01 febbraio 2014

A suor Armida

Ricordo il primo incontro quando venisti al Gratosoglio insieme a due consorelle a veder la casa ti si strinse il cuore, ti parve una prigione con le finestre in alto. Questo spiegò la suora ch’era a te accanto, perché tu dal dolor compressa non riuscivi a dir parola alcuna, solo silenziose lacrime scendevano sul tuo rosso viso.
Io per consolarti sorridendo dissi: “Su, coraggio, suora, Dio è dappertutto, pensa a Gesù imprigionato nei cuori bui, angusti, guarda in alto, guarda il cielo, e diverrà una prigione dorata!”
Per tutta risposta, mi lanciasti un’occhiata come fosse una spada e andasti via. Ci vedemmo dopo un po’, familiarizzammo, ci fu tra noi subito intesa, a volte ci pareva di conoscerci da sempre!
Ogni tanto ricordando il primo incontro, scoppiavi a ridere di gusto, perché pensavi ch’io fossi suora,
ma quando scopristi ch’ero sposata, madre di due figli e, che uno dei due l’avevi conosciuto all’inizio del tuo servizio qui a San Barnaba, il tuo stupore e, la tua gioia furon tali da farti lacrimare e, raccontavi il tuo rammarico, per aver scaricato la tua rabbia su di lui, facendogli spostare le panche ch’erano in giardino dentro casa e poi, riportarle fuori, lui senza obiettare ubbidì ai tuoi ordini.
Da allora lo chiamasti: “il mio Giovanni”. Quando ne facevi memoria, dal cuor commosso, gli occhi s’empivan di lacrime, sul labbro aleggiava il tuo bel sorriso, e sul volto luminoso, ne traspariva del ricordo,
tutta l’amabil tenerezza d’una madre!
Sei entrata nella mia vita lieve e dolce come venticello di primavera, che t’accarezza il viso e, tu ne godi della sua frescura. Così la tua carezza, dolce come balsamo ha guarito la ferita del mio cuore, spazzando via l’ultima ombra e timore.
Colmo di gratitudine sale al Signore il mio cuore, per questo tratto di vita che abbiam percorso insieme.
Tu amica vera,
Tu sorella in Cristo,
Tu madre colma d’amore.
Grazie!

La piccola Maria Arcangela