Prima della festa di Pasqua Gesù, sapendo che era giunta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine.
Carissimi, comincia così il racconto dell’ultima cena nel vangelo di Giovanni (13,1). E’ ormai imminente la festa della Pasqua nella quale il popolo ebraico celebra il passaggio dalla schiavitù alla libertà, ed è anche “giunta la sua ora di passare da questo mondo al Padre”.
Nella luce del passaggio che ha segnato la storia e la fede d’Israele, il passaggio di Gesù assume a tutto tondo i contorni salvifici: “questa è la vera Pasqua” risuona nel Preconio della veglia di Risurrezione e Gesù è “il vero Agnello”.
Ogni uomo nella vita compie un cammino segnato da molti passaggi ‘cruciali’ (il gioco di parole è quanto mai significativo) nei quali avvertiamo siamo richiamati agli interrogativi fondamentali dell’e-sistenza. La fede in Gesù offre il dono di poter chiamare croce il dolore dell’uomo. E così intravvedere la luce nel buio, la speranza nella prova, il compiersi della promessa nell’attesa.
Nell’anno del giubileo della misericordia la celebrazione pasquale è momento centrale perché proprio nella pasqua di Gesù la misericordia del Padre si rivela e si offre come grazia per ogni uomo.
Propongo di prepararci a vivere i giorni più sacri dell’anno facendo spesso l’esercizio di preghiera che il cardinale Martini propose in un corso di esercizi a dei missionari in terra d’Africa: guardare le miserie nostre e dell’umanità dal punto prospettico del costato trafitto di Cristo, cioè del suo cuore squarciato nel dono completo di sé per amore degli uomini.
Sarà uno sguardo che ci permetterà di riscoprire che, al di là della cronaca spesso minacciosa, raccapricciante e sconfortante dei nostri giorni, “le grazie del Signore non sono finite, non sono esaurite le sue misericordie. Si rinnovano ogni mattina, grande è la sua fedeltà.” (Lamentazioni 3,22-23).
Da questa contemplazione ne verrà la possibilità di accogliere e affrontare le prove di ogni giorno come l’occasione di aprirci all’amore di Dio nel servizio dei fratelli.
don Alfredo