Da qualche anno la festa di Maria Madre della Chiesa, che celebriamo la prima settimana di ottobre, costituisce per la nostra comunità l’inizio “ufficiale” dell’anno pastorale.
È una festa che celebriamo in modo semplice, senza pretese di rilevanza mass-mediatico di riuscita secondo canoni mondani, ma che, sull’esempio di Maria, vorrebbe richiamarci ciò che dobbiamo “conservare e custodire nel nostro cuore”: il Mistero di Gesù come “Evangelo dell’umano” (così si esprime il nostro Vescovo nella lettera pastorale).
Monsignor Carlo Faccendini |
In questa direzione sono andati i vari momenti che abbiamo vissuto: l’Eucarestia della domenica mattina particolarmente curata, che è il “segreto” della vita di una comunità, la bella e coinvolgente preghiera/sacra rappresentazione del pomeriggio, la cordiale e simpatica serata familiare del sabato con i ragazzi ad animare, l’adorazione del venerdì e l’incontro con il nostro vicario episcopale, Carlo Faccendini, martedì sera. Momenti vari e tutti particolarmente arricchenti, per i quali dobbiamo ringraziare il Signore e tutte le persone che con tanta generosità si sono prodigate in ogni tipo di servizio.
Per non perdere tutta questa ricchezza, vorrei provare a raccogliere qualche spunto di riflessione al riguardo, a partire soprattutto dal intervento di monsignor Carlo: può essere un utile riferimento sintetico per l’anno pastorale che abbiamo appena iniziato, in modo da poter essere sempre attenti a recuperare il senso profondo di ciò che facciamo.
Presentandoci la lettera pastorale del Vescovo ha raccolto quattro provocazioni per noi, valorizzando espressioni della lettera stessa.
1. Il campo è il mondo: significa che la Chiesa non solo è “nel mondo”, ma anche che la Chiesa è “per il mondo”. Da questa affermazione è nata la prima provocazione per noi: Ci chiediamo che senso ha la presenza di una parrocchia, di una comunità in un quartiere?
Don Carlo ci ha dato qualche “suggerimento” al riguardo. Una parrocchia sta in quel campo che è il quartiere …:
- per raccogliere i “segni” dello Spirito che è all’opera, del bene che vi si trova, della grazia di Dio che produce frutti …
- per “dire” l’amore di Dio per l’umanità, per esprimere che noi gli siamo cari …: da qui scaturiscono gli atteggiamenti di accoglienza, cura, accompagnamento nel quotidiano …
- per “lottare” contro il peccato, raccontando il perdono di Dio, la sua misericordia, la sua pazienza con noi … e quindi con tutti.
2. Gesù è l’Evangelo dell’umano … : che cosa significa questa densa espressione?
- innanzitutto che Gesù è la buona notizia dell’amore di Dio per l’umanità ...
- più profondamente che Gesù è la pienezza dell’umano, l’indicazione di come è una vita bella, piena, realizzata …
- più profondamente ancora che l’esperienza della fede cristiana è vita, incontra l’esistenza umana concreta, quotidiana, nella sua profondità …
3. Recuperare capacità di testimonianza … non tanto e non solo come coerenza di vita, ma come umile consapevolezza che attraverso il nostro modo di essere (parole e azioni) un Altro si intravede, appare e si comunica … Ci è chiesto quindi:
- di riscoprire che la fede mette in gioco tutta la nostra vita e ci chiede quindi di “curare” la buona qualità della nostra umanità,
- di cogliere come l’amore “affettuoso” per il Signore Gesù ci spinge a prenderci a cuore la vita di chi incontriamo,
- di riscoprire la centralità delle relazioni con le persone che ci sono date, verificando il nostro sguardo, le nostre intenzioni, il nostro cuore perché sia abitato dall’amore misericordioso di Gesù.
4. Fare leva sulle radici cristiane che ancora permangono nella città … È un po’ l’aspetto che più fa faticare in questo momento di passaggio da un cristianesimo un po’ di “convenzione” ad un cristianesimo di “convinzione”…
Per accompagnare questo cammino don Carlo suggeriva di:
- curare la qualità di vita della comunità: in un contesto di confusione e solitudine la fede “invoca” la comunità, chiede ed è fonte di legami autentici;
- in questa direzione dovrebbero andare i tentativi di preparare “otri nuovi” nei quali versare il perenne buon vino del Vangelo, che è Gesù. Credo che a partire da questi spunti arricchenti possiamo continuare con una consapevolezza maggiore e una gioia più intensa il nostro cammino con la gente e per la gente del nostro quartiere.
don Marcellino