30 novembre 2019

Le confidenze dell’angelo Gabriele

Carissimi, l’angelo birichino che sta accompagnando il nostro Avvento, nella festa dell’Immacolata si presenta a noi attraverso lo straordinario incontro con Maria.
Ci lasciamo guidare dalle parole del nostro Arcivescovo Mario [i grassetti sono nostri, ndr] che nell’omelia dell’8 dicembre dello scorso anno ci ha parlato delle confidenze che ha ricevuto dall’angelo Gabriele.
Buona meditazione.
don Alfredo

Non dovete credere che sia un mestiere facile quello dell’angelo inviato da Dio nella città di Galilea chiamata Nazaret. E in genere non dovete pensare che sia un mestiere facile quello di un angelo inviato in qualsiasi città. Forse neppure a Milano è tanto facile essere mandati per portare un annuncio da parte di Dio.
Ad ogni modo non è stato facile la mia missione di angelo inviato a Nazaret. Provate voi ad avere una gioia che trabocca dentro, una gioia che fa ardere il cuore, una gioia che fa danzare, esultare, una gioia che mette voglia di invitare tutti a fare festa, ad abbracciarsi in un entusiasmo contagioso. Provate voi a gridare in mezzo alla città: Rallegrati! Esulta! Gioisci! Provate!
La gente indaffarata, tutta presa dagli impegni, dalle scadenze, dagli affari alza appena la testa e la scuote e disapprova: in città arriva di tutto! Anche i matti li lasciano in giro. Non perdere tempo ragazzo! Pensa a lavorare: gli affari sono affari e il tempo è denaro. Non ti vergogni di invitare alla festa nel paese indaffarato? Il veleno del serpente antico ancora avvelena la vita con l’avidità e la frenesia.
La gente invidiosa, la gente presuntuosa, i mercanti di allegria a prezzi scontati ti minacciano con una evidente ostilità: vai altrove a offrire la tua gioia! Non vedi che questo è il nostro mercato? Qui prosperano i nostri affari, perché noi vendiamo a buon prezzo polveri che fanno sognare, filtri magici che rendono euforici, giochi che inculcano struggenti frenesie di ricchezze improbabili. Non hai paura di offrire la gioia nella piazza del paese dell’euforia artificiale?
Provate ad annunciare a questa gente: rallegratevi! Il veleno del serpente antico ancora avvelena la vita con le passioni e l’orgoglio suscettibile. E poi ci sono le tristezze struggenti, le ferite dolorose della vita, le speranze deluse, gli amori sognati che non si sono mai compiuti, i figli attesi che non sono mai arrivati o che non hanno mai visto la luce, le solitudini desolate di chi ha dato tanto a tanti e si rende conto che al bisogno non riceve niente da nessuno. Di fronte alle pene inconsolabili, l’annuncio ti muore sulle labbra: come è possibile proclamare: “Rallegrati!”? Il veleno del serpente antico ancora avvelena le tristezze struggenti insinuandovi il sospetto sull’insensibilità di Dio e la sua assenza.
Non è facile la missione dell’angelo della gioia!
Ma poi sono entrato nella casa di Maria
la più santa e la più libera di tutte le creature. In quella casa, in quella donna fidanzata a un uomo della casa di Davide di nome Giuseppe, in quel dialogo al quale era sospesa la salvezza del mondo, ho visto le vie misteriose che percorre l’annuncio della gioia per diventare un “magnificat”.
L’annuncio della gioia irrompe come uno spavento: Maria rimase molto turbata. L’annuncio alla gioia, che è poi la mia missione di angelo del Signore, non entra nella vita di una persona come un’allegra eccitazione, come una piacevole distrazione dai fastidi della vita. È invece una proposta di vita. È una chiamata, non un sentimento; è un fuoco che arde dentro, non un lasciarsi andare disimpegnato. È l’apertura di un orizzonte impensato, non l’esaudimento di un desiderio. Perciò l’annuncio della gioia che viene da Dio irrompe nella casa di Nazaret come uno spavento.
L’annuncio della gioia consegna un nome nuovo: piena di grazia. Il nome nuovo è come una rinascita, il dono di una vita nuova, la rivelazione dell’identità più vera. “Chi sono io?” si chiedeva Maria. Ed era abituata a rispondersi: io sono Maria, una ragazza di Nazaret, devota e buona, e sono promessa sposa a un uomo della casa di Davide, a Giuseppe, il falegname. E io, angelo mandato da Dio, l’ho chiamata con il nome che svela il mistero che è in lei, la sua santità, la grazia che l’ha ricolmata della vita di Dio. All’annuncio della gioia di Dio viene alla luce la verità profonda della persona amata dal Signore, si aprono nuove strade, si accolgono i misteri santi della vita divina, indicibili, incomunicabili, eppure i più veri e i più necessari perché si possa accogliere l’annuncio della gioia.
L’annuncio della gioia rinnova una promessa: il Signore è con te! L’impresa di riconoscere la propria vocazione alla pienezza della gioia, l’impresa di far risplendere la verità profonda del cuore è impresa troppo ardua: non basta la buona volontà che si impegna, non basta l’intelligenza che comprende, non bastano le condizioni propizie. È necessario dimorare nella comunione, poter contare sull’alleanza con il Dio fedele.
Non è una missione facile quella di essere l’angelo che annuncia la gioia dei tempi messianici, ma mi riempie di fierezza e di gioia constatare che la potenza di Dio schiaccia la testa al serpente antico e guarisce dal veleno uomini e donne che come Maria accolgono il messaggio e così gli indaffarati, malati di avidità e frenesia, trovano pace e si aprono alla gioia; e i presuntuosi e gli idolatri, malati di passione e di orgoglio suscettibile, sono liberati e imparano l’umiltà e la purezza di cuore; e così gli afflitti, malati di sospetto sulla bontà di Dio, sono riconciliati e imparano a irradiare bontà oltre ogni confine desiderato.
Così mi ha confidato l’angelo Gabriele che è stato inviato in una città della Galilea chiamata Nazaret a una vergine di nome Maria, promessa sposa a un uomo della casa di Davide chiamato Giuseppe.

Arcabas, l’artista che ha dipinto l’annunciazione qui sopra, inserisce tra Maria e l’angelo una colomba dorata che si avvicina a Maria spingendo davanti a sé una piccola croce anch’essa d’oro. Un oro che si diffonde sull’abito, sul volto e sulle mani di Maria, quasi trasfigurandola. L’oro della divinità, della gioia, della gloria però nella forma del dolore e della morte. L’oro della vittoria, anche su quella forma e su quella morte. Perché come scriveva Alda Merini:
Maria era una donna che aveva in animo la poesia: per lei un angelo poteva essere una visita di tutti i giorni. Anche il pensiero di Maria era angelico, e non esitò a dire il suo sì, a manifestare la sua obbedienza. L’obbedienza non teme la morte né il patimento, chi obbedisce percorre moltissime strade e non è mai solo.