LETTERA A TUTTI I FEDELI DELLA CHIESA AMBROSIANA
Anno pastorale 2010-2011
CARISSIMI, CON UNA CERTA AUDACIA, CHE SEMBRA QUASI INATTUALE, OSO PROPORRE A TUTTI VOI UNA RISCOPERTA DEL CRISTIANESIMO E DEL SUO “SEGRETO.
Vorrei quest’anno entrare con voi nella luminosa cattedrale della fede che il Signore ci ha donato, entrarvi con passi decisi ed essenziali, accompagnato da san Carlo, il quale ebbe la forza di cambiare radicalmente la propria vita, si dedicò alla vera ricerca di Dio e si prese cura con coraggio del suo popolo. San Carlo e, dopo di lui, molti arcivescovi, miei predecessori hanno amato la nostra Diocesi e la sua gente facendosi prossimi, perché non accadesse mai che il prossimo conoscesse la morte.
La ricorrenza del quarto centenario della canonizzazione di san Carlo Borromeo (1610-2010), anche in continuità con la tradizione dei diversi anniversari del nostro patrono, mi ha convinto a proporre la santità, che è l’espressione matura del cristianesimo, come prospettiva centrale e unificante del percorso pastorale per l’anno 2010/2011: Santi per vocazione!
DA GERUSALEMMEA GERICO
Il cammino della santità
La santità, per la grazia dello Spirito santo, è l’ingresso nella vita di Dio. Questa è la verità stupenda e commovente che siamo chiamati a vivere con timore e gioia.
La santità di Dio è il suo amore per l’umanità e per la sua storia, un amore che nulla e nessuno possono mai stancare. È la luce in cui non ci sono tenebre; è la comunione in cui tutti troviamo salvezza, riposo e conforto; è la vita, quella eterna e felice. Siate santi perché io sono santo, dice il Signore (Levitico 11,44).
La sintesi della vita di un cristiano, dunque, si dà in un’esistenza santa.
Di conseguenza la santità è un segno distintivo del popolo di Dio ed è un tratto della vera natura e del volto autentico della Chiesa. Infatti professiamo la nostra fede dicendo: Credo la Chiesa una, santa, cattolica e apostolica. Tutti i figli di Dio sono chiamati a diventare pietre vive di questa cattedrale spirituale: siete costruiti anche voi come edificio spirituale, per un sacerdozio santo e per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, mediante Gesù Cristo (1 Pietro 2,5).
Mettere al centro la santità come il filo conduttore di un percorso pastorale esprime la necessità di ritornare alla sorgente e di appoggiarsi sul fondamento solido e incrollabile, cioè su Cristo Gesù, pietra viva, rifiutata dagli uomini, ma scelta e preziosa davanti a Dio (1 Pietro 2,4).
L’esempio di san Carlo ai rivela convincente ed attraente. L’esemplarità della sua vita e l’incisività della sua opera di pastore e di riformatore sono il frutto dell’intensità del suo amore per Cristo crocifisso. La sua grandezza nasce dalla profondità della sua fede e dalla totalità della sua dedizione alla missione ricevuta: in una parola, dalla sua santità.
La strada che vogliamo percorrere, sulle orme di san Carlo, si disegna tra le righe di una pagina biblica molto attuale - quella del Buon Samaritano - e si snoda in tre tappe: la contemplazione del Crocifisso, l’urgenza di una rinnovata dedizione per la santità della Chiesa e la conversione del cuore per riscoprire la bellezza e la serietà della vocazione che Dio ci dona.
Sulla strada del Buon Samaritano
In questi anni, mentre anch’io percorrevo la strada della mia vita e del mio ministero di vescovo, ho imparato molte cose e ho constastato da vicino che il Signore non mi ha mai abbandonato, così come non ha mai abbandonato la sua Chiesa. Più volte mi sono reso conto che la parabola evangelica del Buon Samaritano deve essere riscritta da ogni cristiano, lungo la storia: dalle pagine del Vangelo deve entrare nel libro della vita, della vita di ciascuno e di ogni giorno. Ancora oggi molti scendono da Gerusalemme a Gerico.
È come se la vita di un cristiano, e anche la mia, fosse paragonabile ad un viaggio - la metafora della strada è particolarmente cara all’evangelista Luca - lungo il quale, progressivamente, vieni introdotto nel mistero di Dio e impari ad amare ogni uomo e ogni donna, soprattutto chi è più piccolo e più povero.
C’è innanzitutto una strada che da Gerico conduce a Gerusalemme: è il cammino del cristiano verso la Pasqua di Gesù. È su questa strada che mi sono ritrovato, fin da quando, ragazzo, ho intuito quale poteva essere la mia vocazione.
Poi, a mano a mano che negli anni percorri la strada che va verso la Pasqua di Gesù, ti si aprono gli occhi sulla verità di Dio e sul dramma della storia (cfr Marco 10,32-52).
La misericordia ti invade il cuore e il Signore ti conquista e ti conduce decisamente verso Gerusalemme (cfr Luca 9,51). Rimani con lui, ascolti la sua parola, partecipi alla sua mensa, conosci la gioia e il pentimento e sei chiamato a confermare i tuoi fratelli (cfr Luca 22,32). Questa strada è lunga e si snoda tra le montagne del deserto: attraversa il silenzio, nell’intimità con Dio e nella confidenza con Gesù, e passa anche per i sentieri della prova e della fatica, ma, alla fine porta nella città in cui il Signore ha posto la sua dimora. Questa è la meta che vale la pena cercare e raggiungere.
Ma c’è anche la strada che da Gerusalemme riconduce a Gerico (cfr Luca 10,25-37), lungo la quale, con vera compassione, impari a riconoscere l’umanità e la porzione di Chiesa che ti è affidata. Non si può restare nella città, anche se sarebbe bello. Occorre scendere per lo stesso deserto e passare vicino a chi è incappato nei briganti. Lo trovi fermo, sul ciglio della strada, incapace di muoversi verso la sua meta e la sua salvezza, e nei suoi occhi scorgi il dolore e l’angoscia. Allo stesso modo vedi l’uomo malato e ferito; vedi il povero abbandonato, l’orfano e lo straniero; vedi chi è solo e disperato. Non puoi distogliere lo sguardo. Riconosci il dramma e la complessità, ma sai che nessun cristiano, tanto meno un vescovo, può non vedere. Al contrario, si deve fermare con tutta la comunità, anche se alla fine dovrà pagare di persona.
San Carlo, ha dato un grandissimo esempio di estrema dedizione di sé di fronte alla peste che nel 1576 aveva colpito Milano.
Cari fratelli, mentre percorro con voi queste due strade, salendo e scendendo da Gerusalemme, insieme a tutti gli uomini di buona volontà cerco di contemplare il Crocifisso e di fermarmi sulle cadute dell’uomo di oggi, sul suo bisogno di aiuto, di giustizia, di onestà. Ci sono molte energie nella nostra città e nelle nostre comunità, ma ci sono anche ferite profonde che non possiamo ignorare né trascurare. Leggendo il Vangelo del Buon Samaritano guardo con realismo all’esempio di san Carlo, perché guidi tutti noi nel cammino della santità.
(continua)