25 settembre 2015

C'è un tempo per ogni cosa... Qual è il nostro tempo?

Domenica 20 settembre, nella giornata di inizio anno pastorale, i nostri sacerdoti ci hanno invitato a sostare sull’importanza di aiutarci insieme a riconoscere questo tempo.

L’espressione è di Gesù nel Vangelo di Luca al capitolo 12,54-56:  Diceva ancora alle folle: «Quando vedete una nuvola venire su da ponente, voi dite subito: "Viene la pioggia" e così avviene.  Quando sentite soffiare lo scirocco, dite: "Farà caldo"; e così è. Ipocriti, l'aspetto della terra e del cielo sapete riconoscerlo; come mai non sapete riconoscere questo tempo?»
Riportiamo per intero la riflessione proposta da don Alfredo per poter coinvolgere tutti in questo interrogativo.

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Il tempo (‘cronos’ e/o ‘kairòs’), anche quello dell’uomo, è il luogo insieme della fedeltà e dei ‘cambiamenti’, meglio della fedeltà nei cambiamenti.
L’anno pastorale che iniziamo sarà tempo favorevole per celebrare la fedeltà di Dio “Padre di misericordia” e per rinnovare la decisione di lasciarci cambiare il cuore e la vita da questo amore. Potremmo chiederci anzitutto come singoli, ma poi come coppie e famiglie: Cosa suscita in me la parola “cambiamento”? (cfr. riserve, timori, paure… ma anche desiderio, nuova energia, attese...). Immergermi nella “misericordia” di Dio a quali cambiamenti mi chiama? Come io devo cambiare?
E poi, come appartenenti alle comunità parrocchiali di Gratosoglio dobbiamo chiederci: Se pensiamo alla vita delle nostre parrocchie cosa suscita in noi la parola “cambiamento”? (cfr. riserve, timori, paure… ma anche desiderio, nuova energia, attese...). Immergerci nella “misericordia” di Dio a quali cambiamenti ci chiama? Come noi dobbiamo cambiare?
Aiutiamoci insieme a decifrare il “tempo delle nostre comunità”, non dimenticando che non può esistere una comunità fotocopia dell’altra perché diverso è il quartiere di cui è parte ma poi anche per la propria storia che è il risultato dell’intrecciarsi delle storie dei suoi parrocchiani e degli altri soggetti che la compongono o che con essa interagiscono.
Pensando al percorso che abbiamo fatto e siamo chiamati a proseguire nella vita delle nostre comunità parrocchiali, possiamo ritrovare segni del-la fedeltà dell’amore di Dio e processi già innescati di cambiamento (cfr. cambiano le modalità di alcune proposte e momenti della vita della comunità ma non la straordinaria possibilità garantita dallo Spirito di Dio di fare ancora oggi esperienza viva di Cristo e del suo amore proprio in essa e grazie ad essa), e anche dagli avvicendamenti in corso nelle presenze che accompagnano le nostre comunità… o dalla ordinazione sacerdotale di d.Lorenzo… è possibile raccogliere spunti nella medesima direzione: ad esempio il primato della Parola, la centralità dell’eucaristia domenicale, l’impegno a vivere il comandamento della carità coi fatti e non a parole, la pulizia e la sobrietà nella/del-la proposta ’pastorale’, ‘camminare insieme’ tra parrocchie e gruppi non per forza ma volentieri, la cura dei ’più piccoli’ tra noi e attorno…
Cosa possiamo dire di noi che abitiamo a Gratosoglio?  Prima ancora di esprimere giudizi morali (col risultato di sentirci migliori di altri): sappiamo riconoscere i segni più evidenti del mondo che è cambiato nelle nostre relazioni famigliari? E nella rete di relazioni che intratteniamo nelle scale dei nostri condomini, nei luoghi del lavoro, negli ambienti aggregativi (gruppi, associazioni, organi di partecipazione, ma anche parchetti...)?  Nel vivere ormai in un mondo “multi” - razziale, culturale, religioso, linguistico…
Ma pure sappiamo riconoscere i segni della fedeltà di Dio in questo mondo che muta? … quanto bene silenzioso, discreto, concreto viene donato nella ferialità! Quante attenzioni per i piccoli, gli anziani, i malati fisici e psichici, i disabili,  gli stranieri, le persone sole…
Cosa possiamo dire di noi che riconosciamo nell’appartenenza alla comunità parrocchiale un tratto fondamentale e irrinunciabile della nostra vita? Cosa possiamo dire delle nostre comunità parrocchiali?

Il papa chiede di diventare ‘Chiesa in uscita’: uscire significa lasciare alle spalle, rinunciare a qualcosa divenuto stabile e sicuro per aprirsi all’incertezza di passi nuovi. Restare ancorati al passato non avrebbe permesso ad Abramo, Mosè, al popolo d’Israele, agli apostoli di Gesù… di vivere la dinamica della fede e della vita. Come declinare per noi l’invito a ‘cambiare in uscita’? Certo rinunciando ad un atteggiamento di autoconservazione trionfale di noi e delle nostre iniziative ma anche reagendo alla demotivazione e depressione pastorale spesso in agguato tra noi.
La logica dell’incarnazione ci richiama sempre alla concretezza della realtà umana: realtà nella quale anche oggi il Vangelo è vissuto nel quotidiano più di quanto appaia. Riconoscere, sostenere, accompagnare sono verbi che dicono uno stile di Chiesa attenta alle persone prima che alle proprie iniziative, in ascolto prima che docente, ‘esperta in umanità’ e perciò accogliente...

Il Vescovo sprona ad una esperienza di fede capace di plasmare la mente, il cuore, la vita in tutti i suoi aspetti. La fede o permea tutto nella vita della persona o non è fede. E’ un processo di cambiamento che impegna tutta la vita, e trova nella Parola e nei sacramenti il proprio nutrimento e conforto: il nome cristiano del cambiamento è conversione del “cuore”. In particolare i cammini di iniziazione alla vita cristiana, con un forte coinvolgimento delle famiglie, sono il luogo nel quale le parrocchie raccolgono la sfida ad unire la vita e la fede, la fede e la vita… ma poi ci sono le provocazioni legate al modo col quale noi celebriamo o approfondiamo i misteri della nostra fede: l’anno liturgico, il triduo pasquale, l’eucaristia domenicale e feriale, gli altri sacramenti e tra questi la riconciliazione in particolare, il funerale… la catechesi degli adulti... momenti nei quali l’annuncio della Parola e non delle nostre parole segna la differenza e getta un seme che certamente porterà frutto per la vita.
Il Sinodo dei Vescovi sulla famiglia ci ripropone l’urgenza di tessere pazientemente le trame di una relazione premurosa e accogliente tra le famiglie e con le famiglie tutte! Ogni famiglia ha le sue difficoltà e prove che sono maggiormente sostenibili quando si è meno soli. Al di là degli approcci ideologici e statistici la chiesa ci invita a rimettere continuamente al centro della attenzione e della vita delle parrocchie la famiglia, ‘soggetto di evangelizzazione’: quando ci decideremo a prendere in seria considerazione questo invito? (pensate agli orari degli appuntamenti della comunità, ai troppi impegni richiesti ai soliti pochi sposi della comunità che restano così gravati, alle enormi possibilità dei CIC se solo osassimo a dare un po’ più di fiducia ai genitori, alla preziosa esperienza di ben 3 gruppi famiglia…)
I poveri del mondo (vicini e lontani) ci urlano la necessità/occasione di aprirci all’accoglienza per essere protagonisti attivi della costruzione del ’nuovo mondo’ che viene alla luce nelle doglie di questo inizio del millennio. Il frutto del cambiamento è il dono d’amore della nostra vita. I poveri ci fanno un grande dono: riflettono come in uno specchio dal vivo il vero volto di ciascuno di noi che siamo piccoli, poveri, ‘mendicanti’ di tutto…  La povertà invece no non è un dono bensì una maledizione da combattere insieme con tutte le forze. Quanti segni belli, spesso più veri perché ben nascosti agli occhi degli altri, ma non certo agli occhi di Dio, sono dono della comunità nel quartiere e anche oltre (grazie all’impegno missionario addirittura ‘fino ai confini del mondo’).
C’è una storia di generosità e operosa carità che ci precede e che ci è consegnata perché ne rinnoviamo le forme nella fedeltà alla sua origine sorgiva: il dono d’amore che Gesù ha fatto di sè sulla croce.
I poveri ci fanno un grande dono a cui si può rispondere solo con un dono grande: quello del nostro amore e della nostra vita.
Infine, ma non ultimo per importanza, i ragazzi e i giovani hanno diritto alle migliori cure e attenzioni educative perché sono il nostro futuro, il futuro del mondo. In questo impegno i genitori sono insostituibili ma non sufficienti da sempre e in particolare nel nostro tempo… La tradizione della chiesa ci consegna esempi luminosi per momenti difficili come il nostro, laddove sono state suscitate delle comunità educanti per sostenere e completare l’opera educativa.
Insieme ai passi compiuti in questa direzione nelle nostre due parrocchie, occorre con determinazione proseguire un cammino di rinnovata assunzione di responsabilità da parte di giovani e adulti per l’educazione dei nostri ragazzi con il coinvolgimento convinto e appassionato di nuovi educatori sia nell’ambito ricreativo e sportivo che in quello formativo e spirituale. Qui più che mai interrogarsi, lasciarsi mettere in discussione, confrontarsi sui differenti modelli educativi è utile per cambiare in positivo e insieme.
  … il prossimo 7 ottobre il Consiglio Pastorale ripartirà da qui per individuare alcuni passi comuni da proporre lungo l’anno pastorale. Lasciamoci tutti raggiungere dalle domande e dalle riflessioni qui offerte. Come già alla giornata d’inizio anno, è bello portare il proprio contributo di esperienza e di riflessione perché arricchisca tutti. È possibile consegnare, direttamente ai preti o in casella della posta un proprio scritto breve, come anche prendere parte alla riunione stessa del Consiglio.
Con metà ottobre prenderà il via il percorso per fidanzati in vista della celebrazione del sacramento del Matrimonio negli anni 2016 e 2017. Gli interessati che ancora non l’hanno fatto sono invitati a contattare don Alfredo (3395334701).

Qua la mano! In occasione della ripresa delle attività della parrocchia dopo l’estate desidero rinnovare l’invito a rendersi disponibili per alcuni servizi utili alla comunità…


Le nostre parrocchie vivono del generoso e disinteressato impegno di molte (o poche?) persone che svolgono secondo le capacità e il tempo di ciascuno diverse mansioni (che la chiesa riconosce come autentici ‘ministeri’): fare le pulizie della chiesa e dei sagrati, curare il verde, alcune piccole manutenzioni ordinarie, prestarsi come lettore specie per le messe meno frequentate (la domenica sera e le nei giorni feriali), collaborare al canto liturgico nei cori o a seguire le celebrazioni di battesimi e funerali, affiancarsi agli educatori dell’oratorio nei momenti di apertura dei cortili o per l’attività dei compiti del doposcuola, per qualche attenzione ad anziani e malati... e altro ancora.

Solo col piccolo contributo di ciascuno la comunità può dare testimonianza di amore operoso nel quartiere. Per dare una mano invitiamo a contattare direttamente i sacerdoti o le suore. Grazie!