“Anche il profeta e il sacerdote si aggirano per il paese e non sanno cosa fare”
“Percorreva le strade della Palestina facendo del bene a tutti”
Da una parte viviamo un forte senso di smarrimento, di frustrazione, quasi di rassegnazione (non cambia nulla, che ci ritroviamo a fare, è una perdita di tempo), dall’altra sentiamo profonda l’esigenza di avere una meta nel nostro cammino, un senso al nostro fare che sostenga e motivi i nostri passi.
Vorrei, quindi, proporvi una breve riflessione che ci aiuti a riscoprire l’importanza (certo una importanza relativa) dei nostri momenti di incontro, scambio, riflessione, discussione … consiglio.
Ho detto una importanza “relativa”, perché sono ben cosciente che la fede si professa non con le “riunioni” (anche!), ma soprattutto con la vita: credere è agire, operare, attivarsi … vivere.
Che forma, che modalità, che “spirito” debba assumere questo agire, questa vita “credente” il cristiano non lo decide da sé, non è semplicemente una “opinione individuale”: il modo di vivere cristiano lo si “impara” da Gesù, lo si riceve da Lui, dal suo Spirito che ci fa “ricordare” (ci riporta al cuore) ciò che Lui ha detto e fatto.
Il dono grande “comunicatoci” da Gesù è la rivelazione della nostra comune figliolanza divina …
Da qui scaturisce l’idea di fraternità, che pone in primo piano il legame indissolubile che lega ciascuno a tutti gli altri, oltre le appartenenze di razza, cultura, affinità ideologiche, simpatie o comunanza di progetti …
Le indicazioni di Gesù al riguardo sono molto chiare: non è la logica della “carne e del sangue”, che ci tiene uniti, che ci rigenera come “figli/fratelli, figlie/sorelle”, ma la logica dello Spirito, che ci fa riconoscere in Gesù il primogenito che ci rivela la nostra dignità e, quindi, la vera qualità delle relazioni fra credenti, che abbraccia poi l’intera umanità, al servizio della quale è orientata l’esistenza della Chiesa.
Recuperiamo qui il senso profondo, anche se sempre relativo, dei nostri incontri: aiutarci a costruire uno stile di vita personale e comunitario che si esprima, con la maggiore chiarezza possibile, la nostra identità di Chiesa come fraternità che attinge continuamente alla Memoria di Gesù, per diventare sempre più capace di comunicare l’Amore di Dio per il mondo, credere è sentirsi parte di una comunità che incarna nel mondo la novità portata da Gesù: appunto fare la propria parte.
Mi pare allora importante cogliere il valore del nostro “ritrovarci”, del “non mancare”, del portare il proprio contributo che non consiste innanzi tutto nelle proprie idee, ma nel proprio modo di stare nella comunità e nel mondo, vivendo una relazione profonda con il Signore ed una solidarietà vera con gli uomini.
Abbiamo bisogno gli uni degli altri, per scoprire “che cosa fare” e non aggirarci per il mondo senza una meta…
Il “consiglio” è un dono che chiediamo allo Spirito, il “consigliarci” tra cristiani è un frutto maturo della nostra esperienza fraterna, una dimensione delle nostre relazioni che esprime la loro profondità.
Non facciamoci mancare questo dono.
Don Marcellino