02 ottobre 2009

La povertà è sempre più trasversale

Operai generici in cassa integrazione. Donne straniere che non riescono più a trovare un posto come badanti e colf nelle famiglie italiane. Piccoli artigiani e lavoratori dipendenti strozzati dai debiti. Sono queste le vittime della crisi economica secondo l’” Ottavo rapporto sulle povertà della Diocesi di Milano” presentato oggi mercoledì 30 settembre 2009, in via San Bernardino 4 a Milano durante il convegno “Crisi economica e crisi delle famiglie” organizzato da Caritas Ambrosiana.
La ricerca, realizzata dall’Osservatorio diocesano sulle povertà, si basa su un’analisi statistica del campione di famiglie che hanno chiesto aiuto nel corso del 2008 ai 59 centri di ascolto e ai servizi Caritas (15.809 persone) e su due approfondimenti dedicati a coloro che si sono rivolti al Fondo Famiglia Lavoro istituto dall’Arcivescovo (1.807 persone) e alla Fondazione San Bernardino (739 casi in tre anni in tutta la regione Lombardia).
Dall’analisi emergono profili diversi e problemi specifici.

I “poveri di lungo corso”
Gli utenti dei centri di ascolto nel 2008 sono per lo più donne (69%). Gli stranieri con il 74% prevalgono sugli italiani. L’età media è circa 40 anni (ma gli italiani sono generalmente più anziani). Il 46,5% ha raggiunto la licenza media inferiore o superiore. Poco più della metà (il 50,8%) è disoccupato. Tra gli occupati il 59% svolge attività di servizio alle persone presso i privati come colf e bandanti. I dati, dunque, confermano un identikit identico a quello degli anni precedenti. Vi sono tuttavia alcune novità che mostrano quanto la crisi economica abbia peggiorato le condizioni di questa fascia già debole della popolazione.
1) Aumentano le problematiche occupazionali che nel periodo gennaio-settembre 2008 si assestavano al 48,4% per salire al 50,8% negli ultimi tre mesi dello stesso anno, momento in cui la crisi è scoppiata. Ciò, tra l’altro, spinge a ritenere che proprio per effetto delle difficoltà del mercato del lavoro anche la pressione dei disoccupati sui centri di ascolto aumenterà nei prossimi mesi.
2) Rispetto al passato crescono in modo rilevante anche le problematiche legate al reddito, che passano dal 33,7% del 2007, al 40,5% del 2008.
3) Aumentano anche le richieste di beni materiali, soprattutto alimentari e vestiti (erano 23,9% nel 2007 sono il 28,9% nel 2008, quasi un terzo).
4) Mentre il numero delle persone che si sono rivolte ai centri di ascolto rimane pressoché identico (erano 15.901 nel 2007), aumentano i colloqui, i bisogni e le richieste. Il dato è segno della maggiore difficoltà degli utenti che non trovano risposta a problematiche più complesse e devono chiedere aiuto più volte e per periodi più lunghi.
5) Aumentano del 3% gli stranieri extracomunitari con regolare permesso di soggiorno, dunque quelli che più verosimilmente hanno intrapreso percorsi di integrazione. Il che fa supporre che i problemi derivati dalla crisi abbiano peggiorato le condizioni di coloro che avevano faticosamente raggiunto un livello di vita dignitoso, sospingendoli in una situazione di difficoltà estrema.
Infine un’indagine più specifica, condotta nel mese di giugno su alcuni centri di ascolto per meglio valutare gli effetti della crisi, conferma un generale aggravarsi della condizione di bisogno degli utenti: aumentano le segnalazioni di perdita di lavoro, cassa integrazione, riduzione dell’orario. Per sopperire al calo dei redditi, le persone cercano lavori integrativi. In particolare, alcune donne italiane si offrono come lavoratrici domestiche, mentre donne straniere che svolgevano l’attività di colf e badanti trovano più difficilmente impiego presso le famiglie italiane.

I “poveri per la prima volta”
Gli effetti della crisi, tuttavia, si possono misurare meglio tra i beneficiari del Fondo Famiglia e Lavoro, voluto dal cardinale Tettamanzi all’inizio dell’anno proprio allo scopo di aiutare le famiglie che perdono il lavoro.
Hanno fatto domanda al Fondo sia italiani che stranieri, in ugual misura. Gli uomini (73%) hanno prevalso sulle donne (27%). Circa quattro persone su dieci (il 36,5%) hanno un’età compresa tra i 41 e i 50 anni. La maggior parte delle persone è coniugata (il 66%) con uno o due figli (il 78,9%). Più delle metà è disoccupata e lavorava (il 61%) come operaio specializzato o generico, in genere nell’edilizia o nell’industria, i settori che paiono più colpiti. Poco più della metà (il 51%) ha debiti superiori o almeno pari al reddito complessivo che in genere non supera i 500 euro. Una situazione insostenibile se si tiene conto del fatto che solo il 25% vive in una casa popolare mentre il 43% paga canoni di affitto sul libero mercato.
Si tratta, dunque, per la maggior parte di famiglie del ceto medio-basso, che prima dell’ottobre 2008, erano già particolarmente vulnerabili e che la crisi ha fatto precipitare in condizioni di forte disagio.