Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli (Gv 13,35)
Ormai da qualche anno la nostra diocesi, nel tempo nel quale facciamo memoria del Mistero dell’Incarnazione, ci propone di valorizzare quattro giornate che sottolineano alcuni aspetti della nostra “vita sociale” - famiglia, vita, lavoro e malattia - e ci sollecita ad una attenzione particolare al tema dell’educazione.
Vivere il Mistero dell’Incarnazione, che abbiamo appena contemplato, significa prendere sul serio le dimensioni fondamentali dell’esistenza nelle nostre relazioni più significative. È proprio da qui, dice Gesù, che si riconoscerà il nostro essere suoi discepoli. Le parole di Gesù che fanno da traccia unitaria di queste giornate sono state da Lui pronunciate nell’Ultima Cena, secondo la tradizione di Giovanni, e sono presentate un po’ come lo statuto di fondazione della nuova comunità umana.
Egli aveva spiegato con il suo esempio che l’amore consiste nel servizio dell’uomo fino a dare la vita (lavanda dei piedi), poi aveva mostrato che questo servizio si estende a tutti, compreso il nemico (tradimento di Giuda), anche a costo della vita, escludendo così ogni violenza e mostrando che l’amore è più forte dell’odio.
Con queste parole (“da questo tutti riconosceranno che siete miei discepoli: dal fatto che avete amore tra voi”) compendia quanto prima aveva spiegato e ne fa il distintivo di coloro che lo seguono.
Quello che i discepoli apprendono dal loro maestro non è una dottrina, ma un comportamento, uno stile di vita, col quale mostreranno la possibilità dell’amore e di una società nuova: è la base indispensabile per l’annuncio del Vangelo.
La prima dimostrazione di amore per l’umanità consiste nel mostrare che si vive fraternamente di questo Amore Paterno.
E vorrei anche ricordare, in questi momenti così drammatici e confusi per l’umanità, che Giovanni situa il comandamento dell’amore fra il tradimento di Giuda e la predizione dei rinnegamenti di Pietro, quasi a volerci dire che sempre i suoi “amici”, ai quali ha “confidato” il Mistero del Regno, si troveranno in mezzo al mondo come alternativa di vita di fronte alla morte, di speranza di fronte alla disperazione, di amore di fronte all’odio.
Questo è il tesoro che dobbiamo “custodire” a favore dell’umanità.
In questa prospettiva comprendiamo meglio il sottotitolo dato alle parole di Gesù, che ci richiama al nostro stile di vita, che viene poi ulteriormente precisato nelle singole giornate - “Custodire le relazioni”, “Solidali per la vita”, “Condividere per moltiplicare”, “Una presenza che accompagna” - che avranno quindi sottolineature specifiche.
L’invito per ciascuno di noi è a saper valorizzare questi momenti con le loro proposte ed iniziative come un richiamo a cogliere la verità di alcune affermazioni forti di papa Francesco, che rischiano di essere “apprezzate” ma non tradotte nel concreto delle nostre esistenze, quando ci ricorda la dimensione sociale della Evangelizzazione: “Evangelizzare è rendere presente nel mondo il Regno di Dio… Nel cuore stesso del Vangelo vi sono la vita comunitaria e l’impegno con gli altri… Dio in Gesù non redime solamente la singola persona, ma anche le relazioni sociali tra gli uomini”.
Come possiamo ben capire non si tratta soltanto di porre in atto singoli gesti personali nei confronti dei bisognosi, ma si tratta di amare il Regno di Dio e di affrettarne la venuta sulla terra impegnandosi in tutti gli aspetti della vita umana, ridando valore forte alla solidarietà che, se intesa nel suo significato più profondo e di sfida, diventa uno stile di costruzione della storia.
don Marcellino