30 ottobre 2016

Dal Consiglio pastorale di Giovedì 20 u.s.

Relazione degli interventi ’odg che aveva questi due punti: Lo sguardo di carità (a partire dalle domande presenti sul precedente Informatore) e il tempo dell’Avvento.

Lo sguardo di carità - confronto
Eleonora Buccheri: Nel vangelo che abbiamo letto questa sera si racconta della vedova che da col cuore i suoi due spiccioli. E ho pensato che con molta semplicità anch’io posso e faccio col cuore tante piccole cose come aiuto agli altri. Coi famigliari, sul lavoro, in parrocchia, nel gruppo di Fede e Luce. Ho sperimentato che sempre si riceve in cambio più di quanto ci hai messo tu. Mi piacerebbe poter fare ancora di più specialmente in parrocchia ma il lavoro me lo impedisce, però prego per gli operatori della caritas e li ringrazio per tutto quello che fanno.
Luca Mastromauro: “In famiglia cerchiamo di trasmettere ai figli la convinzione che chi più ha, più deve dare. È la lo-gica della condivisione che si contrappone a quella dell’e-goismo: si tratta di dare ai nostri figli una strada da percorrere. Abbiamo anche aiutato materialmente alcuni parenti ed amici coinvolgendo i nostri bambini e fornendo lo-ro le motivazioni di questi gesti, spiegandone loro il perché. Non so esattamente di cosa si occupi la Caritas parrocchiale, e sollecito una maggiore attenzione al versante della comunicazione all’interno delle nostre comunità, anche per quanto riguarda le opere di carità: è importante fare, ma anche dire il bene.”
Arcangela Mastrolillo: “Tutti sapete che in famiglia abbiamo scelto di tenere in casa con noi la mamma anziana ed am-malata. Per me carità significa compiere scelte continue, ventiquattrore su ventiquattro, sette giorni su sette, e consiste nello stare lì, nell’esserci sempre e comunque, con i gesti e le parole di cui siamo capaci. Ci si accorge del bisogno d’affetto degli anziani. Ai nostri figli non facciamo discorsi sulla dimensione del servizio caritativo, ma loro hanno vissuto e visto la carità in prima persona da noi. Adesso stiamo raccogliendo anche qualche frutto: constato responsabilità e maturità nell’accudire la nonna anche da parte loro. Da questo punto di vista sottolineo la necessità di riscoprire un vissuto di carità in prima persona, nel quotidiano, e di dare così testimonianza. Ritengo sia inoltre necessario imparare a stare accanto agli anziani, anche a costo di grossi sacrifici, soprattutto nei momenti di difficoltà.”
Maria Grazia Gilardi: “I gesti e le attenzioni d’amore lasciano un segno indelebile in chi li riceve! Ultimamente mi è capitato di ricordare il periodo della mia vita in cui i miei figli ed i miei nipoti venivano a stare da me dopo la scuola: loro stessi pochi giorni fa mi hanno detto di conservare ancora un ricordo ricco di gratitudine di quel periodo della loro infanzia. E’ stata carità vissuta spontaneamente: anche questa è carità”.
Adele Bellati: “Alcune scelte fatte con mio marito e i figli di aiutare amici in difficoltà, sia a livello spirituale che economico, ci hanno portato a riconoscere alcune nostre fragilità umane: ad esempio quando ci siamo sentiti quasi in diritto di giudicare quegli stessi amici che avevamo aiutato nel momento del bisogno: occorre vigilare attentamente si noi stessi!  Mi sembra che sia proprio bello affrontare il tema della carità nella  nostra comunità.”
Suor Stefania: “Per la mia famiglia d’origine, soprattutto per mia mamma, l’attenzione all’altro era la normalità. Mi piacerebbe che nella catechesi le famiglie per prime vivessero gesti concreti di carità, ad esempio in occasione della giornata missionaria, in cui coinvolgere anche i bambini, oppure in Avvento o in Quaresima, come abbiamo già sperimentato positivamente nelle iniziative proposte a sostegno del nostro banco alimentare.”
Suor Agnese: “Mi ritrovo nelle parole di suor Stefania: anch’io in famiglia ho vissuto la carità nella sua normalità. Mi sono chiesta come fosse maturata in me la carità e ho trovato la risposta: nella quotidianità della mia vita familiare, nella disponibilità e ospitalità dei miei genitori nei confronti dei forestieri, soprattutto durante l’alluvione che abbiamo vissuto nella mia terra. Allora c’era il riconoscimento che tutto è un dono di Dio e che c’era la Provvidenza a sistemare tutto. E torno a dirmi: quello che ho è un dono che ho ricevuto e che posso solo donare a mia volta. È necessaria -da parte di tutti noi- una conversione continua, che avviene se io per prima riconosco come un dono l’Amore del Signore. Avverto come particolarmente urgente una corresponsabilità nella carità tra i genitori, affinché, ad esempio, alcune mamme offrano il loro contributo nella gestione degli spazi dell’oratorio e dei ragazzi che lo popolano durante la settimana. È necessario infine riscoprire la logica della condivisione di quello che si ha, di se stessi, a partire dai bambini.”
Carlo Cara: “Nella comunità indirizzo le persone interessate ai servizi caritativi. Sono il nonno della scuola elementare di via Saponaro e aiuto le persone anziane del mio quartiere, le quali, spesso hanno solo la necessità di essere ascoltate. Al Gratosoglio ho notato questa difficoltà delle persone: molte fanno fatica a chiedere, ad esprimere il bi-sogno, specialmente gli anziani. Sono convinto che l’ascolto sia una grande forma di carità. E chiedo: come ‘funziona l’ascolto nei nostri centri di ascolto caritas? È immaginabile un ‘ascolto’ anche presso la casa delle persone bisognose?”
Don Giovanni: “La Caritas, in origine, nell’intuizione di Paolo VI, ma anche nella concezione che ne aveva il cardinal Martini, aveva una funzione pedagogica, quella di animare e suscitare il senso di carità nelle comunità cristiane. Infatti attualmente nei percorsi educativi dell’oratorio l’atten-zione a vivere la carità è già presente. Auspico quindi un maggiore raccordo tra gli oratori e i servizi caritativi.”
Adele Bellati: “Vorrei che anche i bambini potessero sperimentare esperienze di carità, sulla falsa riga della Ciclobefana: si potrebbero proporre ai Cic alcune attività nelle case di riposo di via Baroni, anche tramite gli operatori della Caritas.”
L’AVVENTO 2016 – confronto
Ivano Olini: “Per quanto riguarda la visita di Natale alle famiglie, proporrei di portare e consegnare nelle scale il pieghevole con i servizi e le attività della comunità pastorale. Per quanto riguarda invece l’animazio-ne della liturgia domenicale, sottolineo la necessità di coinvolgere tutte le fasce d’età, quindi tutta l’assemblea, con attenzioni mirate.”
Luca Mastromauro: “Mi preme segnalare la necessità di turnazioni per l’animazione della liturgia domenicale anche rispetto all’animazione del canto (mi riferisco in particolare al coro dei bambini della messa delle 11 a MMC…
Adele Bellati: “Ritengo sia importante coinvolgere nell’ani-mazione della liturgia persone qualunque, normali, non rientranti nel giro dei soliti noti, e dare loro la possibilità di sperimentarsi e mettersi in gioco.”
Carlo Cara: “Mi piacerebbe che l’assemblea fosse coinvolta, come nella chiesa del paese in cui vado in vacanza d’estate, nella recita della preghiera dei fedeli”
Arcangela Mastrolillo: “Prima di decidere cosa fare per l’animazione delle messe dell’Avvento, penso sia importante soffermarsi sul capire che cosa passare, su che cosa trasmettere nel tempo dell’Avvento, quale messaggio e quale ricchezza trasmettere”.
Don Alfredo riprenderà con gli incaricati Caritas e col Gruppo liturgico gli spunti emersi perché siamo alla base delle proposte e iniziative che saranno fatte alla comunità intera nelle diverse occasioni dell’anno pastorale.    L’intento dichiarato è fare nostro sempre di più lo sguardo di Gesù pastore.
(a cura di Giacomo Vitali -che ringraziamo- e d.Alfredo)