20 settembre 2020

Regaliamoci ascolto

“Diverse voci mi hanno invitato a propiziare l’ascolto delle domande che la tragedia ha suscitato in molti. Credo che sia un’indicazione preziosa. Propongo pertanto che la ripresa delle attività pastorali nell’autunno 2020 sia prima che un tempo di programmazione un esercizio di interpretazione e di discernimento...

Dobbiamo molto ascoltare per comprendere a quali condizioni il Vangelo possa essere annunciato e possa essere buona notizia per chi è travolto dalle cattive notizie, possa essere speranza per chi accumula esperienze e motivi per disperare". 


Mons. Mario Delpini, Infonda Dio Sapienza nel cuore, Lettera pastorale 2020 -2021


In questo tempo complesso di ripartenza anche la nostra comunità è invitata a risollevare la testa, a riprendere respiro, a comprendere come tornare a prendersi cura dei bambini, dei ragazzi, degli adulti, delle famiglie e delle persone più fragili e maggiormente in difficoltà, rispettando le condizioni di sicurezza, ma cogliendo questo tempo come un’occasione per rendere ancora più bello il volto della nostra comunità, spinti da quello Spirito di creatività continuamente richiamato da Papa Francesco.

Ripartire. Ma da dove? In che modo?

Le parole sopra riportate del nostro arcivescovo indicano una strada che occorre prendere seriamente in considerazione. Mettere da parte come priorità la programmazione e dedicare questo tempo iniziale dell’anno pastorale ad altro, ad un esercizio di interpretazione e di discernimento, convinti che non si tratta assolutamente di tempo perso, proponendo anzitutto opportunità nelle quali le persone possano liberamente incontrarsi, raccontare e ascoltarsi. Le due serate per gli educatori che don Giovanni ha proposto settimana scorsa sono state intense e arricchenti perché vissute all’insegna proprio di questo atteggiamento. Stimolati da alcune domande semplici inerenti all’emergenza Covid 19 gli educatori hanno potuto esprimere e condividere racconti, emozioni e sentimenti del proprio recente vissuto in un clima di reciproco ascolto. Perché non offrire la medesima possibilità a tutti i membri della comunità? Intuiamo che sia importante e anche necessario ripartire, tuttavia non con la preoccupazione di stendere una programmazione “fatta e finita”, ma anzitutto guardandoci negli occhi e dandoci una possibilità per chiederci reciprocamente come stiamo, dove siamo, cosa abbiamo bisogno, cosa desideriamo. Si tratta di un passaggio fondamentale per capire poi, come comunità, verso dove vogliamo andare e dunque individuare quali azioni mettere in atto per raggiungere la “meta” prefissata.


Per questo motivo domenica 27 settembre, in occasione della giornata dedicata alla Festa dell’oratorio, ci troveremo alle 10.30 a celebrare l’Eucaristia a San Barnaba, che fa la comunità, perché ci rende fratelli in quanto tutti figli di un solo Dio che chiamiamo Padre. A seguire verrà proposto un momento (dalle ore 11.30 alle 12.30) a cui TUTTI sono invitati a partecipare e che consisterà nel creare delle piccole “isole di ascolto” (gruppetti di 7-8 persone max). Vogliamo creare un’occasione in cui chi lo desidera possa raccontare come ha vissuto i mesi scorsi e con che spirito si prepara ad affrontare quelli futuri, a partire da tre domande:


- Che cosa mi è mancato di più in questi mesi di emergenza, in particolare in quelli del lockdown?

- Che cosa desidero di più per il prossimo periodo?

- Quale “tratto” vorrei caratterizzasse maggiormente il nostro essere comunità?


Sono delle domande aperte che non si riferiscono ad un determinato ambito, ma in generale alla propria vita. Ragione per cui questo momento di ascolto è rivolto a tutti - non solo agli operatori pastorali, agli “impegnati”, a quelli che “sono dentro”, a quelli che vanno in chiesa…-, superando per una volta alcune distinzioni che spesso risultano senza volerlo escludenti nei confronti di alcuni o rischiano di far sentire esclusi altri. Occorre ripartire da ogni singola persona, piccolo, adulto o anziano che sia, riaccendendo il desiderio di voler essere parte di una comunità che abita un determinato territorio, dal momento che, come dice Papa Francesco: “La pandemia ha messo in risalto quanto siamo tutti vulnerabili e interconnessi. Se non ci prendiamo cura l’uno dell’altro, a partire dagli ultimi, da coloro che sono maggiormente colpiti, incluso il creato, non possiamo guarire il mondo”.

È dall’inizio del mese di agosto che il nostro pontefice, in occasione delle udienze del mercoledì, sta ribadendo con forza come da una crisi (come lo è stata questa legata all’emergenza Covid-19) non si può uscire uguali. O ne usciamo migliori o peggiori. E per evitare che accada la seconda delle due possibilità, sta continuamente richiamando a vigilare per prevenire alcune malattie che questo virus potrebbe provocare. Le definisce patologie sociali che darebbero vita sempre di più a relazioni segnate da individualismo, indifferenza e diseguaglianze invece che da solidarietà, giustizia e attenzione - quest’ultimi sono principi che esprimono, in modo diverso, le virtù della fede, della speranza e dell’amore - in particolare verso chi rischia di “rimanere indietro”.
Il desiderio è di intraprendere insieme realmente un percorso per delineare un nuovo modo di essere chiesa e comunità su un determinato territorio, dentro un innegabile “cambiamento di epoca”. L’ascolto è solamente la prima tappa di questo percorso a cui ne seguiranno altre e l’appuntamento comunitario di domenica 27 non esaurirà questa fase di ascolto che dovrà essere riproposta, in altre modalità, in questi primi mesi dell’anno pastorale.

Concludendo rinnoviamo l’invito a tutti di partecipare alla celebrazione di domenica 27 e al momento che seguirà, vincendo timidezze o diffidenze, in un clima di reale accoglienza reciproca. Chi in quel fine settimana decidesse di andare ad un’altra Messa (o di non parteciparne a nessuna), potrà ovviamente aggregarsi ugualmente alle 11.30 in oratorio.

on cerchiamo soluzioni e risposte immediate, ma desideriamo metterci in cammino avendo a cuore la vita delle persone che ci sono accanto, soprattutto i più piccoli e i più fragili, coloro che stanno pagando più di altri le conseguenze di questa emergenza.
Desideriamo realizzare il volto bello di una comunità così come il vescovo di Pinerolo, Derio Olivero, ha auspicato scrivendo in una lettera aperta ai fedeli della sua diocesi nello scorso mese di maggio:

…In modo netto e chiaro vi dico che non voglio più una Chiesa che si limiti a dire cosa dovete fare, cosa dovete credere e cosa dovete celebrare, dimenticando la cura delle relazioni all'interno e all'esterno. Abbiamo bisogno di riscoprire la bellezza delle relazioni all'interno, tra catechisti, animatori, collaboratori e praticanti. Abbiamo bisogno di creare in parrocchia un luogo dove sia bello trovarsi, dove si possa dire: «Qui si respira un clima di comunità, che bello trovarci!». E all'esterno, con quelli che non frequentano o compaiono qualche volta per "far dire una messa", far celebrare un battesimo o un funerale. Sogno cristiani che amano i non praticanti, gli agnostici, gli atei, i credenti di altre confessioni e di altre religioni. Questo è il ver o cristiano. Sogno cristiani che non si ritengono tali perché vanno a messa tutte le domeniche (cosa ottima), ma cristiani che sanno nutrire la propria spiritualità con momenti di riflessione sulla Parola, con attimi di silenzio, momenti di stupore di fronte alla bellezza delle montagne o di un fiore, momenti di preghiera in famiglia, un caffè offerto con gentilezza. Non cristiani "devoti" (in modo individualistico, intimistico, astratto, ideologico), ma credenti che credono in Dio per nutrire la propria vita e per riuscire a credere alla vita nella buona e nella cattiva sorte. Non comunità chiuse, ripiegate su se stesse e sulla propria organizzazione, ma comunità aperte, umili, cariche di speranza; comunità che contagiano con la propria passione e fiducia. Non una Chiesa che va in chiesa, ma una Chiesa che va a tutti. Carica di entusiasmo, passione, speranza, affetto.


Proviamoci insieme! Buona ripartenza.

Con affetto,

I vostri sacerdoti e le vostre suore