Ma che tempo è quello che stiamo vivendo?
Ci siamo detti all’inizio dell’anno pastorale che dobbiamo imparare a discernere nella fede il tempo che stiamo vivendo, partendo quindi dalla consapevolezza che anzitutto è un tempo abitato dallo Spirito del Risorto, è una porzione di storia della salvezza perchè redenta dall’amore misericordioso del Padre.
Fare discernimento è sempre cosa difficile per lo scorrere veloce degli avvenimenti della nostra vita e della vita del mondo in cui siamo immersi, che domanda ferma decisione, paziente ascolto e concrete scelte.
Senza una ferma decisione non si giunge mai a niente. Santa Teresa d’Avila raccomandava alle sue novizie la “determinata determinazione” di pregare, ben sapendo quanto è difficile l’esercizio della preghiera. Anche la fatica del discernimento nella fede chiede la decisione coraggiosa, da rinnovare ogni giorno, di non accettare di rimanere sulla superficie della cronaca personale, famigliare, sociale, ecclesiale… E’ troppo importante decifrare i segni che il Signore offre in questo tempo per non subire passivamente gli avvenimenti e per divenire liberi e lieti collaboratori dell’azione dello Spirito di Dio nel mondo (i cristiani non dovrebbero essere così?).
Il Signore infatti non ha smesso di parlare agli uomini e continuamente rivolge al nostro cuore il suo messaggio di salvezza. Egli ci invita, come ricordava un noto teologo protestante, ad ascoltarlo tenendo in una mano la Bibbia e nell’altra il giornale, cioè leggendo la vita alla luce della fede. Ascoltare è un’arte, si può apprendere e richiede molta pazienza, sacrificio, ma è un sacrificio fecondo perché se quando uno parla ripete ciò che già sa, quando uno ascolta può arricchirsi imparando cose nuove. E utile verificarsi sulla capacità di ascolto, dei famigliari, di vicini e amici e più ancora del nostro cuore e del Signore nella preghiera. Senza ascolto nemmeno l’annuncio della risurrezione di Gesù potrà raggiungerci e aprirci alla speranza.
Infine il discernimento deve giungere a concrete scelte, non è infatti un esercizio di fantasia, teorico, astratto. Scegliere è una capacità che distingue l’uomo dalle altre creature. Scegliere non è facoltativo per l’uomo se vuole vivere: chi non lo fa delega gli altri a scegliere per lui, rinuncia ad essere pienamente uomo. Ogni scelta è esposta alla possibilità di sbagliare, perciò non va improvvisata. E’ triste vedere che molte persone hanno già pronte risposte e soluzioni per ogni cosa. Come pure scoraggia costatare che, anche in contesti ecclesiali, dopo gli inviti a mettersi in gioco aperti al futuro di Dio si ricade per inerzia e paura nel “si è sempre fatto così” o nel nostalgico “una volta si che...”.
Prendere sul serio il momento presente alla luce della fede è scommettere ancora sull’annuncio della risurrezione come fondamento di ogni progetto educativo, di ogni relazione tra fratelli nella fede nella comunità e della fraternità universale con ogni uomo e donna sulla terra.
Se questo è il nostro fondamento gusteremo la gioia della Pasqua di Gesù, altrimenti ci parranno “vaneggiamenti” come apparvero agli apostoli le parole delle donne di ritorno dal sepolcro vuoto.
Buona e Santa Pasqua a tutti!
don Alfredo