Don Francesco ci prepara al gesto di solidarietà d’Avvento:
Il periodo della detenzione (per alcuni tutta la vita) è caratterizzato dal fatto che il tempo per te si ferma, resta congelato, gli altri vivono e tu… attendi. In questo tempo ti scontri con le conseguenze di alcune tue azioni, di alcune tue scelte.
In questo tempo è decisivo incontrare qualcosa di alternativo a ciò che ti ha guidato precedentemente, è trasformante scoprire che non ti devi arrangiare come sempre, ma c’è qualcuno che ti offre cura e attenzione.
Il vissuto è naturalmente diverso per ciascuno di loro, a partire dalla condanna ricevuta, dal tipo di detenzione che devono scontare, dalle qualità personali, dalle risorse familiari e amicali ecc.
Sono convinto si intuisca che senza investimenti sulla loro vita non si otterrà nessun cambiamento positivo in loro.
La Caritas diocesana e varie associazioni di stampo cristiano e non, si affiancano alla struttura dello Stato per accompagnare queste persone in questo tempo della loro esistenza. Il progetto è il tentativo di ri-creare queste umanità distrutte o fortemente segnate, restaurarle e aprirle a progetti di umanizzazione che per noi sono quelli dell’umanità di Gesù.
Gli interventi sono molteplici e a livelli diversi, proviamo a prendere contatto con i bisogni per pensare cosa possiamo fare:
anzitutto dare dignità attraverso la cura della persona fisica (vestiti, cure sanitarie, prodotti per la pulizia della cella e della propria persona), ma anche offrire la possibilità di acquistare alcuni cibi (caffè, qualche biscotto, zucchero ecc.), orologi, radio, libri, cancelleria, ecc. Infatti non tutti hanno alle spalle una famiglia vicina che possa provvedere.
Quindi offrire loro la possibilità di vivere esperienze significative nel loro percorso di detenzione: la scuola, magari qualche lavoro, corsi professionali, spazi dove poter accedere ai benefici che la legge garantisce loro (per es. luoghi dove andare in “permesso”), aiuto nel loro percorso giudiziario, ecc.
Sostenere anzitutto le loro famiglie nel periodo della detenzione dei propri cari: infatti le spese processuali oltre che la mancanza dell’apporto loro mettono intere famiglie in ginocchio, così alla sofferenza per la distanza dal figlio, padre, marito si aggiunge la fatica di sostenere una vita “normale”.
Infine far sentire che la nostra società li invita ad essere membri positivi, a vivere responsabilità, a cercare in essa il proprio posto. Molti di loro hanno bisogno di essere ascoltati, di sentire che possono essere utili, non certo di rimediare alle ferite inferte, ma almeno a contribuire positivamente a questo mondo in cui viviamo.
Beh ci sarebbe tanto da dire, ma soprattutto quel che avete letto rischia tante ambiguità, ma per ora accontentiamoci di aprire una strada.
Gli articoli apparsi su “Voci” possono essere un aiuto ad avvicinarsi a questo pezzo del nostro mondo, per non considerarlo più la cantina dove far sparire ciò che ci sembra rovinare la nostra bella casa, ma uno spazio in cui seminare.
E non solo, in questo tempo a cui papa Francesco ci invita, l’Anno Giubilare nel segno della Misericordia di Dio, accostarci a queste persone che vivono dentro di sé la forza del Male e la fatica del cambiamento potrebbe ammaestrarci su quella logica di riconciliazione di cui ha continuamente bisogno la nostra vita personale e le nostre relazioni. I loro errori e il loro cammino per riemergere potrebbe essere provocazione e forse anche insegnamento per noi.
29.11.2015 Papa Francesco apre la Porta Santa d Bangui
Il Giubileo diventi «esperienza viva della vicinanza del Padre, quasi a voler toccare con mano la sua tenerezza». L’auspicio di papa Francesco, nell’indire l’Anno della Misericordia, si farà proposta concreta anche in ogni Zona pastorale della nostra Diocesi. Così domenica 13 dicembre, come stabilito dalla Bolla di Indizione Misericordiae vultus, si aprirà la Porta della Misericordia in chiese, Santuari e luoghi individuati per ciascuna Zona.
Per Milano la scelta è caduta non solo sulla Cattedrale, “chiesa madre di tutti i fedeli ambrosiani” , ma anche, significativamente, sulla Basilica di Sant’Ambrogio e sul Santuario del beato don Carlo Gnocchi, proprio a rendere evidente la valenza di spazi in cui è immediato il richiamo al mondo della sofferenza.
(dal sito della Chiesa di Milano)