don Alfredo
La definizione più comune rimanda il significato della parola (verbo) educare alle radici latine ex ducere = tirare fuori, rendere realizzabile (visibile) ciò che è possibile, ciò che è implicito in ogni persona, fin da bambino: la sua potenza, le sue potenzialità, il suo valore di persona, la sua dignità umana. Ma non basta. Educare significa soprattutto un atto di reciprocità. Chi educa è anche educato e il suo sapere si gioca nell’atto del-l’educazione. Educare non è solo formare. Educare è costruire insieme identità e futuro. Per questo la scuola, in una comunità educante, svolge un ruolo primario verso gli studenti, che debbono apprendere certo i contenuti del programma ufficiale, ma anche il pensiero creativo, sintetico e soprattutto etico. Per questo, grande è il ruolo degli insegnanti che sono i primi modelli, ma certamente essenziale è anche il ruolo che la comunità può svolgere, non solo per integrare, ma confermare ed espandere i concetti e i valori attraverso buone pratiche e buon lavoro.
Il pensiero etico non si apprende se non attraverso un agire, un contesto che si fa buono, cioè etico; un contesto in cui le persone hanno il diritto di capire perché fanno/imparano ciò che fanno e come questa conoscenza possa essere messa al servizio di fini costruttivi. Le istituzioni debbono dunque per prime ga-rantire e garantirsi di essere luoghi etici anche per offrirsi come parametri di riferimento a tutti quei luoghi di lavoro, associazioni pubbliche e di volontariato che intendono agire per essere innanzitutto luoghi educativi. Diventa perciò centrale riflettere sul rapporto fondamentale che esiste tra educazione e democrazia.
L’educazione è il compito più importante della democrazia. Infatti il maggior pericolo per la democrazia è l’ignoranza.
L’ignoranza pericolosa, quella che mina alle radici il senso dell’e-ducazione e della democrazia stessa, è quella della persona che non è capace di cambiare, di persuadere e di essere persuaso perché non riconosce altra identità e verità se non la sua. Una società plurale come quella in cui viviamo ha bisogno, come non mai prima di ora, di persone che sanno assumersi responsabilità delle proprie opinioni, ma che sanno accettare che le proprie opinioni possano cambiare nel confronto con quelle degli altri.
Una comunità educante è dunque una comunità che consente tempi e luoghi ove processi (di confronto e dibattito) possano avere luogo. È una comunità ove al concetto di solidarietà si affianca, fino ad integrarlo, quello di partecipazione. Infatti non vi è vera solidarietà se non vi è conoscenza e riconoscenza, e non si crea un rapporto di reciprocità. Solidarietà non è da darsi o offrirsi a qualcuno che è o si sente escluso, limitato, ma è piuttosto un riconoscersi in qualcuno, dandogli e dandoci dignità. Allora il legame che mi lega all’altro non è solo cura ma è curiosità, desiderio di conoscenza, responsabilità. La responsabilità diffusa di una società di relazioni. Una comunità ed una città educante è quella che educa i propri cittadini, ma che si fa anche educare, cambiare dai propri cittadini…
La definizione più comune rimanda il significato della parola (verbo) educare alle radici latine ex ducere = tirare fuori, rendere realizzabile (visibile) ciò che è possibile, ciò che è implicito in ogni persona, fin da bambino: la sua potenza, le sue potenzialità, il suo valore di persona, la sua dignità umana. Ma non basta. Educare significa soprattutto un atto di reciprocità. Chi educa è anche educato e il suo sapere si gioca nell’atto del-l’educazione. Educare non è solo formare. Educare è costruire insieme identità e futuro. Per questo la scuola, in una comunità educante, svolge un ruolo primario verso gli studenti, che debbono apprendere certo i contenuti del programma ufficiale, ma anche il pensiero creativo, sintetico e soprattutto etico. Per questo, grande è il ruolo degli insegnanti che sono i primi modelli, ma certamente essenziale è anche il ruolo che la comunità può svolgere, non solo per integrare, ma confermare ed espandere i concetti e i valori attraverso buone pratiche e buon lavoro.
Il pensiero etico non si apprende se non attraverso un agire, un contesto che si fa buono, cioè etico; un contesto in cui le persone hanno il diritto di capire perché fanno/imparano ciò che fanno e come questa conoscenza possa essere messa al servizio di fini costruttivi. Le istituzioni debbono dunque per prime ga-rantire e garantirsi di essere luoghi etici anche per offrirsi come parametri di riferimento a tutti quei luoghi di lavoro, associazioni pubbliche e di volontariato che intendono agire per essere innanzitutto luoghi educativi. Diventa perciò centrale riflettere sul rapporto fondamentale che esiste tra educazione e democrazia.
L’educazione è il compito più importante della democrazia. Infatti il maggior pericolo per la democrazia è l’ignoranza.
L’ignoranza pericolosa, quella che mina alle radici il senso dell’e-ducazione e della democrazia stessa, è quella della persona che non è capace di cambiare, di persuadere e di essere persuaso perché non riconosce altra identità e verità se non la sua. Una società plurale come quella in cui viviamo ha bisogno, come non mai prima di ora, di persone che sanno assumersi responsabilità delle proprie opinioni, ma che sanno accettare che le proprie opinioni possano cambiare nel confronto con quelle degli altri.
Una comunità educante è dunque una comunità che consente tempi e luoghi ove processi (di confronto e dibattito) possano avere luogo. È una comunità ove al concetto di solidarietà si affianca, fino ad integrarlo, quello di partecipazione. Infatti non vi è vera solidarietà se non vi è conoscenza e riconoscenza, e non si crea un rapporto di reciprocità. Solidarietà non è da darsi o offrirsi a qualcuno che è o si sente escluso, limitato, ma è piuttosto un riconoscersi in qualcuno, dandogli e dandoci dignità. Allora il legame che mi lega all’altro non è solo cura ma è curiosità, desiderio di conoscenza, responsabilità. La responsabilità diffusa di una società di relazioni. Una comunità ed una città educante è quella che educa i propri cittadini, ma che si fa anche educare, cambiare dai propri cittadini…