14 novembre 2008

SPECIALE SCUOLA

Le polemiche ed i contrasti molto accesi, che in questi giorni agitano il complesso mondo della scuola, impediscono una serena e seria riflessione su quello che deve essere il bene dei nostri ragazzi. Ci aiuta in questo il nostro amico Natalino Stringhini, membro del nostro Consiglio Pastorale Parrocchiale


La scuola italiana e, in generale, tutto il sistema dell’istruzione, della formazione e della ricerca sta vivendo un passaggio delicatissimo.

A partire dall’agosto scorso la ministra dell’istruzione Maristella Gelmini ha introdotto in modo improvviso (con il decreto legge 137/2008) provvedimenti che con il voto del Senato del 29 ottobre sono diventati legge dello Stato.

Non ha solo introdotto il grembiulino, l’educazione civica, ma ha operato sostanzialmente sull’ossatura stessa della scuola italiana, richiedendo l’abbandono della seconda maestra, passando al sistema numerico della valutazione, imponendo un pesante taglio di risorse sulla scuola e la formazione, riducendo di fatto lo sforzo del Paese rispetto al suo futuro, in una fase in cui molte altre Nazioni europee stanno affrontando la crisi investendo sui temi formativi ed educativi.

Tutto questo è stato fatto senza un dialogo costruttivo con gli insegnanti, con le famiglie e con coloro che sono direttamente coinvolti nella scuola italiana cioè i giovani, dando l’impressione che invece di una vera “riforma” pensata e condivisa del sistema, si nascondesse l’esigenza frettolosa di ridurre la spesa in un ambito tra i più delicati del Paese.

Sette miliardi di tagli nei prossimi tre anni e il relativo licenziamento di 87.000 insegnanti e 42.000 persone dedite a sevizi amministrativi e di sorveglianza, dicono della consistenza dell’intervento che di fatto condizionerà la capacità della scuola pubblica di rispondere con qualità alle esigenze formative ed educative delle nuove generazioni.

Al di là delle molte polemiche anche pretestuose ed assurde come quella che rilevava esserci in Italia più bidelle che carabinieri, mi sembra importante evidenziare cinque livelli di problematicità che avranno, comunque la si pensi, una ricaduta sui ragazzi, i genitori e le famiglie e sul modo di intendere la qualità degli obiettivi che dovranno orientare queste ed altre scelte che si stanno profilando nel Paese.
Il primo livello di ragionamento si riferisce all’introduzione del maestro unico che indebolisce di fatto la risposta del sistema scolastico nella scuola primaria: molti osservatori avevano già sottolineato come la primaria fosse il segmento più apprezzato della nostra scuola anche a livello europeo. Il richiamo fatto da diversi adulti sulla loro positiva esperienza di apprendimento con una sola maestra, mostra il fianco quando ci si ferma ad osservare quanto è cambiata la società rispetto anche a pochi anni fa e come il contesto in cui oggi il ragazzo vive richieda un accompagnamento più sofisticato nell’utilizzo dei vari strumenti e dei diversi linguaggi che una sola persona riuscirebbe ad operare con difficoltà.

Il secondo livello è quello che si riferisce al taglio del tempo scuola e all’accorpamento delle scuole su tutto il territorio nazionale. Non ci si può nascondere dietro l’osservazione che in Lombardia poco cambierà, ci saranno parti del Paese che non avranno più un ambiente educativo che nel bene e nel male ha sempre rappresentato una presenza significativa anche in contesti difficilissimi; ma anche da noi avrà le sue ricadute in termini di tempo prolungato, della formazione delle classi, della qualità dell’offerta e di quale istituzione dovrà farsi carico di rispondere al bisogno delle famiglie di non lasciare i figli alla loro mercè, davanti alla televisione o sulla strada, mentre i genitori sono al lavoro. C’è il rischio reale che a questi tipi di esigenze possano rispondere solo chi ha già un reddito cospicuo.

Come terzo va posta un’attenzione particolare all’introduzione della valutazione numerica nella condotta e nelle diverse discipline. Alle elementari e alle medie dunque già da quest’anno sono cancellati “sufficiente”, “buono”, “distinto”, “ ottimo” per far posto ai voti dallo 0 a 10 come avveniva un tempo. Non è solo il fatto di essere più chiari nella valutazione , dietro ci stanno fior fiori di ricerche e studi pedagogici che avevano orientato al metodo del giudizio che procedeva per obiettivi e che puntava in modo prevalente al coinvolgimento dell’alunno e della famiglia. Rischia inoltre di creare l’illusione che un cattivo voto dato in condotta possa arginare il ben più complesso problema del bullismo che va invece affrontato con interventi legati al senso delle cose e con una discussione aperta intorno agli stili di vita che si intendono proporre ai giovani attraverso un discorso complessivo della società.

Un altro piano di ragionamento si riferisce proprio al futuro della funzione docente nel nostro Paese: tirata tra coloro che sostengono essere una posizione debole e mal pagata e coloro che affermano che sarebbe troppo pagata rispetto al tempo effettivo di lavoro. Sta di fatto che questa professione non attira più l’apprezzabilità dei giovani più orientati su altre figure ben più appaganti e apprezzate dal comune sentire della società.

E a quelli che per anni sono stati impiegati nelle nostre aule senza raggiungere la meta del “ruolo “ che cosa capiterà? Anche qui abbiamo assistito ad una serie di proposte allucinanti; c’è stato chi ha proposto di mandarli nel settore del turismo. Che dire invece di valorizzare le competenze da loro acquisite e sul piano educativo e sul piano delle discipline per rinforzare la capacità complessiva della nostra società ad affrontare i numerosi e per certi aspetti inediti bisogni di senso e di tenuta comunitaria?

E per finire due semplici domande: non è vero forse che il mondo degli adulti sta scaricando sulle fasce d’età più deboli le sue scellerate scelte portando a gonfiare i bilanci statali di debiti che comunque adesso qualcuno deve pagare?

E la classe politica sta facendo del suo meglio individuando nei giovani, nell’investimento sulla loro formazione e sul loro futuro il settore dove risparmiare in maniera così pesante e in modo così affrettato? Che cosa possono pensare di noi adulti i nostri figli o nipoti quando prospettiamo loro un oggi e un domani senza troppe opportunità per la loro realizzazione e per avere quello che le nostre generazioni hanno ottenuto: la possibilità di formarsi una famiglia, avere un lavoro sicuro, poter accedere ad un mutuo per farsi una casa, l’eventualità di poter mettere da parte qualcosa per la propria vecchiaia? Non sta crescendo di fatto una evidente ingiustizia che abbiamo alimentato con il nostro sistema? E ancora: possono le comunità cristiane essere indifferenti a queste problematiche proprio quando ad essere messo in discussione è il senso dello stare insieme e sul come stare ed operare con le generazioni più giovani?

Mi sembra una risposta molto superficiale anche quella che si era fatta sentire nell’esplodere della contrapposizione e che sosteneva classi per soli stranieri per realizzare più integrazione. Colui che parlava, anche se altolocato, non sapeva né conosceva la scuola italiana; non sapeva quante risorse vengono messe in campo nella quotidianità per integrare pazientemente ciò che viene considerato diverso: spesso è solo la scuola che in molti territori fa questo e che “mischia”, nella crescita, bambini italiani e bambini stranieri in una palestra di integrazione educativa e culturale.

Natalino Stringhini