13 marzo 2020

Commento al Vangelo della III domenica di Quaresima di padre Ermes Ronchi


Un Dio fedele alle sue promesse, come nella prima lettura, non mi basta. Molti uomini lo sono: fedeli agli impegni, alla parola data, fedeli a se stessi. Ma la differenza biblica è un Dio fedele non solo alle sue promesse, ma alla sua intenzione di bene verso l’uomo, fedele ad una volontà d’amore, fedele ad un futuro buono: “Renderò i suoi figli numerosi come le stelle del cielo”.
Nel cuore di tutti gli altri noi cerchiamo un perché, nel cuore degli altri un perché della nostra vita. Tutte le creature del mondo, bambini, uomini, donne, ragazzi, mogli, genitori, figli, suore, frati, perfino gli animali e i fiori, nel cuore degli altri cercano un perché.
Nel cuore di Dio noi cerchiamo un perché.
Oggi ci aiuta Abramo, che ha cercato e trovato, Abramo: il padre nella fede.

Nel lungo conflitto riferito dal vangelo, Gesù dice ai giudei, ai credenti e ai praticanti, di allora e di ogni tempo: voi avete costruito un modello perfetto, ma non avete l’essenziale. C’è la religione, ci sono i codici, ci sono le parole, ci sono i riti, ma non c’è più Abramo! Non c’è più la fede!
Quale monito anche per noi: Io che ho tutta la cornice religiosa, ho davvero la sostanza, la fede?
Ho Dio per padre?

Una parola terribile di Gesù ai credenti (solo a quelli di allora?): voi avete per padre il diavolo, siete suoi figli. Inversione di paternità, terribile rischio per tutti. Avete adottato un altro padre, perché ne fate le opere. Che sono due: violenza (è l’omicida fin dal principio) e inganno (è il padre della menzogna).

Come evitare il rischio di essere figli del diavolo?
Ascoltiamo Gesù: Chi è da Dio ascolta la mia parola! Lo dice anche a noi. È il primo criterio. Ascoltare, riaprire l’ascolto quotidianamente, tenacemente, fiduciosamente.
Poi aggiunge: Voi non siete figli di Abramo perché non fate le opere di Abramo. Fare le opere di Abramo, secondo criterio per chi vuol essere da Dio. Mi sono chiesto quali sono. Ne ho trovate tre: l'opera della fede, l'opera della libertà e l'opera della speranza.

L'opera della fede: Abramo è pronto all'impossibile, a contare le stelle e a misurare la sabbia, lui che cammina per tutta la vita dietro a quelle tre promesse: “Avrai più figli che stelle, una terra di latte e miele e una benedizione”. Un figlio, una terra, una benedizione. E Abramo va’. Vecchio d'anni ma non vecchio di cuore e ama le promesse di Dio più ancora della loro realizzazione. Perché Dio è affidabile. E Abramo si affida.
Ciò che Dio promette è perfino eccessivo, incomprensibile, illogico, ma Dio è affidabile. E quando deve portare il figlio Isacco sul monte e lo lega e alza il coltello, ciò che sta facendo è incredibile, in quel momento Dio nega le promesse di Dio, Dio nega Dio, c’è da impazzire, ma Dio è affidabile. Lui troverà il modo, ed è un angelo che ferma il balenare del coltello.
In tutte le vite, in ciascuno di noi, Dio è affidabile.
La fede di Gesù ha una sigla identificativa: la parola Padre. Che ricorre per quattordici volte in questo brano, eppure anche questa parola è ambigua. Abbiamo sperimentato nella vita, in noi e attorno a noi, paternità non sempre felici, non sempre feconde. Dobbiamo andare oltre a ciò che questa immagine suscita, oltre la parola, al di là della metafora. Anche dire Padre è dire poco, è dire male, dire nel limite. Dio non è ciò che dico di Lui, è oltre tutte le parole e più ti avvicini a Lui più appare Altro.
Un Dio da cercare sempre, da inseguire. Esci dalla tua terra, come Abramo, da dove credi di possedere. L’errore dei Giudei è questo: pensano di possedere Dio e la verità: noi siamo, noi sappiamo, noi.... La verità non è un possesso, è un rispetto, sapere di non sapere ancora.

L’opera della speranza: “Abramo, vostro Padre esultò nella speranza di vedere il mio giorno. Nella speranza non nella realizzazione. Abramo muore e della terra promessa ha ottenuto soltanto quanto basta a scavare due tombe, una per Sara e una per sé; dei figli come stelle, ne ha uno solo che ha rischiato di uccidere. Quasi niente, eppure conserva la fede. La speranza è, secondo una bella formula di Tommaso d’Aquino, la speranza è il presente del futuro. Abramo guarda il piccolo seme presente e vede la spiga futura. La speranza è una corda tesa verso il futuro, come il filo dei muratori, come la corda dei costruttori. La speranza è la virtù bambina, scrive Péguy, la più piccola delle tre sorelle, sta in mezzo, fede e carità la tengono per mano, ma non sono loro a portarla, in realtà è la piccola che tira avanti le altre due, è la speranza che trascina avanti la vita, corda tesa al futuro.

L’opera della libertà: è la parola più cara all’uomo ma anche la più ambigua e forse, insieme all’amore e alla verità, la parola più falsificata, più imbrattata della storia.
Abramo è il nomade che per letto ha la sabbia del deserto, sulla testa ha solo il cielo, e come recinto l’orizzonte. Libero di fare qualcosa che fino a un attimo prima era lontanissimo dalla sua intenzione, pronto a mettersi in viaggio verso una terra di cui non conosce il nome, che non sa dove sia, che per decidere dei pascoli dice a suo fratello Lot: scegli, se tu vai a destra io andrò a sinistra.
Più libero di Abramo è solo Gesù. Il fascino di Gesù uomo libero, che non si è mai fatto comprare da nessuno, accende trasalimenti in ognuno di noi, forse perché tutti soffriamo di imprigionamenti. Se ti fai lettore attento del Vangelo non puoi sfuggire all’incantamento per la libertà di Gesù. La libertà, non la fissità delle regole ma il vento che scompiglia le pagine e soffia via la polvere.
La libertà ha un segreto, il segreto è quel pezzo di Dio che è in te e che i veri maestri dello spirito ti invitano a scoprire e a liberare e ad adorare. Se sei fedele a questo pezzo di Dio in te sei libero dalla schiavitù degli altri, dalla schiavitù delle cose, dalle convenzioni, dai codici senza anima, dalle aspettative degli altri, dal giudizio, dalle immagini che gli altri hanno di te. Per te contano gli occhi del tuo Signore, conta un piccolo pezzo di Dio in te.
La libertà ha un segreto: il segreto è quel pezzo di Dio che è la nostra verità ultima. La verità vi farà liberi. Dio in noi guida le nostre mani alle tre opere, della fede, della speranza, della libertà. Allora saremo come Lui, perfetti come il Padre, fedeli all’intenzione di bene di Dio per il mondo.

Dice la Bibbia: in Abramo sono benedette tutte le genti. Di una benedizione che sul mondo distendono le tre opere di Abramo: l’opera della fede, l’opera della speranza, l’opera della libertà.
Un’antica benedizione discende da Abramo, attraversa millenni, arriva fino a noi, mi raggiunge, mi sfiora: In Abramo anch'io benedetto, nonostante tutte le mie ambiguità benedetto, in tutti i miei dubbi benedetto, nel mio amore incipiente benedetto, nella speranza bambina benedetto, nella libertà mai venduta benedetto. Benedetto da Dio, fonte di libere vite.

Invito alla preghiera

Signore, voglio essere tuo figlio.
Vorrei compiere solo l’opera della fede,
essere operatore di libertà e di speranza, come Abramo;
vorrei rimettere mano, come Mosé alla dura pietra del cuore;
come Gesù vorrei vivere amore e libertà.
Non per la mia piccola fede, ti prego,
ma per la fede di Abramo, di Mosé, di Gesù:
benedici questi tuoi figli.
E in Abramo, in cui hai benedetto tutte le genti,
benedici anche me:
anch’io benedetto, in tutte le mie ambiguità benedetto,
nelle mie povertà benedetto, in tutti i miei dubbi benedetto,
perfino nei giorni dei facili inganni benedetto da Te,
perché tu solo ci cambi il cuore
nella fede vigorosa,
nella libertà rischiosa,
nella speranza testarda
benedetto da Te,
che ami i tuoi figli senza condizioni,
che ci perdoni senza nessun rimpianto. Amen
(Ermes Ronchi)