LETTERA A TUTTI I FEDELI DELLA CHIESA AMBROSIANA
Anno pastorale 2010-2011 (5a puntata)
Va’ e anche tu fa’ così
La parola di Gesù sia una grazia e un impegno per te nel vivere il tuo servizio d’amore anche verso la Chiesa: la comunità nuova cui appartieni in forza del Battesimo.
Partecipa con gioia e generosità alla sua vita e alla sua missione. Per questo coltiva sempre uno spirito di sincera e operosa comunione con tutti e lasciati trasportare dallo slancio missionario di annunciare il Vangelo con la parola e con la vita: dappertutto, in chiesa e in ogni ambiente sociale.
Chiedi ai tuoi sacerdoti: che cosa è “La carta di comunione per la missione”? Dovrebbe coinvolgere tutti: tutti siano una cosa sola … perché il mondo conosca che tu mi hai mandato (Giovanni 17,22-23).
La comunità cristiana, ossia dei figli di Dio, è chiamata ad assumere sempre più il volto di “famiglia di famiglie”. Per questo tutti i fratelli e le sorelle nella fede e nella carità devono essere aperti e accoglienti, capaci di ascolto e comprensione, pronti alla condivisione. La visita alle famiglie è un’espressione semplice ma preziosa di vita ecclesiale missionaria: sia nella forma quotidiana, sia in quella legata al Natale (o alla Pasqua). Per quest’ultima ti chiedo di portare il tuo importante contributo perché sia compresa, desiderata, accolta e promossa (anche con la partecipazione dei fedeli laici).
La Chiesa in tutti i suoi membri è chiamata a rivivere ogni giorno, con i sentimenti della compassione e i gesti della carità, la vicenda di Gesù, il Buon Samaritano.
Ascolta anche tu “il grido del povero”, qualunque sia il suo volto e la sua indigenza o ferita. Potrai così assicurare autenticità e vivacità alla tua fede, perché si renda operosa per mezzo della carità (Galati 5,6).
SAN CARLO E LA VOCAZIONE DEL CRISTIANO
La vocazione del cristiano alla santità
Se non avviene l’incontro con Colui che chiama, come si potrà parlare di vocazione? Nella cultura del nostro tempo la persuasione che la vita sia una vocazione sembra dimenticata: è la conseguenza inevitabile dell’estraniarsi da Dio.
Solo in una visione unitaria dell’esistenza, permeata dalla grazia, si può pensare che la vita sia una vocazione, Oggi però la frammentarietà del vivere, la paura di fronte ad ogni scelta definitiva, la debolissima coscienza di pensare a Dio come al proprio inizio e la mancanza del desiderio della vita eterna, rendono fragile ed estranea l’idea stessa della vita come vocazione. Così non trova più una motivazione valida l’impegno necessario per mettere a frutto le capacità e le qualità delle persone al servizio del Regno di Dio e della società.
Solo una forte riscoperta di Dio, che dà inizio alla vita di ogni uomo, che lo accompagna nell’esistenza e lo aspetta al di là della morte, è in grado di restituire alla vita il fascino di una vocazione. Perciò essa va coltivata nella fede; per questo è necessario introdurre alla persona viva e concreta di Gesù, aiutare a sostenere un intimo e personale rapporto con lui. Chi incontrava san Carlo, si accorgeva di questo straordinario legame che lo univa a Cristo.
La vocazione del cristiano alla santità va coltivata nei bambini e nei ragazzi fin dai primi anni di vita, innanzitutto da parte dei genitori, che in questo hanno una preziosa e grande responsabilità. Il paziente e rasserenante esercizio della preghiera del mattino e della sera, un’adeguata e progressiva meditazione delle sante Scritture, la pratica frequente dell’esame di coscienza, la frequentazione di racconti e di uomini ispirati dallo Spirito di Dio possono rendere sempre più viva e certa la percezione della praticabilità della via della santificazione.
I giovani e gli adulti tengono viva la loro vocazione se imparano a stare vicini a Gesù, se diventano sempre più misericordiosi nel giudicare gli altri e sempre più esigenti nel mettere in discussione se stessi. Ad ogni età, soprattutto nei momenti di discernimento, la grazia è la luce che illumina e forza che trasfigura la vita. Solo così maturano scelte che hanno il sapore dello stile cristiano del vivere, pubblico e privato, in quanti sono docili agli inviti persuasivi del Signore.
Anche se si è circondati da stima e ammirazione, da salute e da ricchezza, non si può mettere a tacere una cristiana inquietudine circa l’altezza della propria vocazione e la modestia della propria risposta.
Bisogna restare più vicini a Gesù per essere sempre più coscienti del groviglio di esitazioni e di slanci, di amore e di paure che oggi si incontrano nel rispondere alla propria specifica vocazione. È necessario invocare dal Signore una libertà più lieta, una dedizione più totale, una consacrazione più tipica e definitiva.
Carlo Borromeo e la conversione della vita
In san Carlo vocazione e santità crescono insieme. Fissando lo sguardo su Gesù e meditando la sua Passione, il Borromeo si lascia toccare dall’insistenza del Signore nel chiamare i suoi amici a stare con lui, a seguirlo, e avverte un bisogno di forte imitazione. Perché è così solo il Signore, lui che è morto per tutti? E perché i figli di Dio continuano a lasciarlo in questa solitudine? San Carlo, di fronte ad alcune scelte della propria vita e davanti alle necessità pastorali della Chiesa, ha provato una profonda tristezza che lo ha portato a considerare con serietà l’intera esistenza. Che cosa devo fare?
La vera conversione del suo cuore verso l’amore per Gesù è coincisa con la scoperta della sua vocazione.
San Carlo invita anche noi ad entrare in questo sentire spirituale. Consideriamo le attenzioni che il Signore ha avuto per noi, la pazienza con cui ci ha istruito, le molte grazie che ci hanno custodito nel corso degli anni. Allora, in qualche momento di sincerità, ci può capitare di avvertire il sospiro di Gesù: ma non comprendete ancora? (Marco 8,21).
Ci può nascere nel cuore un anelito a superare ogni forma di paura o di mediocrità e avvertire quanto sia esigente la parola che ci chiama ad essere perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste (Matteo 5,48).
La vocazione, che innanzitutto è vocazione alla santità, va intuita, compresa, accolta e coltivata. San Carlo pregava a lungo nella notte, digiunava spesso, si confessava con molta frequenza, non si risparmiava nel lavoro. Le sue modalità sembrano a volte addirittura esagerate. Quando si ama, si esagera sempre. E a me sembra che nella ricerca della santità sia sempre necessaria una qualche esagerazione da cui non dobbiamo difenderci.
L’esempio di san Carlo è affascinante: egli vorrebbe essere tutto luce e invece quante ombre! Vorrebbe essere tutto fuoco e invece quanta tiepidezza! Pur avendo molti beni, si decide a venderli e a darli ai poveri: sente insostenibile la ricchezza, una zavorra indifendibile. Anche se potrebbe avere molti servitori ed evitare fastidi, si fa servo degli altri e non si sottrae a fatiche e pericoli: come accostarsi alla mensa del Signore senza provare imbarazzo di fronte all’esempio di Cristo e al suo sguardo penetrante? Anche se è molto stanco, non si concede un riposo troppo comodo: come, altrimenti, rispondere al Signore: Così, non siete stati capaci di vegliare con me una sola ora? (Matteo 26,40)! Anche se incontra molte contrarietà, critiche ingiuste, incomprensioni, non se ne stupisce: come, altrimenti, potrebbe presumere di partecipare alla stessa Passione di Gesù?
L’impegno profuso da san Carlo per l’impostazione del seminario diocesano secondo le direttive del Concilio di Trento, l’attenzione costante alla vita dei preti, i numerosi interventi per incoraggiare nuove forme di vita consacrata e per la riforma degli ordini religiosi tradizionali, non sono tanto l’espressione di una strategia organizzativa, quanto un’irradiazione della sua santità, che contagiava gente di buona volontà e suscita vocazioni e santità per la riforma della Chiesa.
(continua)