende cura di noi perché si è lasciato prendere cura, perché ci ha detto, con il suo condividere il nostro limite e la nostra piccolezza, che ci si salva insieme.
Proviamo allora a saper vedere e valorizzare, ringraziando, tutti i gesti e le persone che ci amano e che amiamo e a riscoprire in questa dimensione di reciprocità il segno che abbiamo accolto l’Amore di Dio manifestatoci in Gesù.
“Da questo riconosceranno che siete miei discepoli: dall’amore che avrete gli uni per gli altri”.
“Amiamoci gli uni gli altri perché l’Amore è da Dio”.
don Marcellino
don Marcellino