12 novembre 2010

Santi per vocazione (3)

LETTERA A TUTTI I FEDELI DELLA CHIESA AMBROSIANA
Anno pastorale 2010-2011 (3a puntata)

Il segreto del Crocifisso

In un’epoca di consumismo e di nuova misaeria, Gesù ci invita ad uno stile di vita semplice, sobrio, ordinato ed essenziale.
La centralità del Crocifisso nella vita di san Carlo aiuta a riflettere sulla qualità dell’amore cristiano. Se il chicco di grano non muore, come può portare frutto? (cfr Giovanni 12,24). A quale qualità di sacrificio sono chiamati i cristiani oggi? Ci sono troppi ricchi e ci sono troppi poveri: sta diventando drammaticamente più grande il divario che li separa. Contemplare il Crocifisso significa imparare una nuova qualità dell’amore, una nuova forma etica tra tutti gli uomini di buona volontà.
Ci vuole un nuovo volto della speranza.

Per salvare la vita dalla desolazione e dall’assenza di Dio è necessario, a partire dal Crocifisso, imparare e insegnare a pregare.
La cura per la qualità celebrativa delle nostre comunità non è più soltanto una questione di giusto decoro, ma molto di più: si tratta di convertire i cuori per fermarsi sui bisogni del prossimo, nella comunità e nel mondo. Non si può pretendere tutto e non pagare niente: in tempo, soldi, responsabilità e lavoro. La Chiesa e il mondo hanno bisogno di nuove forze e di nuove responsabilità. San Carlo ha dato un grande esempio su come la liturgia e la carità debbano stare insieme.

L’assimilazione del mistero della croce dà una risposta al senso più vero e definitivo della vita. Nelle nostre città ci sono molte paure. I giovani hanno bisogno di nuovi e più ampi orizzonti di senso, di fronte al vuoto e provano e davanti alle incertezze del lavoro e del futuro. La vera speranza passa attraverso questa porta stretta. La vera gioia cristiana va oltre il sentimento del momento, non è solo un benessere temporaneo, ma nasce dal coraggio di vivere la vera carità e di cercare davvero il bene comune.

Va’ e anche tu fa’ così

Il dottore della Legge che, dopo la narrazione della parabola del Buon Samaritano aveva risposto bene a Gesù, si sente dire: “Va’ e anche tu fa’ così”. Vorrei riprendere queste parole di Gesù per invitarti a seguire, singolarmente e con gli altri, alcuni cammini di vita cristiana.

Così per “rendere ragione della speranza”, seminata in te dall’amore di Gesù crocifisso e risorto - cuore della fede cristiana - , fa’ tesoro delle iniziative parrocchiali e diocesane per la formazione, come gli esercizi e ritiri spirituali, i corsi biblici, i gruppi di ascolto della Parola, le scuole teologiche, i momenti particolari dedicati agli operatori pastorali.

Chiedo al Signore che ti doni di condividere in profondità l’amore appassionato di san Carlo al Crocifisso: ti invito a viverlo anche con l’antica e sempre attuale pratica della Via crucis, in particolare partecipando alla sua solenne e corale celebrazione nella tua Zona Pastorale.

Sollecita la tua comunità perché, in un’occasione particolare, sappia vivere un momento d’incontro con una categoria di poveri, come segno di giustizia e fraternità con gli ultimi.

SAN CARLO E LA SANTITÀ DELLA CHIESA

Il Buon Samaritano è figura della Chiesa che con la presenza dei suoi santi passa accanto all’uomo di oggi, vede concretamente i reali bisogni dell’umanità, prova intensa commozione, si ferma accanto al povero, prendendosene cura: passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione (Luca 10,33). Il santo è colui che in maniera esemplare, umile e coraggiosa, superando infinite difficoltà, si compromette di persona e sa vivere la carità di Cristo, vedendone il volto in quello del povero (cfr Matteo 25,34 ss.).

La santità della Chiesa

Nella comunione dei santi viviamo il mistero della Chiesa. La nostra vita ha orizzonti più vasti di quelli che possiamo misurare e descrivere a partire soltanto dalle notizie e dalle impressioni immediate. Le presenze che rendono vive e splendide le nostre comunità sono più numerose, attente e affettuose di quelle che possiamo contare con la nostra ossessione per i numeri. La gioia e le pene che abitano i nostri giorni sono condivise in una fraternità più ampia e più intensa di quella che si esprime con una vicinanza fisica.
Credo la comunione dei santi: i santi nostri amici, i santi della nostra terra, i santi di ogni tempo e di ogni luogo si uniscono alla nostra preghiera e accompagnano i nostri giorni. La certezza della presenza e della partecipazione dei santi alla nostra vicenda di uomini e donne di oggi è motivo di stupore e di incoraggiamento: non siamo mai soli, il mondo e la Chiesa non cominciano con noi e il peso della storia non è tutto sulle nostre spalle. La Chiesa è comunione di santi. Noi li invochiamo per riconoscere il mistero e la gloria di Dio e li invochiamo con un cuore umile e pentito per riconoscere le nostre responsabilità e i nostri peccati. Credo la comunione dei santi: credo perciò che ci siano le condizioni per un dialogo personale, una riflessione condivisa, una possibilità di entrare in quella intimità in cui si svela il segreto della loro santità. La comunione, infatti, ci fa partecipi del mistero più inaccessibile di ogni persona, che è il suo rapporto con Dio.

È con questa certezza di fede che vi invito a ricercare, nel quarto centenario della canonizzazione di san Carlo, una santità ecclesiale: una santità, dunque, che tocca tutti, coinvolge ed arricchisce.
Questo anniversario, allora, è un’occasione perché la memoria di san Carlo non si riduca alla commemorazione di un vescovo, certo eccezionale e significativo per la storia della nostra Diocesi e di tutta la Chiesa, ma irrimediabilmente rinchiuso in un altro tempo e in un’altra cultura. Con spirito di fede noi crediamo alla presenza viva nella Chiesa di oggi di san Carlo, di sant’Ambrogio e di tutti i santi e beati che ci hanno preceduto. La santità cristiana non è mai un tratto individualistico, un titolo che distingue e isola dagli altri; è piuttosto la carità vissuta nell’imitazione della carità di Cristo. La santità è sempre santità ecclesiale.

La continua riforma della Chiesa è l’opera dello Spirito che, attraverso i santi e le vicende storiche, rinnova i gesti fondamentali della trasmissione della fede (traditio fidei) e le relazioni ordinarie, dentro il vissuto della comunità cristiana e della società (traditio amoris). In questo senso la santità educa la Chiesa ne costituisce la prima e permanente forza educante.
Sono oggi necessarie forme nuove di santità più adatte al cambiamento dei tempi nella consapevolezza di vivere in una cultura che progressiavamente ha perso un suo naturale tessuto cristiano. La varie strade percorse in questi anni ci hanno condotti alla persuasione condivisa che, soprattutto in campo educativo, siamo chiamati ad affrontare sfide formidabili.
Ci vuole, da parte di tutti i battezzati, una vera esperienza di intelligenza lungimirante e di santità eroica che, per amore di Gesù e della sua Chiesa, trovi la forza di superare le difficoltà e le abitudini consolidate nel tempo, così da riformare decisamente la vita delle persone e delle comunità.

I santi sanno parlare alle gente e suscitano una santità popolare. Dove passa un santo, la gente accorre. E persino una società secolarizzata e indifferente può raccogliere dal santo un richiamo e un invito.
Oggi, in un contesto culturale post secolarizzato e neoreligioso, è particolarmente necessario ricondurre le devozioni, e il nuovo bisogno di sacralità, alla forza e alla radicalità del Vangelo. Le forme di preghiera diffuse nel popolo cristiano sono un’immensa ricchezza, ma talvolta sono anche esposte al rischio di degenerare in una pratica separata dalla vita, in una semplice esigenza di rassicurazione spesso più vicina alla superstizione che alla fede. L’esempio dei santi, e di san Carlo in particolare, può offrire indicazioni preziose perché impariamo a vivere le manifestazioni popolari della fede con sapienza evangelica, con partecipazione affettiva intensa, con docilità allo Spirito che suscita in noi gli stessi sentimenti di Gesù.

L’amore ricevuto ha in se steso la forza di essere donato. L’amore di Dio nel cuore del credente si esprime in una santità missionaria.
La responsabilità che si fa carico degli altri nel nome del Signore mette in una condizione scomoda, in un disagio complesso. Come san Carlo, che era vescovo, così anche oggi i cristiani che esercitano un ministero, o ricoprono un ruolo di responsabilità nella comunità, sentono il tormento della comunicazione del Vangelo. Se ho il fuoco dentro, perché non riesco ad incendiare i mondo? Se mi appassiono alla missione di condividere la gioia, perché chi mi ascolta si annoia? Se metto in guardia dalla perdizione e indico la via della salvezza, perché sono considerato come un disturbo fastidioso che amareggia la vita? Se propongono percorsi verso la santità, perché succede che siano fraintesi, come cose in più da fare, come una serie di adempimenti inutili o fastidiosi? Se richiamo a scelte evangeliche, perché non sono credibile? Il cammino di conversione personale e la dedizione alla riforma della Chiesa hanno la loro origine in questa specie di tormento. Noi tutti ne siamo toccati e sentiamo di vivere la responsabilità di presentare una Chiesa più evangelica e di trovare un linguaggio di prossimità alla gente più comprensibile e incisivo.
(continua)