Il “tempo pasquale” è il tempo nel quale la nostra comunità celebra i sacramenti dell’Iniziazione cristiana; in particolare domenica 18 maggio vivremo questo momento accompagnando i ragazzi che celebreranno Cresima e Comunione.
Vorrei proporvi una breve riflessione al riguardo per richiamarci come una comunità cristiana non deve mai dare per scontate le sue azioni fondamentali, deve, invece, continuamente riprenderle per vivere di esse e lasciarsene plasmare. Questo impegno, sempre necessario, è particolarmente indispensabile oggi per i sacramenti.
Credo che tutti abbiamo presente la serietà del problema pastorale dei sacramenti, che magari si evidenzia in termini più “preoccupanti” in occasione di “celebrazioni di Battesimo, Cresima, Prima Comunione”, ma che riguarda più vastamente “i ritmi normali” della vita comunitaria: le nostre Eucaristie domenicali, per esempio, o il fatto che tutti noi siamo battezzati/cresimati.
Mi pare cioè che il problema sia la distanza che permane tra i sacramenti, la fede che esigono e la proposta di vita che offrono, ed il comportamento (e i “criteri” di comportamento) della comunità cristiana complessivamente considerata, che “si vede” poi in misura più evidente in alcuni momenti più “ufficiali”.
Si tratta, penso, di ripensare e riformulare il valore e il significato stesso dei sacramenti nella vita della comunità credente, in un contesto come il nostro di marginalità culturale e accantonamento pratico della fede.
Essi sono, infatti, la struttura fondamentale della esperienza cristiana, come esperienza di fede, perché la fondano nella morte e risurrezione di Gesù che, così, continua ad operare per il bene della sua Chiesa e la salvezza del mondo.
In questa prospettiva sono i gesti attraverso i quali il vissuto di Gesù, celebrato nella fede, diventa suscitatore del nostro vissuto.
Lì andiamo ad attingere, ad accogliere, a dire “Amen” al senso della nostra vita, della nostra storia che Dio ci dona: ritroviamo le nostre radici.
Certo, la celebrazione non è tutto: vive di un cammino di fede che deve precederla e si continua in una testimonianza di vita che la segue. In questo senso vanno tutti gli sforzi educativi di coloro che “iniziano e accompagnano” ragazzi e comunità all’incontro con Gesù, con il Mistero della sua Pasqua: aiutare a vivere l’intimo legame tra liturgia e vita, cogliendone e vivendone la profonda coerenza.
Ci si può accostare ai segni liturgici della presenza di Cristo solo se la si sa riconoscere in quegli altri segni storici che sono i poveri, ai quali è destinato l’Evangelo di salvezza. È l’insegnamento di Gesù e dei profeti.
Credo sia qui l’origine e l’originalità della nostra fatica pastorale: non riusciamo a “formare” il modo di vivere e di interpretare la vita delle persone.
Una migliore comprensione della vita cristiana restituirà ai sacramenti la loro verità e questi daranno alla vita cristiana la sua forza e la sua originalità, fondata sulla gratitudine per l’amore di Dio e sulla gratuità delle relazioni fraterne.
don Marcellino