Dopo
aver risuscitato Lazzaro, Gesù torna a Betania e Maria, durante una cena
imbandita in Suo onore, compie un gesto che anche Gesù terrà ben in mente. Ci
sono gesti che dicono un perdono senza guadagno, un dono senza ricambio che una
volta compiuti vanno oltre il tempo e lo spazio, introducendoci nel mondo
stesso di Dio. Dopo che Gesù è entrato nella nostra storia, anche a noi è dato
di entrare nella pienezza della gratuità dell'amore di Dio.
Un
amico che ascolta
Al
termine del racconto evangelico che narra la resurrezione di Lazzaro, Giovanni
nota che i farisei “da quel giorno decisero di ucciderlo” (11,53). E,
mentre nel clima della festa di Pasqua la gente s'aspetta di vedere Gesù, “i
capi dei sacerdoti e i farisei avevano dato ordine che chiunque sapesse dove si
trovava lo denunciasse, perché potessero arrestarlo” Così Gesù decide di
rimanere appartato, tanto che di lì a pochi giorni, la sera del nostro Giovedì santo,
pregherà così: “la mia anima è triste fino alla morte” (Mt 14,34). Forse
neppure i Suoi possono intuire cosa sta provando. Non Gli resta che stendere la
mano, nella speranza che qualcuno almeno se ne accorga. Così, lasciandoSi
ancora guidare dallo Spirito Si reca là dove qualcuno Lo ascolterà sicuramente.
E “Gesù andò a Betània, dove si trovava Lazzaro, che egli aveva risuscitato
dai morti”. Qui c'è però un capovolgimento. Non siamo noi che stiamo fuori,
ma è Lui che, stando fuori dalla porta di casa nostra, nella notte, bussa e ci
chiede di entrare (Ap 3,20). Un Dio che bussa, che chiede di entrare, sino a
rischiare d'essere scambiato per un estraneo, un importuno (Luca 11,5-9).
Lazzaro e le sue sorelle, invece, semplicemente gli aprono, accettando di
compromettersi, di perdere la faccia per Lui. Tanto che “i capi dei
sacerdoti decisero di uccidere anche Lazzaro”. Di Lazzaro il Vangelo non
registra una parola. Solo potremmo immaginare un sussulto del cuore. Quando
anche Dio è nei guai, allora “la dolcezza di un amico rassicura l'anima”.
(Prov. 27,9).
La
premura di Marta
Marta è probabilmente la donna di casa più pratica. Le basta vedere Gesù appena compare sulla soglia. La voce che il Maestro è ricercato dai capi sta circolando. Così decide di preparare “per lui una cena: Marta serviva e Lazzaro era uno dei commensali”. In quella cena un po' improvvisata sta tutto il suo ringraziamento per il ritorno in vita del fratello Lazzaro. E già in quella cena s'intuisce l'anticipo, la profezia della cena che Gesù farà con i Suoi di lì a qualche giorno. Chiedendo come un testamento, che venga ripetuta nei secoli per sempre: “fate questo in memoria di me” (Lc 22,19). Lo stesso clima della cena di Betania prelude a quella cena che Gesù stesso vorrà imbandire in una stanza al piano superiore, “per mangiare la pasqua con i suoi discepoli” (Mc 14,14). Ed è assistendo a questa cena di Betania che ancora possiamo sentire la condivisione della quale anche la nostra umanità è capace, offrendola a Gesù. Poco prima che anche Lui, mettendoSi in gioco tutto per amore nostro, ce la riproponga come un rito di valore infinito. Un'ospitalità, un'accoglienza tutta da imparare e da esercitare. In una lettera dal carcere Bonhoeffer scriveva: “I cristiani stanno vicino a Dio nella sua sofferenza, questo distingue i cristiani dai pagani. ‘Non potete vegliare con me un'ora?', chiede Gesù nel Getsemani. Questo è il rovesciamento di tutto ciò che l'uomo religioso si aspetta da Dio. L'uomo è chiamato a condividere la sofferenza di Dio... Non è l'atto religioso a fare il cristiano, ma il prendere parte alla sofferenza di Dio nella vita del mondo”.
La
tenerezza di Maria
Ed
è in questo contesto così familiare che “Maria prese trecento grammi di profumo
di puro nardo, assai prezioso, ne cosparse i piedi di Gesù, poi li asciugò con
i suoi capelli, e tutta la casa si riempì dell'aroma di quel profumo”. Un gesto
che solo l'amore può inventare. Rompendo ogni indugio, Maria compie un gesto
che le viene dal profondo del cuore. Si avvicina dalla parte dei piedi di Gesù
li abbraccia baciandoli; e versando un profumo costosissimo li asciuga con i
suoi capelli. Pretendere di teorizzare su questo gesto di puro amore non porta
a nulla. Qualcosa si potrebbe intuire rifacendoci a quell'ascolto intenso del
Maestro che Maria ha espresso nei confronti del Maestro in occasione di una
visita di Gesù a Betania (Lc 10,38-42). Forse, ascoltandoLo con attenzione, ha
registrato qualche passaggio dell'anima del Maestro che l'ha molto colpita. Che
può fare per consolarLo? Solo quello che è in grado di fare: un semplice gesto
carico d'amore! Senza dire una parola. Stando anche noi in silenzio saremo più
pronti a cogliere la fragranza del profumo che Maria versa sui piedi di Gesù.
Una scena da contemplare, come quella del Discepolo amato che, durante l'ultima
Cena, poserà la sua testa sul cuore di Gesù (Gv 13,23-26). Se, invece, osi
prendere la parola per dare un giudizio, un parere, il rischio è quello stesso
di Giuda che, rompendo l'incanto, osa proporre a tutti una pessima lettura del
gesto di Maria. Fratello che ascolti: meglio prolungare il nostro silenzio nei
giorni della tenerezza, tenendo lo sguardo fisso sul mistero di Gesù che avanza
in tutto il Suo splendore.