Nel cammino spirituale che la Chiesa ci propone di compiere durante l’Avvento, incontriamo delle figure di credenti che arricchiscono, con le loro “provocazioni di vita”, i nostri passi di discepoli del Signore.
Vorrei proporvi qualche richiamo che scaturisce dalle loro testimonianze e che può aiutarci nel cammino verso il Natale.
I profeti sono coloro che sanno scrutare in profondità nel cuore delle vicende umane, in mezzo a drammi, ingiustizie, sofferenze e lì colgono una “promessa annunciata”, un “compimento” che ci sarà, parlano di un Dio che “viene incontro” all’umanità, per trasformarla “dalla radice”: sono gli uomini dell’Attesa.
L’invito che ci rivolgono, allora, è quello a vivere l’Avvento come tempo che dichiara la nostra povertà, il nostro limite, la necessità di aprirci alle dimensioni di Dio, l’invocazione della sua venuta.
Recuperare una familiarità intensa con le loro parole ci permetterà di imparare a vivere della Parola, quella Parola che ci ricorda come la storia umana non sta vivendo una “assenza”, ma sta vivendo l’attesa di un compimento (Is ,6-9).
Giovanni Battista è l’uomo del deserto, dell’invito alla conversione.
Il deserto è, nella tradizione biblica, il luogo della mancanza di ciò che è superfluo nella vita e, nello stesso tempo, il luogo dell’essenziale: l’Amore di Dio che non ci farà mai mancare il “sostegno” per il cammino della vita.
A questa dimensione fondamentale dell’esistenza credente ci richiama a “convertirci” Giovanni, con le sue scelte e le sue parole.
Di fronte alle nostre delusioni e disillusioni nei confronti del mondo, della Chiesa, di noi stessi che fatichiamo a trasformarci, a rinnovarci, ad arrivare al “nocciolo” della nostra esistenza Giovanni ci dice: passa dalla parte di Dio, guarda le cose con i suoi occhi, partecipa alla vicenda umana con il suo cuore. L’invito allora è quello a vivere l’Avvento come tempo di rinnovata responsabilità verso questo mondo: le trasformazioni in noi, nella Chiesa, nella società in cui viviamo si faranno solo se noi le faremo (Lc 3,10-11).
Maria è la donna della radicale disponibilità a Dio, a lasciare che la sua vita sia radicalmente cambiata dalla sua Parola. È così che ci “istruisce” sul senso del Natale, ricordandoci con la sua scelta di vita che il Natale può venire solo se avviene dentro di noi. È vano attendersi che Gesù, l’uomo nuovo, nasca da solo: può nascere solo nelle persone che si aprono ad accoglierlo, entra nelle nostre case solo se noi ce lo portiamo, solo se vive dentro di noi, attraverso gli uomini e negli uomini che si amano, che accettano di aprirsi a Lui.
E tutto questo cambia la vita, porta gioia, fa diventare più buoni. Se l’amore non si corrompe e non degenera fa diventare generosi, altruisti, sereni … E questa condizione si riflette all’esterno, nei rapporti che abbiamo con gli altri, soprattutto con i più fragili, i più poveri.
L’invito quindi che ci sentiamo rivolti è quello a far vivere dentro di sé Gesù, a recuperare un rapporto personale, intenso con Lui, un rapporto di amore che lo fa diventare il cuore della nostra vita, della vita del mondo (Lc 1,38).