"Conoscete infatti la grazia del Signore nostro Gesù Cristo: da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà ...” (2 Cor 8,9).
Il senso dell’esistenza della comunità cristiana in una città, in un paese, in un quartiere è quello di rendere presente l’avvenimento dell’amore di Dio “con opere e parole” così come si è rivelato nella persona di Gesù, nella sua vita portata a compimento nella Pasqua.
“Andiamo dunque fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere” (Lc 2,15).
Per questo risulta di capitale importanza lasciarsi istruire, modellare, orientare nella nostra testimonianza cristiana da ciò che Gesù ci ha “insegnato e consegnato”.
Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. (Gv 15,9).
Come ci ricorda Paolo il dono gratuito che Cristo ci ha fatto è la sua vita, la sua “storia”, il suo modo di “stare al mondo” come una storia di povertà che ci arricchisce, perché è la povertà di chi cerca il Regno di Dio e la sua giustizia più di ogni altra cosa e quindi sa farsi dono d’amore per tutti coloro che incontra sul suo cammino, in semplicità e purezza di cuore.
In questa prospettiva il Mistero della Incarnazione, di cui faremo memoria nella Festa di Natale, ci richiama a custodire nel cuore e rendere fruttuosa nelle opere questa prospettiva di vita che Gesù ci dona come cammino di autenticità per i suoi discepoli: è il suo modo non solo di “venire al mondo” ma anche di “stare al mondo”.
Il mondo e la storia, casa e tempo dell’uomo, ricevono luce per sempre dall’avvenimento accaduto quella notte e “diventano” casa e tempo di Dio, di un Dio che nel suo insondabile disegno d’Amore volle aver bisogno degli uomini per portare a termine la sua Opera creatrice e salvifica.
Per associarci alla sua Opera di Salvezza mandò il suo Unigenito in una carne simile alla nostra, per salvarci dall’interno della nostra vita, dal profondo delle nostre convinzioni. Come dice Sant’Ambrogio Dio non ha voluto essere importuno e non abbatte la porta per entrare e prendere possesso della persona: rispetta la libertà dei suoi figli.
Come un indigente, continua a bussare alla porta.
Se nella luce del Natale “rivediamo” la vita di Gesù (è nato e morto fuori della città, ha familiarizzato con gli esclusi della società, non aveva dove posare il capo, vegliava in cerca delle pecore smarrite, era mite ed umile di cuore …) scopriamo come in Lui amore e povertà sono inseparabili e così deve essere anche nella vita dei suoi seguaci.
Chi si appoggia in Dio, e non nelle ricchezze di questo mondo, cercherà il Regno di Dio e la sua giustizia più di ogni altra cosa, si farà povero e dipendente come un bambino e crescerà nella libertà di un figlio amato che serve i fratelli. Il Figlio di Dio si è fatto figlio dell’uomo perché i figli dell’uomo riconoscano di essere figli di Dio.
Comprendiamo così che in Gesù la povertà nasce dalle profondità della sua stessa vita divina, dall’amore del Padre che lo genera nell’eternità e poiché Lui è l’uomo autentico, pienamente realizzato, che ci arricchisce con la sua povertà, il modello dell’uomo “riuscito” lo ritroviamo nel suo abbandono fiducioso al Padre e nella sua incondizionata e umile dedizione ai fratelli.
L’amore povero e umile che contempliamo nel mistero del Natale come luce che illumina la notte del mondo possa guidare i nostri passi incontro ai poveri con la ricchezza dell’amore di Gesù.
don Marcellino