Domenica 10 settembre si è svolta la giornata di inizio anno pastorale. Ecco il brano di vangelo del Vangelo di Luca (cap. 1) e la prima parte della riflessione che viene proposta a tutti perché sia fatta oggetto di meditazione, riflessione e condivisione. Dalla raccolta degli spunti già iniziata domenica scorsa e che è possibile arricchire col proprio contributo scritto o a voce, il Consiglio Pastorale raccoglierà le sottolineature da richiamare nei vari momenti dell’anno pastorale. Buona lettura!
39 In quei giorni Maria si mise in viaggio verso la montagna e raggiunse in fretta una città di Giuda. 40 Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. 41 Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino le sussultò nel grembo. Elisabetta fu piena di Spirito Santo 42 ed esclamò a gran voce: «Bene-detta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! 43 A che debbo che la madre del mio Signore venga a me? 44 Ecco, appena la voce del tuo saluto è giunta ai miei orecchi, il bambino ha esultato di gioia nel mio grembo. 45 E beata colei che ha creduto nell'adempimento delle parole del Signore».
46 Allora Maria disse: «L'anima mia magnifica il Signore 47 e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, 48 perché ha guardato l'umiltà della sua serva…
46 Allora Maria disse: «L'anima mia magnifica il Signore 47 e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, 48 perché ha guardato l'umiltà della sua serva…
56 Maria rimase con lei circa tre mesi, poi tornò a casa sua. 57 Per Elisabetta intanto si compì il tempo del parto e diede alla luce un figlio.
La storia sacra è il racconto della visita di Dio agli uomini: Lui non smette di visitarci in ogni epoca della vita dell’umanità e delle persone. Nell’anno che inizia vogliamo anzitutto risvegliare la meraviglia per l’amore di Dio che non smette di farci visita! Ed anche esercitarci a riconoscere i segni del suo passaggio nella nostra vita coltivando la virtù della vigilanza cristiana che è la capacità di cogliere la presenza di Dio che visita il suo popolo. In particolare presteremo attenzione a come Lui ci visita attraverso i nostri anziani e gli stranieri (cfr. i punti del programma dello scorso anno su lo sguardo di Gesù pastore).
Iniziamo sostando sul brano cosiddetto della “Visitazi-one” ricordando che è Lui il protagonista di questo in-contro, seppur nascosto agli occhi. Poi osserviamo che l’annuncio della “buona notizia” in Luca inizia con la presentazione di una coppia di vecchi sposi: Zaccaria ed Elisabetta mentre la conclusione del suo “vangelo dell’infanzia” ci fa conoscere il vegliardo sacerdote Simeone e la vecchia profetessa Anna. A pensarci bene un inizio un po’ strano per un racconto che ha la pretesa di introdurci alla scoperta dei disegni di Vita di Dio per l’umanità.
Certo dobbiamo raccogliere questo dato in controtendenza con gli orientamenti del mondo di oggi: il Vangelo non teme di chiamare le cose col proprio nome nemmeno quando deve dire di una persona che è vecchia o di un’altra che è morta. Le grandi paure che dettano tendenza nella nostra società (quella del giovanilismo a tutti i costi o il tentativo di nascondere la morte e il soffrire…) non influenzano le figure bibliche e non certo per distanza di tempo o cultura.
La Bibbia comincia col racconto di Abramo che “aveva settantacinque anni quando lasciò Carran” (Gn 12,4) e ci presenta diverse storie di longevità feconde, pronte per nuovi inizi. Proprio la pagina della Visitazione di Maria ad Elisabetta ci ricorda la prospettiva costante de lo sguardo della sacra scrittura sulla “terza età”. La cugina e suo marito sono un dono di ricchezza inestimabile per Maria. Nella loro “vecchiaia” (per usare l’espressione dell’angelo Gabriele di Lc 1,36) sono portatori dell’esperienza umana e di fede di tutta una vita e possono testimoniare alla giovane e inesperta ragazza di Nazareth la fedeltà del “Dio della promessa”. Tra l’altro Elisabetta è discendente della casa di Aronne (Lc 1,5) e quindi segno del legame con la grande storia della salvezza che invece ha sempre ignorato le vicende del villaggio di Nazareth (mai citato finora nell’AT; per cui Natanaele può esclamare: da Nazareth può ve-nire qualcosa di buono? Gv 1,49).
Possiamo leggervi la risorsa che sono i nonni per figli e nipoti, oggi più che mai. Questi ultimi vivono in un mondo ormai lontano dal racconto delle grandi azioni di salvezza di Dio, e la lontananza è soprattutto rispetto al significato che viene dato al vivere in tutte le sue dimensioni.
Proprio questo modo di intendere la vecchiaia è confermato dai gesti e dalle parole di Maria. Erroneamente infatti si è legata questa visita ad Elisabetta alla volontà di servire la cugina in un parto particolarmente a rischio vista la tarda età (nb: aveva tenuta nascosta la sua gravidanza per cinque mesi - Lc 1,24 - certo memore dei tentativi non riusciti in precedenza). E’ lecito e bello pensare che Maria, la “serva del Signore” (Lc 1,38), non sia stata con le mani in mano come l’ospite d’onore da riverire... Colei che si era dichiarata pronta a servire Dio iniziava a farlo mettendosi a servizio delle persone a lei vicine, tra queste Elisabetta. Ma chiaramente lo scopo di questa visita non è anzitutto per un servizio di carità. O, meglio, la carità più grande non è quella che compie Maria nei confronti della cugina ma viceversa è la carità di un servizio “di fede” che solo Elisabetta, con Zaccaria, possono offrirle e che Maria raccoglie ed esprime con il suo Magnificat a Dio. Potremmo dire che il cantico di Maria è frutto di quei tre mesi vissuti con loro. Si perché la visita di Dio domanda di essere compresa attraverso l’incontro e la testimonianza dei fratelli. Le nostre due donne si offrono il reciproco servizio di aiutarsi a riconoscere il dono, la benedizione di Dio nella loro vita: ecco il valore aggiunto del dialogo di fede tra generazioni!
Quale passaggio di testimone è avvenuto in quei giorni! Quale densità di comunicazione si è realizzata tra loro (nonostante la differenza di età e il mutismo che ha colpito Zaccaria dopo la visione al tempio… - Lc 1,20.22). Chi, come loro, è “giusto davanti a Dio” e osserva i suoi comandamenti (Lc 1,6), chi è vero e cerca con umiltà la verità, può diventare capace di una comunicazione così.
Dunque Maria riceve da loro la testimonianza di una fede matura che è passata al vaglio delle tante prove della vita rendendola feconda proprio nei momenti e nelle situazioni in cui tutti “la dicono sterile” (Lc 1,36). Se la vecchiaia è stagione per definizione sterile perché volta all’inesorabile declino della vita, non così la vecchiaia di questa coppia, nè quella di Abramo e Sara… La prospettiva della fede ribalta il modo di intendere il percorso verso “la fine della vita” perché lo trasforma ne “il fine”, “il compimento” della vita stessa.
Quale eredità ci aspettiamo di ricevere alla morte dei nostri vecchi? La risposta è certo scontata: “noi non siamo interessati ai beni economici frutto dei loro sacrifici e risparmi, bensì ai valori che hanno cercato di trasmetterci con l’esempio e l’impegno di una vita”... In verità la risposta va ricercata osservando il modo con cui dei nostri vecchi ci prendiamo cura, a loro prestiamo ascolto e coi loro valori ci confrontiamo veramente interrogandoci sui criteri delle nostre scelte e dei nostri giudizi.
Dal vocabolario ricaviamo che la parola “anziano” deriva dal latino “antianus”, cioè ante-nato: nato-prima. È la relazione che rende significativa e valorizza ogni età e la reciprocità fa di ognuna un dono per l’altra. La scommessa a cui siamo chiamati è favorire questa valorizzazione nella reciprocità: riaffermare che nella relazione, intesa come “uscita da se stessi” per il “dono d’amore reciproco”, sta il compimento e la fecondità di ogni istante e fase di vita, anche quella più vicina al - alla - fine. Che belli Elisabetta e Zaccaria (!) nella loro fedeltà a Dio per tutta la vita, anche nel silenzio apparente di un Dio che non compiva le loro attese. Che bello lo sguardo di Elisabetta (!) che, anziché parlare di se stessa, pronuncia parole di bene (“benedice” Lc 1,42) nei confronti di Maria e del dono che porta in grembo.
Ma che bella anche la giovane Maria (!) che “si alza e in fretta raggiunge una località montuosa” (Lc 1,39) per incontrarli. Proviamo ad immaginare che cosa portava in cuore iniziando questo viaggio: tra slancio di coraggio e voragine di solitudine. Che bella la sua capacità di iniziativa, la sua volontà di affrontare anche percorsi impegnativi e rischiosi, la sua umiltà, generosità e la sua gioia contagiosa… Soprattutto la bellezza di Maria risplende nella sua disponibilità a lasciarsi ospitare dalla cugina (quanta fatica costa a noi questa cosa che Maria pare compiere con grande naturalezza!): il tutto nella semplicità delle parole e dei gesti di un saluto.
Per dei ragazzi e giovani come lei la ‘lezione’ (che in realtà abbiamo detto è una ‘benedizione’) degli anziani è una sorgente fresca a cui abbeverarsi e non cantilena noiosa e ripetitiva da cui fuggire.
E’ utile sottolineare come il nostro brano è parabola della vita dell’uomo che è continuamente in cammino verso una casa: Maria passa dalla “casa di Zaccaria” (Lc 1,40) per arrivare a “casa sua” (Lc 1,56). La strada e la dimora sono temi ricorrenti in tutta la storia della salvezza e in particolare nella vicenda umana di Gesù perché sono le due dimensioni nelle quali è racchiusa l’esperienza umana ed anche il suo destino eterno. Certo una strada e un’abitazione non qualunque! Infatti non basta aver camminato anche molto per aver fatto ‘strada’, come non basta abitare una casa pur bella perché sia sentita come propria e per questo accogliente… Potrebbe essere interessante tornare su questo spunto per interrogarci, ciascuno per la propria responsabilità, su le condizioni che rendono il nostro percorso ed anche le nostre dimore spazi aperti alla benedizione di Dio per noi e per i fratelli che condividono con noi l’esistenza.
Dio non smette di visitarci!
Da questi semplici spunti raccolti nella lettura del brano di Vangelo proviamo ora a chiederci:
Quali anziani? Qual è in genere la condizione dell’anziano tra noi? Quali sono le condizioni che li espongono maggiormente alla durezza della vita, alla fragilità, all’insignificanza, alla tristezza, al desiderio di morire? Quali risorse, servizi e attenzioni sono rivolte a loro nel quartiere? Quale cura “pastorale” è in atto nelle nostre due comunità parrocchiali? Con quali carenze, vuoti e desiderata?
Quali giovani? La bellezza del cuore di Maria, la sua umiltà, disponibilità, generosità, preghiera, ricerca di significato… sono ancora presenti nei nostri bambini, ragazzi e giovani. Ma quali sono i modi per permettere loro di esprimere al meglio tutto questo? Cosa attenta alla bellezza della loro età? Quale protagonismo hanno o possono avere nella vita delle loro famiglie e della comunità cristiana quali soggetti attivi di evangelizzazione e di vita buona?
Quali adulti? Le parole di Elisabetta a Maria interrogano adulti e anziani sullo sguardo nei confronti dei ragazzi e dei giovani… Come aiutarci a far si che le tante difficoltà e preoccupazioni non spengano la fiducia e capacità di bene-dire nei loro confronti?
Come gli adulti vivono il rapporto con la “vecchiaia” e la “morte”? Come incide sul proprio stile di vita e sulle attenzioni sia verso i propri anziani che verso i propri figli? Quale rapporto in genere è vissuto tra adulti e anziani? Quali le difficoltà ricorrenti o le necessità più frequenti? Come i genitori possono giocare un ruolo importante per favorire l’incontro fruttuoso tra anziani e ragazzi?