Papa Francesco parlando ai giovani dell’Università Santo Tomas a Manila
affermava: «Al mondo di oggi manca il pianto! [...] Certe realtà della vita si
vedono soltanto con gli occhi puliti dalle lacrime. Invito ciascuno di voi a
domandarsi: io ho imparato a piangere? [...] Se voi non imparate a piangere non
siete buoni cristiani. E questa è una sfida […] Siate coraggiosi, non abbiate
paura di piangere!» (Manila, 18 gennaio 2015).
Questo testo, non a caso, è ripreso e riproposto ai giovani nella
recente esortazione apostolica post-sinodale Christus vivit:
76. Forse «quelli che facciamo una vita più o meno senza necessità non
sappiamo piangere. Certe realtà della vita si vedono soltanto con gli occhi
puliti dalle lacrime. Invito ciascuno di voi a domandarsi: io ho imparato a
piangere? Quando vedo un bambino affamato, un bambino drogato per la strada, un
bambino senza casa, un bambino abbandonato, un bambino abusato, un bambino
usato come schiavo per la società? O il mio è il pianto capriccioso di chi
piange perché vorrebbe avere qualcosa di più?» (cfr. a Manila). Cerca di
imparare a piangere per i giovani che stanno peggio di te. La misericordia e la
compassione si esprimono anche piangendo. Se non ti viene, chiedi al Signore di
concederti di versare lacrime per la sofferenza degli altri. Quando saprai
piangere, soltanto allora sarai capace di fare qualcosa per gli altri con il
cuore.
Scrive mons. Semeraro, vescovo di Albano: «Le lacrime di cui parla Papa
Francesco non ci rimandano a un cristianesimo piagnone, ma a un cristianesimo
desideroso di incontrare persone con le quali tuffarsi nell’acqua della
misericordia di Dio, l’unica in grado di sciogliere la durezza del cuore umano
e inondarlo con la gioia del Vangelo»
(Presentazione al volume di Luca Saraceno La saggezza delle lacrime e il significato del pianto, EDB, Bologna, 2015, pagina 21).
«Le lacrime di Gesù per la morte di Lazzaro», spiega Bergoglio, «hanno
sconcertato tanti teologi nel corso dei secoli, ma soprattutto hanno lavato
tante anime, hanno lenito tante ferite. Anche Gesù ha sperimentato nella sua
persona la paura della sofferenza e della morte, la delusione e lo sconforto
per il tradimento di Giuda e di Pietro, il dolore per la morte dell’amico Lazzaro».
Ma se Gesù piange, spiega il Papa, «anch’io posso piangere sapendo di essere
compreso. Il pianto di Gesù è l’antidoto contro l’indifferenza per la
sofferenza dei miei fratelli. Quel pianto insegna a fare mio il dolore degli
altri, a rendermi partecipe del disagio e della sofferenza di quanti vivono
nelle situazioni più dolorose. Mi scuote per farmi percepire la tristezza e la
disperazione di quanti si sono visti perfino sottrarre il corpo dei loro cari,
e non hanno più neppure un luogo dove poter trovare consolazione. Il pianto di
Gesù non può rimanere senza risposta da parte di chi crede in Lui. Come Lui
consola, così noi siamo chiamati a consolare». (da Famiglia Cristiana maggio
2016, in riferimento alla Veglia di preghiera per asciugare le lacrime)