Gli indici numerici sono stati buoni: erano molti i ragazzi del quartiere che sono intervenuti anche se non in modo continuativo e altrettanti i giovani da Milano e fuori città e persino da Parigi e da Sarajevo.
Il favore è stato tutto positivo e così anche il giudizio sulla qualità degli interventi e lo spessore dei relatori.
E poi che dire dell'organizzazione efficiente, del lavoro meticoloso e puntuale dei volontari delle nostre parrocchie, dell'accoglienza delle famiglie o della rete creata con molte realtà istituzionali e di volontariato di Milano! Insomma, un vero successo.
Eppure in me si agita più di un'inquietudine
Il campus è stato evento di denuncia.
Il tema così impegnativo “Giustizia è Pace”, pian piano che veniva affrontato sotto diverse angolature – criminalità, stili abitativi, economia e lavoro, disparità economiche fra il nord e il sud del mondo, i diritti violati dei cittadini milanesi – pian piano che veniva presentato dalla biografia di persone giuste nel tempo del male, mi ha reso disincantato rispetto alla nostra realtà, ha acceso una stizza per le tante ingiustizie che si consumano nel nostro quartiere, diritti violati fra le nostre strade, nelle nostre famiglie, nelle scuole. E, cosa ancora peggiore, accorgermi che molti di noi le subiscono accettandole come normalità! Vivere nel degrado, subire la disoccupazione, abituarsi alla delinquenza, vedere che molti ragazzi hanno accesso alla droga fin da piccoli, vivere oltre un muro alzato da un altro pieno di pregiudizi non è tollerabile, non è Giusto, mina alle fondamenta la stabilità sociale, rende impossibile costruire percorsi di pace che non siano solo stucchevoli strette di mano o sorrisi spenti. A volte sogno che il fuoco di giustizia possa divampare anche nel cuore dei nostri giovani! E si sa che i sogni, le utopie, i desideri di un mondo diverso, una volta innescati, sono difficili da imprigionare.
Il campus è stato evento che ci obbliga a ripensare la prassi educativa in quartiere
Sarebbe un'occasione sprecata se l'intreccio proficuo che è emerso fra i molti attori educativi che hanno partecipato a quella settimana – cooperative, scuole, oratori del decanato, associazioni – si limitasse ad un assenso solo formale sui temi trattati. Credo che adesso inizi una sfida ben più ardua: unire le forze e rinnovare le azioni concrete nei confronti dei minori, tante, che avvengono in quartiere. Cosa significa educare i ragazzi alla legalità e lottare con loro e per loro contro la corruzione? Come non dissipare le risorse e prestare attenzione al grido di tanti fratelli che abitano le aree più critiche del mondo e che, in scala ridotta, popolano ormai la nostra città avanzando il diritto di sicurezza e benessere? Cosa vuol dire ricercare assieme la Verità ognuno percorrendo il sentiero della propria spiritualità e religione? Come rendere i giovani cittadini attivi, protagonisti per mettere mano alle disparità del nostro quartiere? Dopo il campus gli educatori di professione e volontari dovrebbero trovare il coraggio di sedersi assieme e fare squadra.
Il campus è stato evento costellato di piccoli segni di speranza Confesso che la cosa che più mi ha appassionato di quella settimana non sono state le relazioni ma i volti e le storie che si sono intrecciati nel nostro oratorio.
I volti dei ragazzi delle diverse città che imparavano a dialogare oltre gli ostacoli della lingua e condividevano pensieri ed esperienze allargando i propri orizzonti. Sono state le lacrime di chi ha assistito allo spettacolo di Roberta Biagiarelli venerdì sera; i volti segnati dalla fatica dei volontari eppure sempre premurosi ed accoglienti; l'estro delle mamme di origine araba che, finalmente protagoniste, hanno regalato una squisita cena a più di 100 persone; è stata la notizia che quest'anno a St. Dénis, quella banlieu di Parigi così provata, salita alle cronache mondiali per le violenze inascoltate degli anni '90 e per essere il contesto da cui è scaturita la follia degli attentatori degli ultimi anni, replicheranno a modo loro un campus della pace, il 18 marzo, perché cristiani e musulmani si incontrino e progettino assieme un futuro diverso.
Che questa speranza accenda la nostra Fede e infine la Carità. E allora sarà Pace perché sarà Giustizia.
don Giovanni