04 aprile 2020

Commento al Vangelo della Domenica delle Palme – Messa del giorno, di don Walter Magni


Dopo aver risuscitato Lazzaro, Gesù torna a Betania e Maria, durante una cena imbandita in Suo onore, compie un gesto che anche Gesù terrà ben in mente. Ci sono gesti che dicono un perdono senza guadagno, un dono senza ricambio che una volta compiuti vanno oltre il tempo e lo spazio, introducendoci nel mondo stesso di Dio. Dopo che Gesù è entrato nella nostra storia, anche a noi è dato di entrare nella pienezza della gratuità dell'amore di Dio.

Un amico che ascolta

Al termine del racconto evangelico che narra la resurrezione di Lazzaro, Giovanni nota che i farisei “da quel giorno decisero di ucciderlo” (11,53). E, mentre nel clima della festa di Pasqua la gente s'aspetta di vedere Gesù, “i capi dei sacerdoti e i farisei avevano dato ordine che chiunque sapesse dove si trovava lo denunciasse, perché potessero arrestarlo” Così Gesù decide di rimanere appartato, tanto che di lì a pochi giorni, la sera del nostro Giovedì santo, pregherà così: “la mia anima è triste fino alla morte” (Mt 14,34). Forse neppure i Suoi possono intuire cosa sta provando. Non Gli resta che stendere la mano, nella speranza che qualcuno almeno se ne accorga. Così, lasciandoSi ancora guidare dallo Spirito Si reca là dove qualcuno Lo ascolterà sicuramente. E “Gesù andò a Betània, dove si trovava Lazzaro, che egli aveva risuscitato dai morti”. Qui c'è però un capovolgimento. Non siamo noi che stiamo fuori, ma è Lui che, stando fuori dalla porta di casa nostra, nella notte, bussa e ci chiede di entrare (Ap 3,20). Un Dio che bussa, che chiede di entrare, sino a rischiare d'essere scambiato per un estraneo, un importuno (Luca 11,5-9). Lazzaro e le sue sorelle, invece, semplicemente gli aprono, accettando di compromettersi, di perdere la faccia per Lui. Tanto che “i capi dei sacerdoti decisero di uccidere anche Lazzaro”. Di Lazzaro il Vangelo non registra una parola. Solo potremmo immaginare un sussulto del cuore. Quando anche Dio è nei guai, allora “la dolcezza di un amico rassicura l'anima”. (Prov. 27,9).

La premura di Marta

Marta è probabilmente la donna di casa più pratica. Le basta vedere Gesù appena compare sulla soglia. La voce che il Maestro è ricercato dai capi sta circolando. Così decide di preparare “per lui una cena: Marta serviva e Lazzaro era uno dei commensali”. In quella cena un po' improvvisata sta tutto il suo ringraziamento per il ritorno in vita del fratello Lazzaro. E già in quella cena s'intuisce l'anticipo, la profezia della cena che Gesù farà con i Suoi di lì a qualche giorno. Chiedendo come un testamento, che venga ripetuta nei secoli per sempre: “fate questo in memoria di me” (Lc 22,19). Lo stesso clima della cena di Betania prelude a quella cena che Gesù stesso vorrà imbandire in una stanza al piano superiore, “per mangiare la pasqua con i suoi discepoli” (Mc 14,14). Ed è assistendo a questa cena di Betania che ancora possiamo sentire la condivisione della quale anche la nostra umanità è capace, offrendola a Gesù. Poco prima che anche Lui, mettendoSi in gioco tutto per amore nostro, ce la riproponga come un rito di valore infinito. Un'ospitalità, un'accoglienza tutta da imparare e da esercitare. In una lettera dal carcere Bonhoeffer scriveva: “I cristiani stanno vicino a Dio nella sua sofferenza, questo distingue i cristiani dai pagani. ‘Non potete vegliare con me un'ora?', chiede Gesù nel Getsemani. Questo è il rovesciamento di tutto ciò che l'uomo religioso si aspetta da Dio. L'uomo è chiamato a condividere la sofferenza di Dio... Non è l'atto religioso a fare il cristiano, ma il prendere parte alla sofferenza di Dio nella vita del mondo”.

La tenerezza di Maria

Ed è in questo contesto così familiare che “Maria prese trecento grammi di profumo di puro nardo, assai prezioso, ne cosparse i piedi di Gesù, poi li asciugò con i suoi capelli, e tutta la casa si riempì dell'aroma di quel profumo”. Un gesto che solo l'amore può inventare. Rompendo ogni indugio, Maria compie un gesto che le viene dal profondo del cuore. Si avvicina dalla parte dei piedi di Gesù li abbraccia baciandoli; e versando un profumo costosissimo li asciuga con i suoi capelli. Pretendere di teorizzare su questo gesto di puro amore non porta a nulla. Qualcosa si potrebbe intuire rifacendoci a quell'ascolto intenso del Maestro che Maria ha espresso nei confronti del Maestro in occasione di una visita di Gesù a Betania (Lc 10,38-42). Forse, ascoltandoLo con attenzione, ha registrato qualche passaggio dell'anima del Maestro che l'ha molto colpita. Che può fare per consolarLo? Solo quello che è in grado di fare: un semplice gesto carico d'amore! Senza dire una parola. Stando anche noi in silenzio saremo più pronti a cogliere la fragranza del profumo che Maria versa sui piedi di Gesù. Una scena da contemplare, come quella del Discepolo amato che, durante l'ultima Cena, poserà la sua testa sul cuore di Gesù (Gv 13,23-26). Se, invece, osi prendere la parola per dare un giudizio, un parere, il rischio è quello stesso di Giuda che, rompendo l'incanto, osa proporre a tutti una pessima lettura del gesto di Maria. Fratello che ascolti: meglio prolungare il nostro silenzio nei giorni della tenerezza, tenendo lo sguardo fisso sul mistero di Gesù che avanza in tutto il Suo splendore.